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La Fede e la sua luce

Lectio Divina sulle letture per la Domenica XXX del Tempo Ordinario (Anno B) — 25 ottobre 2015

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture per la Domenica XXX del Tempo Ordinario (Anno B) — 25 ottobre 2015.

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Rito Romano
Ger 31,7-9; Sal 125; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52

Rito Ambrosiano
At 8,26-39; Sal 65; 1Tm 2,1-5; Mc 16,14b-20
Prima Domenica dopo Dedicazione del Duomo di Milano.

1) Cuore e occhi aperti alla luce.

Per rivelare che Gesù è la luce, il Vangelo di questa domenica ci parla del Messia che guarisce un cieco. Il Cristo illumina tutte le oscurità della vita e permette non solo al cieco guarito ma a tutti noi di vivere da “figli della luce”, di vedere la luce della Verità.

Quali sono state (e lo sono anche oggi) le condizioni perché questo miracolo accadesse? La preghiera (“Gesù, abbi pietà di me” – Mc 10, 47) e la fede (“Va, la tua fede ti ha salvato” – Mc 10, 52), tutte e due sono espressioni della libertà. La libertà del cieco che “sente” la presenza del Salvatore e intuisce che vale la pena di aderire alla Verità dell’amore di Cristo. che si ferma quando sente il grido del cieco Bartimeo. La libertà di Gesù che “libera” la sua commozione. Il grido di pietà urlato dal cieco ferma Gesù che passa per strada e compie il miracolo implorato.

Mettiamo davanti agli occhi del cuore la scena evangelica. Bartimeo, uomo povero e cieco, è raggomitolato al lato della strada, vergognoso di mendicare per vivere. E’ seduto, si è fermato come fa chi cede a causa delle ondate della vita. Ma nel villaggio dove questo mendicante chiedeva la carità, un bel giorno, improvvisamente, passa Gesù, che è la carità fatta carne. Questo cieco sente il rumore della gente che circonda il Messia, avverte una Presenza sanante e intuisce che può riprendere il cammino della vita nella luce. Allora Bartimeo si affretta (letteralmente fa un balzo) verso Gesù e Lo prega gridando: “Abbi pietà di me!”(l’invocazione “Signore pietà” –“Kyrie eleison” della Messa trova qui la sua origine). Alcuni lo sgridano e gli dicono di stare calmo, ma lui grida di più, prega ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. 

Non chiede qualcosa, chiede la pietà di Dio sulla sua vita. Anche noi affrettiamoci verso Cristo e, come il cieco, ciascuno di noi implori: “Abbi pietà di me, Figlio di Davide, e apri gli occhi della mia anima, perché io veda la Luce del mondo che sei tu, o Dio mio (cfr. Gv 8,12), e diventi anch’io figlio di quella luce divina (cfr. Gv 12,36). O clemente, manda il Consolatore anche su di me, affinché lui stesso mi insegni (cfr. Gv 14,26) ciò che riguarda te e ciò che è tuo, o Dio dell’universo. Dimora anche in me, come hai detto, perché io diventi a mia volta degno di dimorare in te (cfr. Gv 15,4).”(Simeone il Nuovo Teologo – Etica – nato nel 949 –morto nel1022).

Corriamo da Gesù e otterremo la vista del cuore e della mente. Avviciniamoci e dopo aver ottenuto da Cristo la vista, saremo anche irradiati dallo splendore della sua luce. Più ci avvicineremo al Messia, esponendoci più da vicino allo splendore della sua luce, più magnificamente e splendidamente si irradierà il suo fulgore, come rivela Dio stesso per mezzo del profeta: Avvicinatevi a me e io mi avvicinerò a voi, dice il Signore (Zac 1, 3); e dice ancora: Io sono un Dio vicino e non un Dio lontano (Ger 23, 23). 

Non è però che tutti andiamo a Lui nella stessa maniera, ma ciascuno va a Lui secondo le proprie capacità e possibilità (cfr. Mt 25, 15). 

L’importante è andare da Lui come ci è possibile. A Lui ciò basta per salvarci. Facciamo nostra la preghiera del Salmo: “Rialzaci, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi” (Sal 79,20). 

L’importante è essere lungo la strada dove passa Gesù Nazareno. E’ la via dell’amore che porta a Gerusalemme, dove si consumerà la Pasqua di passione e resurrezione, alla quale il Redentore va incontro per noi. E’ la strada del suo ritorno alla Casa del Padre, del suo esodo che è anche il nostro: l’unica via di riconciliazione che conduce al Cielo, “Terra” di giustizia e di amore, di pace e di luce. Dio è luce e creatore della luce. Noi esseri umani siamo figli della luce, fatti per vedere la luce, che non vediamo perché accecati dal nostro peccato e dalla nostra mancanza di fede. Se siamo realisti non ci resta che mendicare e allora, il Signore Gesù, che mendica la nostra fede e il nostro amore, ci guarisce e ci rende partecipi del Regno dei Cieli,  che  non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole” (Rm 14, 17-19).

2) Una domanda amorevole e una richiesta di compassione.

Bartimeo, come ciascuno di noi, ha bisogno di essere voluto bene e ha la fortuna di sentirsi fare da Gesù una domanda amorevole: Non “che vuoi fare?” gli chiede Gesù, ma : “Cosa vuoi che io ti faccia?”. E una domanda che nasce dal cuore di Cristo e manifesta la sua compassione. 

Se un giorno sentissimo queste stesse parole rivolte a noi, che cosa chiederemmo al Signore? Personalmente io rivolgerei a Cristo la stessa domanda di Bartimeo: “Signore, abbi pietà di me”, ma subito aggiungerei questa seconda preghiera: “Vieni, Signore Gesù” e continuerei  così: “Vieni, Signore, nella tua immensa bontà, abita in me per la fede e illumina la mia cecità. Rimani con me e difendi la mia fragilità. Se tu sei con me chi mi potrà ingannare? Se tu sei con me, che cosa non potrò in te che mi dai forza? Se tu sei per me, chi sarà contro di me? Tu sei venuto al mondo, Gesù, per abitare in me, con me e per me, per schierarti dalla mia parte, per essere il mio Salvatore. Grazie, Signore Gesù.” (San Bernardo di Chiaravalle).

Immedesimiamoci in Bartimeo e così potremo guardare gli occhi di Cristo che ci guarda con amore e compassione. Se chiediamo al Signore di accrescere la nostra fede, potremo guardare con gli occhi della fede ed essere ricolmi dalla compassione di Cristo.

Non dimentichiamo, però, che per vedere Dio occorrono cuore e occhi puri. Non si può pretendere di vedere Dio se si è impuri. Ma come è possibile purificarci? Invocando nel dolore il perdono e contemplando nella confidenza la bontà misericordiosa del Signore. La nostra purificazione, la nostra fiducia e la nostra giustizia stanno nella fede che ci fa contemplare l la grandezza del Signore buono1, compassionevole e accogliente. 

In effetti,  il brano del vangelo di oggi2, prima di narrare il miracolo, racconta di Gesù che accoglie il mendicante cieco. Come tutti, per prima cosa quest’uomo ha bisogno di essere accolto. Ma Cristo fa ancora di più lo sorprende ricolmandolo di amore che sana occhi e cuore. Investe quest’uomo di luce e con la luce delle fede. Bartimeo riconosce in Gesù Cristo il Dio fatto uomo. Con questo miracolo l’amore efficace di Dio invade la sua vita per sostenerlo istante per istante con la Sua Presenza. Anche noi, con la vista guarita dal Redentore stampiamo gli occhi su di Lui e chiediamogli la forza di appoggiarci solamente su Lui, in nulla poggiando su  noi stessi, “perché presso nel Signore è la sorgente della vita. Nella sua luce vediamo la luce” (cfr. Sal 36/35, 10).

In questa luce non dobbiamo smettere mendicare Cristo. Come il cieco, lasciamo quel pezzo di strada dove si è seduti per mendicare la vita e facciamoci, anche noi medicanti di Cristo e, quindi, discepoli della Vita. Con il miracolo di poter vedere Bartimeo è afferrato in una relazione nuova e sorprendente, che lo attrae e lo seduce. Ora il non-più-cieco segue Cristo, con il cuore e gli occhi rivolti a Lui, origine (alfa) e compimento (omeg
a) di tutto: famiglia, lavoro, amicizie. Ora egli sa a Chi mendicare; lo seguirà in un cammino di fede e di illuminazione che durerà per tutta la vita, per imparare ad andare “diritto davanti a sé”.

3) La strada.

La strada del cieco è la nostra strada, e Cristo ci passi sempre, fino alla fine: perché Lui è venuto per il cieco, per ciascuno di noi e, finché ci sarà un cieco, Lui sarà sulla strada. Lui è la Via e la fede permette al cieco guarito, come a ciascuno di noi, di camminarvi sopra.  La fede è un cammino di illuminazione: parte dall’umiltà di riconoscersi bisognosi di salvezza e giunge all’incontro personale con Cristo, che chiama a seguirlo sulla via dell’amore che coincide con la via delle Croce. 

La modalità per eccellenza di seguire il Redentore su questa via è la verginità consacrata. Con la consacrazione le vergini entrano con passo deciso sulla via dell’amore, perché con l’offerta totale, spirituale e fisica, di se stesse seguono Cristo sulla via della Croce, che è strada del sacrificio. Consacrano a Cristo anche  il loro corpo per essere anime pure a sua piena disposizione. Grazie al loro amore verginale e devoto adorano il Corpo di Cristo che sta sull’altare o nel tabernacolo, “avendo cura delle sue membra che sono i poveri” (San Gregorio Magno). Queste spose di Cristo non parlano dell’amore: amano, testimoniando che è possibile imitare Cristo che ha dato la vita con un amore profondo, sofferente, dolce, “tenero, cioè attento alla totalità del nostro essere” (San Giovanni Paolo II).

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NOTE

1  Cfr. Guglielmo di Saint-Thierry (circa 1085-1148), La Contemplazione di Dio, 1-2 ; SC 61.

2 “E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada” (Mc 10, 46-52).

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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