Castello, Norimberga / Pixabay CC0 - Gellinger, Public Domain

Perdonando Cristo apre la porta della vita

Lectio Divina sulle letture per la V Domenica di Quaresima – Anno C – 13 marzo 2016

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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre la seguente riflessione sulle letture della V Domenica di Quaresima – Anno C – 13 marzo 2016.
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Rito Romano
V Domenica di Quaresima – Anno C – 13 marzo 2016
Is 43, 16 – 21; Sal 125; Fil 3, 8 – 14; Gv 8, 1 – 11
Rito Ambrosiano
V Domenica di Quaresima
Es 14,21-30 – Ef 2,4-10 – Gv 11,1-45
Domenica di Lazzaro
1) Misericordia giusta.
Anche il vangelo di questa domenica ci presenta l’incontro tra la misericordia e la miseria (cfr Sant’Agostino).
La settimana scorsa questo incontro ci è stato ricordato attraverso la parabola del figlio prodigo, chiamata anche “del Padre misericordioso”.
Oggi  la lettura evangelica ci presenta  Gesù che salva una donna adultera dalla condanna a morte perdonandola (Gv 8,1-11). Ancora una volta la Liturgia ci propone il consolante fatto del Misericordia di Dio che incontra una miseria salvando una povera donna, che i suoi correligionari vogliono lapidare per rispettare la legge di Dio. Per essere più precisi alcuni scribi e farisei portano da Gesù un’adultera non per amore della giustizia, ma per tendergli in tranello. Infatti, “per avere di che accusarlo” (Gv 8,6) questi scribi e farisei portano dal Messia una donna sorpresa in adulterio, fingendo di affidargli il giudizio secondo la Legge di Mosè.
In realtà, è proprio Cristo che vogliono mettere sotto accusa, mostrando che il suo insegnamento sull’amore misericordioso di Dio è in contrasto con la Legge mosaica, che puniva il peccato di adulterio con la lapidazione. Gesù, “pieno di grazia e verità” (Gv 1,14), salva la peccatrice e smaschera gli ipocriti, dicendo: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro questa donna” (Gv  8,7).
A questo riguardo attiro l’attenzione sul fatto che sembra un dettaglio di poco conto, ma che mi pare importante. Mentre gli accusatori parlavano, Gesù non risponde subito a costoro, ma si china a scrivere con il dito per terra. Come per dire che le parole di questi scribi e farisei sono come polvere che il vento porta via, e mostrare che Lui è il legislatore divino: “Infatti, Dio scrisse la legge col suo dito sulle tavole di pietra” (cfr. Sant’Agostino, Comm. al Vang. di Giov., 33, 5). Gesù dunque è il Legislatore della legge della libertà dal peccato. Lui è la Giustizia che si realizza completamente nella Misericordia. Anche con l’adultera Gesù proclama la giustizia con forza, ma al tempo stesso cura le ferite spirituali di questa donna con la sua misericordia, che redime, sana, nobilita ed eleva.
Giustizia e misericordia sono due realtà differenti soltanto per noi uomini, che distinguiamo un atto di giustizia da un atto d’amore misericordioso (cfr. Benedetto XVI). Per Dio non è così: in Lui giustizia e misericordia non sono contrapposte. La misericordia è la giustizia che ricrea la persona, la quale non è più delimitata dal proprio peccato, ma dall’amore di Dio che teneramente perdona. Infatti, se è vero che la correzione, e anche la punizione come strumento correttivo, può essere provvidenziale (e in tal senso la Bibbia spesso parla di Dio che corregge l’uomo), lo è solo in quanto tale misura è suggerita dall’amore di misericordia.
“In realtà solo la giustizia di Dio ci può salvare e la giustizia di Dio si è rivelata nella Croce. La croce è il giudizio di Dio su tutti noi e su questo mondo. E se la Croce è l’atto supremo con cui la giustizia di Dio si rivela, la misericordia deve essere la giustizia degli uomini: “Dio ci giudica -dice papa Francesco- dando la vita per noi! Ecco l’atto supremo di giustizia che ha sconfitto una volta per tutte il principe di questo mondo. E questo atto supremo di giustizia è proprio anche l’atto supremo di misericordia” (Papa Francesco).
2) Cristo giudica l’adultera perdonandola.
All’affermazione di Gesù: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra” gli accusatori dell’adultera reagirono andandosene via e lasciando questa donna davanti a Cristo solo. Non c’è più l’agitazione di chi voleva condannare una persona e tendere un tranello a Colui che era venuto non per condannare, ma per salvare il mondo. In questo silenzio che è sceso nel piazzale del Tempio Gesù celebra il perdono come liberazione dalla condanna di morte: un perdono che genera vita nuova, orientata al bene.
Gesù perdonò questa “imputata” delinquente come perdona ogni nostra colpa, facendo rifiorire nel cuore la gratitudine e la gioia. Nel perdono, da una parte, conosciamo chi è il Signore, l’Amore che ci ama senza condizioni. Dall’altra, conosciamo chi siamo noi nel perdono: persone amate infinitamente da Dio, senza condizioni. Dio si rivela nel Redentore come amore che perdona ed accoglie senza mettere condizioni.
Che cosa rivela Dio nel Vangelo di oggi, ma anche in tutta la Scrittura? Che Lui è misericordia, perdono, che al centro del mondo non ha messo l’albero della morte, ma quello della vita: la Croce.
Il figlio prodigo è riaccolto in casa, l’adultera non è lapidata, ogni nostro peccato è perdonato, ma per tutto ciò il Cristo ha pagato perché è lui che ha preso su di sè le nostre colpe e le ha portate sul legno della Croce: “Egli portò i nostri peccati sul suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia” (1 Pt 2, 24). Dunque è Cristo la vera giustizia, Lui è la nostra giustizia, perché è lui che ci fa giusti davanti a Dio.
Perdonando, invece di aprire la porta della morte, Cristo apre la porta della vita, perché Lui stesso è la Porta. Il Signore della vita pronuncia sull’adultera il proprio giudizio e non solo le dice di non condannarla, ma le chiede anche di non peccare più.
Anche a ciascuno di noi peccatori perdonati il Redentore dice : “Va’ e d’ora un poi non peccare più”. Questo “comando d’amore” non è solamente un invito a non peccare più, ma è anche una richiesta di mettersi in cammino per le strade del mondo per essere testimoni della misericordia.
Il perdono non giustifica la persona lasciandola nel suo errore, ma indica un nuovo stile di vita che implica la rinuncia al peccato e alle sue conseguenze di morte per rimettersi in cammino con e per Cristo e portare agli altri il perdono e l’amore ricevuti.
Tutte le persone consacrate sono chiamate in modo particolare ad essere testimoni di questa misericordia del Signore, nella quale l’uomo trova la propria salvezza. Esse tengono viva l’esperienza del perdono di Dio, perché hanno la consapevolezza di essere persone salvate, di essere grandi quando si riconoscono piccole, di sentirsi rinnovate ed avvolte dalla santità di Dio quando riconoscono il proprio peccato. Per questo, anche per l’uomo di oggi, la vita consacrata rimane una scuola privilegiata della “compunzione del cuore”, del riconoscimento umile della propria miseria, ma, parimenti, rimane una scuola della fiducia nella misericordia di Dio, nel suo amore che mai abbandona. In realtà, più ci si avvicina a Dio, più si è vicini a Lui, più si è utili agli altri. Le persone consacrate sperimentano la grazia, la misericordia e il perdono di Dio non solo per sé, ma anche per i fratelli, essendo chiamate a portare nel cuore e nella preghiera le angosce e le attese degli uomini, specie di quelli che sono lontani da Dio” (Benedetto XVI).
In particolare, le vergini consacrate, che per vocazione vivono e lavorano nel mondo, sono chiamate allo specifico impegno di fedeltà nello “stare con il Signore”, Sposo che chiede tutto. Nella cerimonia di consacrazione il Vescovo chiede a ciascuna di loro:  “vuoi essere consacrata come sposa a Gesù Cristo?”. E la risposta e come quella che si deve dare nei matrimoni:  “Sì, lo voglio”. Esse mostrano che Cristo è stato capace di farle innamorare profondamente e sono chiamate a rendere ragione alla società il perché vale la pena di dedicarsi completamente a Cristo, mostrando in parrocchia e, soprattutto sul posto di lavoro, che la loro vita è attraente e lieta. Per vocazione e missione questo donne consacrate “sono chiamate a frequentare le ‘periferie’ e le ‘frontiere’ dell’esistenza, dove si consumano i drammi di un’umanità smarrita e ferita” (Papa Francesco).
In un mondo in cui domina l’egoismo, che produce rivalità, inimicizie, gelosie, conflitti d’interesse e guerre, cioè, in una parola sola, l’odio, proclamano con la vita la Legge dell’Amore, che si diffonde e si dona con la misericordia. Questo amore di misericordia, ricevuto da Cristo-Sposo, allarga il loro cuore ad amare gli altri con purezza e verità, a perdonare le offese come il loro Sposo, che portando i peccati del mondo in Croce perdona, a servire gli altrui bisogni. Si sono consacrate a Lui, fonte dell’Amore puro e fedele, un Amore così grande e bello da meritare tutto, anzi, più del nostro tutto, perché non basta una vita intera a ricambiare ciò che Cristo è e ciò che ha fatto per noi.

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Archbishop Francesco Follo

Monsignor Francesco Follo è osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi.

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