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Santa Teresa di Lisieux (http://www.archives-carmel-lisieux.fr/)

Dalla sofferenza alla maternità di una Santa

Nel libro “Viscere di tenerezza. Una santa maternità: Zelia Guérin Martin”, Andreana Bassanetti indica la mamma di S. Teresa di Lisieux come testimone dell’amore che vince la morte

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È da poco in libreria “Viscere di tenerezza. Una santa maternità: Zelia Guérin Martin” (edizioni OCD), il libro che analizza e racconta la maternità biologica e spirituale della madre di Santa Teresina del Bambin Gesù che domani, 18 ottobre, verrà canonizzata insieme al marito Luis da Papa Francesco. Autrice è Andreana Bassanetti, psicologa clinica, psicoterapeuta, specializzata in sessuologia e terapia di coppia, che da circa quarant’anni anni svolge la sua attività a Parma e in diverse parti d’Italia e da un ventennio ha curato presso Radio Maria una rubrica di psicologia spirituale dal titolo: “La vita interiore”. Oltre ad essere autrice di molti libri di successo, Bassanetti ha anche fondato Figli in Cielo, associazione che vuole offrire sostegno e accompagnamento alle famiglie visitate dal lutto, sia in Italia che all’Estero.  

“Quando è giunto l’invito a scrivere una breve riflessione sull’esperienza di Zelia Guerin Martin – scrive l’autrice nell’introduzione del libro – una mamma che ha perso ben quattro dei suoi nove figli, madre di Teresa di Lisieux, oggi elevata agli onori degli altari insieme al marito Luigi Martin, stavo organizzando un pellegrinaggio proprio a Lisieux, il mio primo pellegrinaggio a Lisieux, passando per Alençon, dove Zelia ha vissuto la sua breve vita”.

“Confesso che la coincidenza mi ha sorpreso. Pur appartenendo a quella serie di piccoli eventi quotidiani, di poca importanza, che frequentemente capitano nel corso della vita, non si può negare che tali episodi ci facciano percepire il soffio di un disegno misteriosissimo che avvolge i nostri passi. Anche questi semplici dettagli danno al nostro quotidiano un respiro più ampio e ci permettono di scoprire significati nuovi che dischiudono davanti a noi una finestra sull’infinito di Dio”.

“Queste pagine – spiega Bassanetti – nascono proprio dal desiderio di condividere, con chi legge, il tesoro immenso che Zelia mi ha trasmesso. La sua ricca e profonda umanità, la sua santa maternità. Quel vivere l’ordinario, comune ad ogni donna, ad ogni sposa, ad ogni mamma, in modo davvero esemplare e straordinario, incomparabile, santo”. Auspicio dell’autrice è dunque che “si possa apprendere dai suoi atteggiamenti, dai sentimenti e dalle parole che ci ha consegnato, il segreto del suo incessante dialogo con lo Sposo. L’apertura del cuore verso chi ci pone accanto. Conservare come lei l’incanto della fede, nonostante le molte tribolazioni. Non lasciar passare un solo giorno senza Mistero”. 

Come Maria, infatti, “anche Zelia ‘ha creduto’ nonostante le prove, la fatica, gli eventi che sembravano smentire ogni logica di un amore paterno”. Anche la sua maternità, “ad immagine e somiglianza della Madre, raggiunge il suo vertice, il suo massimo splendore proprio ai piedi della sua croce: la perdita di quattro dei suoi nove figli”.

In una lettera del 17 ottobre 1871 indirizzata alla cognata Celina Fournet, moglie del fratello Isidoro, sofferente per aver avuto un aborto spontaneo, Zelia scrive infatti: “Che il buon Dio vi accordi la rassegnazione alla sua santa volontà. Il vostro caro piccolo bambino è presso di Lui; vi vede, vi ama, e voi lo ritroverete un giorno. È una grande consolazione che io ho provato e che provo ancora. Quando ho chiuso gli occhi ai miei cari piccoli bambini e li ho seppelliti, ho provato un grande dolore, a cui mi sono tuttavia rassegnata. […] Molti mi dicevano: “Sarebbe stato meglio non averli mai avuti”. Non potevo sopportare questo linguaggio. Non trovavo affatto che le pene e le preoccupazioni potessero essere messi sulla bilancia con la felicità eterna dei miei figli. Inoltre, essi non erano perduti per sempre, la vita è corta e piena di miserie, li si troverà lassù”.

“Chi, come me – racconta Andreana – è passato attraverso la «grande tribolazione» della perdita di un figlio, conosce bene questo stato particolare, che affina l’orecchio del cuore e fa camminare sospesi fra Cielo e terra, alla ricerca del figlio, e permette di percepire anche l’impercettibile, di cogliere l’ineffabile brezza di Dio. Quando il 27 giugno 1991 è mancata prematuramente mia figlia Camilla, a soli 21 anni, ero disperata, senza radici, lontana dalla fede e da Dio, avvolta da un buio sordo, mortale. Nessuno riusciva a darmi conforto. Passavo i miei giorni e le mie notti alla ricerca disperata della sua presenza, immersa in un oceano di “perché?” che bussavano insistentemente alla porta del mio cuore. Cercavo di capire se la vita, la morte avessero un senso, se tutto quanto era successo avesse un senso, cercavo la verità. Cercavo quella verità che sempre, in un certo senso, avevo inseguito, anche attraverso gli studi e la professione, ma che ora si faceva più esigente, urlava prepotentemente dalla profondità delle mie viscere: dov’è Camilla? È ancora viva?”.

La “Verità” poi venne incontro alla donna: “Il Signore mi ‘fece visita – testimonia -. Cercando disperatamente Camilla con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze, incontrai Lui, il suo Mistero, il suo immenso e inesauribile Amore. All’inizio cominciai a notare una serie di circostanze, di coincidenze che mi stupivano sempre più: tanti piccoli segni che non capivo e non mi davano certezze, ma mi permettevano di aprire piccoli spiragli di speranza, piccolissimi soffi di vita che mi spingevano, giorno dopo giorno, ad andare avanti”.

“In una sera piena di nebbia – racconta ancora la psicologa – vagando smarrita per le vie della città, mi imbattei in una chiesa sulla cui porta c’era una scritta: «Venite con me, in disparte». In quell’istante ebbi l’impressione chiara di essere giunta ad un appuntamento importantissimo, come se Qualcuno mi stesse aspettando da tempo proprio lì e mi invitasse ad entrare. In seguito seppi che la chiesa era dedicata allo Spirito Santo. Proprio in quel luogo sacro, il Dio di ogni consolazione mi avvolse con la sua efficace Presenza, asciugò le mie lacrime, ammorbidì il mio cuore indurito dal dolore e mi diede occhi nuovi, una vita nuova, un nuovo modo di fare terapia”.

Seguì quindi l’incontro con tante famiglie che avevano vissuto la stessa dolorosa esperienza e che chiedevano ad Andreana “urgentemente ” una parola di conforto, “di essere affiancate durante il loro travaglio”. “Camminando con loro, via via, il Signore ha indicato anche la strada che avremmo percorso insieme, in disparte”.  È nata così “Figli in Cielo” – Scuola di fede e di preghiera, “una comunità di famiglie che presta il proprio servizio pastorale, il ministero di consolazione, nelle diocesi di quasi tutto il territorio nazionale e in molti paesi esteri, con incontri eucaristici, di evangelizzazione del lutto, di catechesi, di approfondimento pastorale, a livello parrocchiale, diocesano, regionale, nazionale, internazionale”.

“Stando cuore a cuore con tantissimi genitori – racconta l’autrice del libro – chi ancora immerso nella disperazione e nel buio, chi invece già incamminato sulla via della fede e della speranza, ho notato anche in loro, come è successo a me, attraverso il doloroso parto dei tanti ‘perché?’, il bisogno di andare oltre la morte e dare senso a tanto dolore, l’esigenza, cioè, di cercare la presenza del figlio nel mistero di Dio, di stabilire con lui un linguaggio nuovo, nello Spirito, trascendente, in forza del legame d’amore, indissolubile, che esisteva con lui e di vivere la vita in modo più consapevole, secondo un progetto altro”.

Veramente “forte come la morte è l’amore” (Ct 8,6), si legge nell’introduzione del volume. “È infatti l’amore – afferma Bassanetti – che supera e vince le barriere umane e unisce terra e Cielo, aldiquà e aldilà, che diventano un luogo unico, dove il rapporto con i nostri cari che ci hanno preceduto si tinge di struggente tenerezza, diventa più intenso, più vero, più armo
nioso. Diventa comunione d’amore, un rapporto mistico quotidiano con il Mistero che avvolge il figlio e che diventa ogni giorno più vicino, più familiare, progressivamente sempre più raggiungibile”.

“Il figlio salito in Cielo – soggiunge – il frutto del nostro amore, la carne della nostra carne, la parte più preziosa di noi é già presso Dio, vive già nell’eternità. Ha portato con sé tutto quello che ha ricevuto e ha condiviso con noi, le esperienze comuni, i sentimenti, gli affetti e le relazioni, le gioie e i dolori. Ogni momento vissuto insieme viene introdotto nello spazio eterno di Dio. I dialoghi interrotti, le parole non dette, i gesti non compiuti, i rimpianti, il tempo perduto, continuano, oltre la loro dipartita, e possono trovare compimento camminando insieme tra Cielo e terra. Si perfezionano, man mano che si perfeziona la comunione d’amore con Dio”.

 
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ZENIT Staff

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