La voce dell’Africa e del Medio Oriente è risuonata stamane in Sala Stampa vaticana, durante il consueto briefing per il quarto giorno di lavori del Sinodo. Al tavolo dei relatori erano presenti infatti mons. Charles Gabriel Palmer-Buckle, arcivescovo di Accra (Ghana), ed il patriarca siro-cattolico Ignace Youssif III Younan.
Con loro anche il cardinale di Ancona-Osimo, Edoardo Menichelli, coordinatore del Circulus Italicus B, uno dei Circoli Minori che da ieri svolge i propri lavori in un clima “di grande apertura”, come ha sottolineato il porporato. Le discussioni sono “tranquille e fraterne”, ha aggiunto nonostante “gli orari siano un po’ scolastici”, con un coffe break troppo breve rispetto alla mole “pesante” di lavoro.
Scherzi a parte priorità di tutti i Circoli, ha detto il cardinale, è riflettere, sulla base dell’Instrumentum Laboris, sulla “fenomenologia della famiglia nel contesto universale”. Quindi la “necessità di conoscere la vita delle persone, delle famiglie, e cosa la Chiesa può offrire a riguardo”. “Non ci sono personalismi”, ha aggiunto, ma il “desiderio di conoscere per offrire indicazioni nuove, per manifestare l’amore alla famiglia e la preoccupazione della Chiesa verso fenomeni che vorrebbero disgregarla e non nobilitarla”.
Tra questi anche la recente crisi migratoria e le persecuzioni dei cristiani in Medio Oriente, temi trasversali da includere tra le sfide odierne delle famiglie. Su questo punto si è soffermato soprattutto il patriarca Younan, riportando la sua esperienza di vescovo in terre lacerate, costretto da circa due anni ad assistere ad un’emorragia di fedeli che sta riducendo al minimo la presenza della Chiesa.
“Siamo davvero preoccupati ed allarmati per la situazione delle comunità cristiane in Medio Oriente e soprattutto per le prove catastrofiche a cui sono sottoposte le famiglie, divise perché fanno tutto il possibile per uscire dall’inferno in cui vivono in Siria ed in Iraq”, ha detto Sua Beatitudine, esprimendo in particolare il rammarico per il fatto “che non riusciamo a convincere le nuove generazioni a rimanere laddove il Cristianesimo ha avuto le sue origini”.
“Abbiamo centinaia di persone ostaggio dei terroristi islamici, è un fenomeno catastrofico di lunga durata”, ha aggiunto, rimarcando l’appello a non sminuire questi drammi come “problemi di ordinaria amministrazione”. “Sembra che questi paesi occidentali, America e Unione Europea, per una politica di opportunismo economico, stiano dimenticando queste minoranze dove è nata la fede e la cultura cristiana. Noi patriarchi e uomini di Chiesa siamo sconvolti da quel che accade alle nostre comunità in Iraq e Siria e cerchiamo di portare la voce di allarme alle potenze di questo mondo”.
Per ora tutto ciò sta emergendo durante il Sinodo. “Il discorso è venuto fuori nel Circolo”, ha detto Menichelli, come pure il problema della migrazione. “Ognuno dà una lettura diversa, ma tutti stiamo parlando dell’accoglienza che, come Chiesa, ci tocca, ma anche della inquietudine che provoca: perché avviene questo, perché adesso, perché c’è chi fugge per motivi dolorosi e chi per la povertà? Noi non abbiamo la soluzione ma possiamo suggerire, orientare…”.
Sono chiacchiere, quindi, quelle che accusano il Sinodo di avere un’impronta troppo “occidentale”. Secondo Younan, “sono sopratutto i media ad aver realizzato questo ‘quadretto’ del Sinodo. La prospettiva, per intenzione del Papa e della maggior parte dei componenti, è molto più universale”.
Anche perché – ha fatto eco mons. Palmer-Buckle – “se qualcosa preoccupa la Chiesa in Europa, preoccupa anche quella in Africa e viceversa”. Forse i problemi in Europa “fanno più chiasso”, ha detto Menichelli, ma nell’assise non si respira alcuna “occidentalizzazione”; anzi, “le prospettive sono pressoché simili: famiglie allargate, convivenze di prova e via dicendo”.
Certo, ognuno porta le sue specificità. Ad esempio in Africa, ha spiegato l’arcivescovo di Accra, il modello delle famiglie allargate, molto più diffuso di quello nucleare. “Noi – ha detto – testimoniamo la gioia delle famiglie estese, e non vogliamo distruggere i valori dai quali veniamo, ma prendere le best practices del sistema dei piccoli nuclei”.
Tantomeno – ha precisato il presule, stuzzicato da un cronista – noi africani “siamo qui per bloccare qualcuno, ma per proporre quello che sentiamo sulla famiglia e per il bene della Chiesa”. Il riferimento è ai soliti temi caldi – comunione ai divorziati risposati e aperture a omosessuali – verso cui pare che l’episcopato africano ‘faccia muro’. Ma non è così: “L’Africa – ha precisato il prelato – è qui per dire cosa sente su questioni che riguardano le sfide pastorali. Ci incontriamo, discutiamo l’Instrumentum laboris e se qualcuno pensa che l’Africa blocca qualcuno non ha capito che l’Africa sta solo proponendo”.
Allo stesso tempo i rappresentanti del Continente nero chiedono “rispetto e comprensione per il proprio punto di vista”. Ad esempio, ha riferito Palmer-Buckle, rispondendo ad una domanda sulla questione della criminalizzazione degli omosessuali, “quando il Papa tornando da Rio de Janiero ha detto ‘chi sono io per giudicare un gay che cerca Cristo?’ ci sono state ripercussioni nel nostro paese e purtroppo un governo qui in Europa ha cercato di dirci che se non accettiamo i matrimoni gay ci taglieranno gli aiuti finanziari”.
“Noi concordiamo con il Santo Padre che le persone diverse da noi sono figli di Dio e dobbiamo aprire loro le porte della Chiesa, ma abbiamo trovato molto triste che un Governo potesse prendere la sovranità di un altro Paese: è una grave violazione della sovranità nazionale”, ha denunciato il presule. Bisogna considerare inoltre che, in Africa, alcuni valori, tradizioni, atteggiamenti sono radicati “da millenni”, quindi non ci si possono attendere cambiamenti “dal giorno all’indomani”. “Siate pazienti con l’Africa, stiamo crescendo”, ha concluso l’arcivescovo ghanese.
Un cenno è andato anche al tema del ruolo delle donne nella Chiesa, in particolare la possibilità di una ordinazione diaconale. “Il tema è stato accennato – ha confermato Menichelli -. Naturalmente le prospettive sul lato teologico e sacramentale vanno approfondite, ma il problema c’è, non è scartato. Naturalmente si può tenere presente la questione di alcuni posti di responsabilità per le donne. Aperture evidenti ce ne sono”. In ogni caso, “la questione della nobiltà della donna è ben presente, accolta e desiderata”.
Tra le ‘chicche’ del briefing quella sulla “ermeneutica cospirativa”: concetto attribuito al Santo Padre durante il suo intervento del 6 ottobre. L’espressione aveva fatto il giro del web dopo esser stata diffusa dal direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, su Twitter e ripresa da diversi organi di stampa. Interpellato dai giornalisti a riguardo, padre Federico Lombardi, con il consueto aplomb ha detto: “Io non ho riferito questa espressione, è uscita da altra fonte. Non ho da smentirla. Evidentemente il concetto è: non dobbiamo pensare che ci siano complotti. Quindi, la visione che dobbiamo avere del Sinodo è quella di un processo di scambio, di comunicazione, che avviene nella serenità, nella sincerità e non è da considerare guidata da interessi particolari e da tentativi di manipolare o di condurre diversamente da quello che, invece, è il processo di ricerca comune, nello spirito che la comunità ecclesiale deve fare”.
Il portavoce vaticano ha poi informato che al briefing di domani saranno presenti il cardinale filippino Louis Antonio Tagle, e gli arcivescovi Joseph Kurtz, presidente della Conferenza Episcopale statunitense, e Carlos Osoro di Madrid.