Cosa accadde alla fine della Seconda Guerra Mondiale? Come mai un numero mai quantificato di criminali di guerra riuscì a sfuggire alla giustizia? Addirittura molti di loro sono stati reclutati dalle stesse nazioni alleate che li avevano combattuti e sconfitti. Ma perché mai un utilizzo così spregiudicato di personaggi che avevano commesso crimini orrendi? Paradossale poi che la Chiesa cattolica sia stata accusata di aver fornito un sistema di copertura e protezione dei criminali di guerra nazisti in fuga. Poco si è detto dell’immensa opera di carità che la Chiesa svolse durante e dopo la Guerra. Sembra quasi che per nascondere i tanti scheletri nell’armadio, una certa pubblicistica abbia spostato l’attenzione sulla Chiesa inventando una ‘leggenda nera’.
Per cercare di far luce su un periodo storico problematico, confuso e di cui pochi vogliono parlare, il prof. Pier Luigi Guiducci, docente di Storia della Chiesa presso il Centro diocesano di teologia per laici “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense, storico ed autore di eccellenti saggi, ha pubblicato il libro Oltre la leggenda nera. Il vaticano e la fuga dei criminali nazisti (Ugo Mursia Editore). Grazie a un lavoro decennale di ricerche approfondite, favorite anche dall’apertura di nuovi archivi tedeschi, croati, italiani, argentini e statunitensi, Guiducci è riuscito a far emergere la verità storica, illuminando la disinformazione e rivelando quanto veramente accaduto. In particolare, l’autore è riuscito a far luce su un disegno umanitario della Chiesa che, mentre erano in corso gli accertamenti di responsabilità per crimini di guerra, ha cercato di evitare il prolungarsi di fatti di sangue, ma soprattutto di tutelare le migliaia di persone innocenti colpite dal conflitto e dalle sue conseguenze.
L’introduzione del libro è affidata all’illustre padre Peter Gumpel, che scrive: “In un contesto ove tutti cercavano di non essere travolti da una realtà di morte, molti criminali le cui liste sono ancora parziali e talvolta imprecise, riuscirono a non essere identificati e a evitare la cattura ed il processo. In un’ora segnata da violente frantumazioni di nuclei familiari, da odi mai sopiti, da vendette che superarono gli stessi anni del primissimo dopoguerra, dalla fame, dal mercato nero, dall’assenza di lavoro, dalla mancanza di luoghi di riparo, dalla carente assistenza sanitaria, chi si era macchiato di terribili reati, riuscì nella massa a diventare uno sconosciuto, un volto anonimo, una persona senza storia, addirittura in alcuni casi un soggetto senza patria. Sarebbe quindi antistorico voler a tutti costi presentare una Chiesa asservita ai criminali. Ma sarebbe soprattutto ingiusto relegare nell’oblio l’alto numero di volontari cattolici, tra cui la madre dello stesso Guiducci, che guidati dai propri vescovi e fedeli alle direttive di Pio XII, seppero accogliere, sostenere e accompagnare gente crocifissa nel fisico e nell’anima”.
Per saperne di più ZENIT ha intervistato il prof. Guiducci.
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Che cosa accadde alla fine della Seconda Guerra mondiale? È vero che i nazisti organizzarono una rete per nascondere e far fuggire i criminali di guerra?
Il 1945 segnò il crollo del III° Reich. Dall’Est, l’esercito russo, dopo aver distrutto le resistenze tedesche, puntò su Berlino che conquistò e saccheggiò (i soldati USA arrivarono in seguito). In tale periodo, accanto alle vicende militari, si verificò un altissimo numero di violenze di ogni genere che colpì la popolazione civile presente nei territori già controllati dall’esercito hitleriano e dai suoi alleati. Sugli eccidi commessi si stese un velo di silenzio. Tacquero i vinti per non rendere noti gli stupri subìti e le tragedie che colpirono migliaia di persone. Tacquero i vincitori che divulgarono solo un costante messaggio di liberazione, di guerra patriottica, e che utilizzarono la cortina di ferro per non far trapelare cronache disumane. A questo punto, i drammi si estesero. I francesi eliminarono quanti furono ritenuti collaborazionisti con processi sommari. Stesso metodo fu usato in Jugoslavia. Sulle violenze alle popolazioni non furono estranei neanche i soldati USA. Gli orrori post-bellici proseguirono con massacri, eliminazione di avversari, trattamenti contrari alla convenzione di Ginevra sui prigionieri militari, omicidi commessi anche in Italia. È necessario accennare a questa realtà storica per comprendere due situazioni: la prima riguarda i milioni di profughi che si riversarono in territori ritenuti meno a rischio e la fuga dei criminali nazisti e loro alleati, che si concretizzò con molteplici piani diversificati. Non ci fu una rete di soccorso per i criminali. Ognuno di loro si appoggiò a proprie conoscenze, a ex-camerati, a gente senza scrupoli, utilizzando risorse economiche talora notevoli. I criminali si mossero con documenti falsi. Da soli o al massimo con la propria famiglia. Cambiando abiti. Confondendosi nel flusso di profughi in attesa di imbarco verso Paesi oltre Atlantico.
Libri e film hanno raccontato l’esistenza di una rete di assistenza ai criminali di guerra chiamata Odessa. Cosa c’è di vero?
Fu un romanziere, Frederick Forsyth, a inventare nel 1972 questo acronimo Organisation Der Ehemaligen SS-Angehörigen, (Organizzazione degli ex-membri delle SS). L’idea fu semplice: un’unica regia occulta e molteplici centri operativi segreti. Il libro del Forsyth ebbe un notevole successo perché aveva gli ingredienti giusti: mistero, suspense, delitti, azioni commesse nell’ombra, volti anonimi, soggetti con trascorsi terribili. Un regista, Ronald Neame, ne fece un film, mentre molti articolisti basarono il riscontro storico su un documento che si dimostrò in seguito falso. Trattava di una riunione “segretissima” a Strasburgo di alti gerarchi nazisti e industriali per organizzare fughe e per investire sul piano economico in Paesi terzi. I riscontri degli storici, tra i quali il sottoscritto, hanno dimostrato che in quel momento non erano possibili manovre mirate a salvare una situazione che era crollata.
Non c’è dubbio, però, che molti criminali di guerra si siano nascosti e salvati, ricevendo il sostegno addirittura dalle forze e dalle nazioni che li avevano combattuti e sconfitti. Come mai?
L’esercito nazista, nel corso della guerra, aveva potuto utilizzare un armamento bellico non indifferente. Gli scienziati del III Reich avevano sviluppato delle ricerche molto avanzate su molteplici ambiti militari. Tutto ciò interessava gli alleati, anche per un motivo: subito dopo il conflitto, cominciarono a verificarsi delle progressive fratture politiche tra est ed ovest, fino ad arrivare a quella che venne definita guerra fredda. Si era ormai creata una cortina di ferro. Per l’occidente, il problema si estese anche con riferimento ai Paesi satelliti dell’URSS. In tale contesto, l’utilizzo di ex-nazisti da parte USA e di altre nazioni, fu considerato uno strumento molto valido per contrastare Mosca. Gli ex-nazisti, infatti, erano fortemente anti-comunisti.
Nel suo libro lei parla di ricerche e rapporti recenti elaborati in Svizzera, Stati Uniti, Giappone, Argentina per cercare di fare chiarezza sui criminali di guerra, su chi li abbia aiutati, su come si sono nascosti e perché sono stati aiutati e coperti. Alcuni sono stati addirittura arruolati nei servizi di sicurezza statunitensi e tedeschi. Cosa può dirci in proposito?
Con il trascorrere del tempo, è stato possibile agli storici studiare gli archivi che progressivamente sono stati aperti ai ricercatori. Occorre comunque ricordare che alcuni archivi sono a tutt’oggi chiusi (es. Mosca) o parzialmente utilizzabili (ad es. Regno Unito, Germania, Israele, Argentina). Unitamente a ciò, alcuni processi promossi per questioni di risarcimenti e di restituzione di beni ebraici hanno avuto il merito di portare alla luce vicende
secretate. La Svizzera ha dovuto accettare degli accordi. Sono stati resi pubblici delle liste di correntisti bancari depositate in istituti di credito. Sono riemersi beni preziosi custoditi nei caveau. È stata ammessa una linea politica seguita negli anni della guerra che in più casi non può essere definita di neutralità. Centinaia di ebrei, infine, furono respinti alle frontiere e finirono la loro vita nei campi di sterminio siti in Polonia.
Gli Stati Uniti hanno ‘desecretato’ molti documenti ma non tutti. E anche in questo caso è stato a volte necessario l’intervento legislativo o comunque quello di un’autorità federale. Si è venuti a conoscenza del fatto che circa mille nazisti trovarono accoglienza in territorio USA. Lavorarono, con vitto, alloggio e stipendio, per l’esercito americano. Furono impiegati nei servizi di intelligence. Ingegneri ex-nazisti vennero insigniti di importanti onorificenze per l’apporto offerto, ad esempio, nell’area della missilistica. Gli archivi USA hanno fornito, inoltre, molti altri dati desecretati. Ad esempio, si è saputo che fu possibile organizzare il nuovo servizio segreto della Germania Ovest con personale ex-nazista. Sarebbe interessante raccontare, inoltre, quanti dispacci di intelligence anche dall’Italia contengono inesattezze, approssimazioni, opinioni personali comunicate come informative attendibili, report modificati nei contenuti nel tempo.
Il Giappone commise dei crimini gravissimi in materia di esperimenti con armi batteriologiche utilizzando cavie umane. Eppure, i responsabili di tali progetti non furono dichiarati criminali di guerra. Non vennero processati. Ciò, a motivo del fatto che i militari USA si fecero consegnare l’intera documentazione sulle armi batteriologiche offrendo in cambio una protezione dall’azione delle procure militari. L’Argentina ha dovuto riconoscere l’interazione con il Terzo Reich, anche con una commissione d’inchiesta istituita ad hoc, ma lo ha fatto in modo sbiadito. Molti documenti del tempo non sono stati divulgati. In alcuni archivi i ricercatori trovano ostacoli. In particolare, si cerca di non rendere noti quei dati che riguardano il periodo precedente il secondo conflitto mondiale e l’azione svolta dal presidente Juan Domingo Perón e da suoi collaboratori. A tutt’oggi rimangono inevasi molti interrogativi. Questi riferimenti possono essere ampliati ricordando anche l’azione svolta dalla stessa Spagna e da paesi del Medio Oriente, specie da quelli al cui interno era molto forte il movimento che si opponeva all’insediamento ebraico in Palestina e al protettorato inglese.
[La seconda parte dell’intervista sarà pubblicata domani, domenica 23 agosto]