Il 18 Agosto la Chiesa celebra la memoria liturgica di un grande santo cileno, padre Alberto Hurtado Cruchaga, canonizzato nel 2005 da Benedetto XVI. Hurtado nasce a Viña del Mar, in Cile, nel 1901; rimane orfano di padre all’età di quattro anni, con un fratello più piccolo di lui ed una madre che si vede costretta a vendere la casa per pagare i debiti. La famiglia, rimasta senza una abitazione, viene ospitata da vari parenti che alternativamente accettano di accoglierli in maniera poco amorevole, facendogli sentire degli estranei piuttosto che dei familiari.
Ma la vita di Alberto riceve una svolta quando ottiene quella che si rivelerà poi una grazia che sarà l’àncora di salvezza della propria vita, di quella della sua famiglia e di tanti poveri ed emarginati del Cile: una borsa di studio nel Collegio dei gesuiti di Santiago, che gli permetterà di laurearsi in legge. Dopo la laurea, egli è consapevole che la sua vocazione non è quella di esercitare la professione di avvocato, di magistrato o di giudice. In cuor suo cresce il desiderio di diventare sacerdote, per poter essere di sostegno agli emarginati e ai poveri della sua nazione. Entra quindi nel noviziato della Compagnia di Gesù a Córdoba, in Argentina, dove vive in pienezza la spiritualità gesuita, che considera la comunità come una vera famiglia.
Alberto prosegue i suoi studi in Argentina, Spagna e Belgio, dove viene ordinato sacerdote nel 1933, e due anni dopo si laurea anche in pedagogia. Ritorna in patria nel 1936, dove incontra una situazione economica molto difficile a seguito della grande crisi mondiale del 1929. Memore del dolore, dei rifiuti e della precarietà subiti personalmente, decide di impegnarsi personalmente per la costruzione di abitazioni dove poter accogliere bambini, diseredati, poveri, orfani e vedove. L’accoglienza degli ultimi ha come priorità la riscoperta del volto umano del focolare domestico e la ricchezza della vita comunitaria.
Questi “Hogar de Cristo” (come vengono chiamate queste abitazioni) non sono orfanotrofi o ospizi, ma un vero e propio focolare domestico dove riscoprire la dignità dell’essere umano, anche se versa in condizione di povertà, malattia, abbondono e solitudine. Padre Alberto ha ricevuto vari aiuti in questa sua opera di riqualificazione sociale e promozione umana, attraverso uomini e donne di buona volontà che, attratti dal suo esempio personale, volevano contribuire alla iniziativa di costruzione e mantenimento delle comunità abitative familiari. Per questa ragione il sacerdote si spende senza risparmiarsi attraverso la predicazione, le conferenze, il coinvolgimento dei sindacati e della realtà sociali a favore degli interessi degli ultimi.
I “Hogar de Cristo”, nati come esigenza abitativa e luogo di condivisione della vita familiare, diventano anche luoghi di formazione professionale, scuole e centri di pronto soccorso, oltre a proseguire la vocazione originaria di centri educativi per nuove generazioni e ambienti di cura per anziani. Padre Hurtado morì all’età di 51 anni a Santiago del Cile, a causa di una male incurabile.
Cosa insegna la vita di questo grande santo cileno? La società attuale è caratterizzata da egoismi ed individualismi radicati nelle relazioni familiari. Quante persone oggi perdono il lavoro e si vedono rifiutati da parenti e amici che manifestano una superciale solidaretà, che ben presto si trasforma in rifiuto ed abbandono. Le grandi diseguaglianze non appartengono esclusivamente alla società globale, ma sono riscontrabili anche nella vita delle singole famiglie di appartenenza. Si assiste sempre più frequentemente a situazioni di squilibrio economico tra fratelli, cugini e zii dello stesso nucleo familiare, a causa della indifferenza, della insensibilità e dei rancori nelle relazioni all’interno delle famiglie di origine.
L’esperienza negativa di accoglienza dei parenti della madre e del padre di Alberto, invece di creare una senso di sfiducia e di disperazione sul senso della vita, ha generato in lui una forza interiore che lo ha spinto, per grazia della fede, ad impegnarsi con coraggio affinchè i poveri e gli esclusi della società potessero trovare una luogo di accoglienza dove formare una nuova famiglia. L’emergenza migratoria dei barconi del Mediterraneo, i poveri della nostra città che hanno perso il lavoro e bussano alle nostre porte, i padri separati che vivono nella più totale povertà dopo il divorzio, il fenomeno dei giovani sfiduciati perchè non trovano una lavoro o sono impossibilitati a proseguire i loro studi, sono tutte categorie di persone che possono essere accolte dentro un focolare domestico per vivere quelle relazioni familiari che travalicano la gerarchia della parentela e l’appartenenza carnale.
La grande intuizione di padre Hurtado non è stata tanto quella di prodigarsi per la costruzione di edifici fatti di mattoni e arredati adeguatamente. La sua intuizione provvidenziale è stata di aiutare a riscoprire la ricchezza delle relazioni e della vita comunitaria, che egli ha appreso durante la sua formazione nella famiglia gesuita. Egli aveva compreso che la vera ricchezza dalla quale ripartire era la riscoperta della vita della comunità e della formazione umana e scolastica scaturita dal cuore, dal volto e e dalle braccia del focolare domestico. Questa ricetta genuina, priva di troppi tecnicismi politici, economici e finanzari, contiene i giusti ingredienti per far ripartire l’economia a cominciare dalla sviluppo dell’impreditoria locale, per rimettere la dignità dell’uomo al centro di ogni impegno e finalità.