Erano i primi anni del nuovo millennio quando la casa editrice Rubbettino pubblicava il testo dell’economista francese Pascal Salin intitolato Globalizzazione e barbarie (in francese Le libre échange) con la prefazione di Rudi Bogni (1).
Un utile esercizio, in queste settimane di post pubblicazione della enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” che, come noto, traccia un percorso su un modo diverso di pensare all’economia dei nostri giorni. Non tanto per mettere in fila torti e ragioni, ma per capire come il tempo storico consegna priorità diverse alla lettura della società.
Il cuore della pubblicazione di Salin è il capitolo quattro, dal titolo “gli argomenti protezionisti”, dove discute degli argomenti più diffusi in favore del protezionismo. Uno, quello ritenuto più utilizzato, fa riferimento all’industria nascente, secondo il quale un’attività può non sembrare redditizia in un dato momento, in un dato paese, tenuto conto dei prezzi di vendita sul mercato mondiale, con la conseguenza, come dice Salin, “di sostituire il giudizio dell’uomo politico e del burocrate a quello dell’imprenditore”.
Altro tema è quello delle attività “nazionali prioritarie” come ad esempio, il proteggere le attività per le quali l’innovazione tecnologica è importante a causa delle “ricadute tecnologiche” di cui possono usufruire altre attività. O, detto il altro modo, proteggere quelle che sono chiamate le attività essenziali o strategiche, con il limite, come afferma Salin che “non esiste un criterio oggettivo di ciò che è indispensabile o strategico (…) con il rischio di accettare di allungare indefinitamente la lista”.
Infine, ultimo dei tre temi salienti per identificare il protezionismo è il “dumping”, ovvero il sistema che consente di proteggersi da produttori stranieri che applicano prezzi molto bassi per impadronirsi di un mercato.
Più in generale però, passando al ruolo che hanno i processi politici, Salin scrive: “il protezionismo è l’espressione di un gioco politico tra interessi particolari che cercano di utilizzare il monopolio della coercizione di cui dispone lo Stato”.
Questo breve excursus su un interessante testo pubblicato prima della crisi finanziaria/economica che investe il pianeta da molti anni, offre altresì una misura per riflettere su quanto presente nel paragrafo 129 della enciclica “Laudato si’”: “Le autorità hanno il diritto e la responsabilità di adottare misure di chiaro e fermo appoggio ai piccoli produttori e alla diversificazione della produzione. Perché vi sia una libertà economica della quale tutti effettivamente beneficino, a volte può essere necessario porre limiti a coloro che detengono più grandi risorse e potere finanziario. La semplice proclamazione della libertà economica, quando però le condizioni reali impediscono che molti possono accedervi realmente, e quando si riduce l’accesso al lavoro, diventa un discorso contraddittorio che disonora la politica”.
Ma, si può dire quasi in maniera visionaria e quale punto di giunzione con l’enciclica papale, l’ultimo capoverso del libro di Salin parla di inquinamento, sicurezza alimentare, apertura dei mercati agricoli dei paesi più sviluppati ai grossi esportatori di prodotti agricoli come Brasile, Australia, Argentina, questioni che in quegli anni, erano fonte di forte divergenza tra le nazioni e che lo sono certamente ancora oggi.
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NOTE
[1] Salin è professore di economia all’Università di Paris-Dauphine ed è tra i maggiori economisti liberali contemporanei. Rudi Bogni, tra i suoi incarichi annovera quello di membro del CDA di Moody’s.