Unioni Civili: i conti tornano?

Il Ministero dell’Economia ha stimato i costi che il ddl Cirinnà comporterebbe per le casse dello Stato. Restano però i dubbi

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Dopo giorni d’attesa, il Ministero dell’Economia ha fatto i conti in tasca al ddl Cirinnà. Da Via XX Settembre è arrivata ieri sera la relazione con le proiezioni sui costi che comporterebbe l’approvazione delle unioni civili in una versione del testo comprensiva delle pensioni di reversibilità. Si tratta di oneri che vanno dai 3,7 milioni nel 2016 ai 22,7 milioni nel 2025 “tra minor gettito Irpef per le detrazioni fiscali, maggiori prestazioni per assegni al nucleo familiari, maggiori prestazioni pensionistiche di reversibilità”.

L’annuncio dei costi è stato anticipato, in versione ridotta, con un tweet del ministro Pier Carlo Padoan. Poco prima, in Senato, non essendo ancora arrivata la relazione tecnica, era stata sconvocata la seduta della Commissione Giustizia che, intorno alle ore 14, avrebbe dovuto discutere del testo sulle unioni civili.

Un’ulteriore frenata al ddl Cirinnà che è stata accolta con rammarico dal fronte che in Parlamento spinge per la sua approvazione. Il Movimento5Stelle, ad esempio, ha parlato di “teatro dell’assurdo” incolpando il Governo di predicare bene a favore dell’approvazione “entro l’estate” del ddl, ma di razzolare male “mettendosi di traverso”.

Gli stessi sostenitori del ddl Cirinnà si trovano ora, leggendo le cifre riportate dalla relazione di Padoan, ad esultare perché – a loro dire – le unioni civili ci costerebbero meno del previsto. Raggiante il sottosegretario alle Riforme e ai Rapporti con il Parlamento Ivan Scalfarotto, da giorni in sciopero della fame per chiedere che venga approvata una legge in materia; soddisfatta anche la relatrice Monica Cirinnà, la quale ieri annunciava che la relazione si trovava alla bollitura della Ragioneria dello Stato e che entro oggi dovrebbe arrivare in Commissione Bilancio del Senato.

A spegnere gli entusiasmi arrivano però le dichiarazioni di esponenti dei partiti della coalizione governativa tutt’altro che favorevoli al ddl Cirinnà. Maurizio Sacconi (Ap) sottolinea che nella relazione mancano ancora elementi per poter avere un’idea precisa dei costi. “Come sanno coloro che conoscono le regole di contabilità pubblica la copertura per la spesa previdenziale deve essere calcolata per almeno dieci anni in quanto deve stimare la piena espressione degli effetti a regime delle nuove norme”, afferma. Sacconi aggiunge quindi che leggerà la relazione tecnica “per capire la base di calcolo e la proiezione temporale rispetto ad un volume di spesa su reversibilità e familiari a carico che è di circa 50 miliardi”. La sua speranza è “che almeno la Ragioneria dello Stato conservi la usuale professionalità e indipendenza”.

Vuole vederci chiamo anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il quale commenta: “Se intervenissimo sulle pensioni di reversibilità il tema costerebbe circa 40 miliardi di euro e non credo che, vista l’attuale situazione dei conti pubblici, questa sia una priorità”. Sulla sua stessa lunghezza d’onda anche l’ex ministro Maurizio Lupi. “Le previsioni dell’impatto economico dimostrano che questa non è una priorità per il Paese – afferma -. Tre milioni e mezzo nel 2016 e sei milioni nel 2017 sono la documentazione delle dimensioni del problema rispetto all’esigenza di un aiuto concreto alle famiglie, soprattutto a quelle con figli”.

Di simile avviso è anche Fratelli d’Italia, che raccogliendo la proposta di ProVita Onlus e di altre associazioni di genitori e di famiglie, ha aderito a una raccolta firme “per chiedere a deputati e senatori di non approvare il ddl Cirinnà che istituirebbe di fatto il matrimonio gay in Italia”. E che potrebbe pesare sulle casse dello Stato più di quanto abbia quantificato il Ministero dell’Economia. Secondo i tecnici che hanno elaborato la relazione sarebbero 30 mila le coppie unite civilmente ad usufruire di pensione di reversibilità nel 2025. Una proiezione basata tuttavia su considerazioni “socio-culturali e demografiche”, che attengono più a sociologi e a demografi che non a economisti.

Come rileva inoltre Avvenire, “una pensione di reversibilità media costa oggi all’Inps intorno ai 7-8mila euro l’anno, e i 6 milioni di spesa stimati nel 2025 (sui 22,7 milioni complessivi) coprirebbero si e no un migliaio di fruitori. Evidentemente il dato è parametrato sull’ipotesi di un’età media giovane dei fruitori, ma sul lungo periodo potrebbe rivelarsi sottostimato”. Intanto al tam tam di dichiarazioni si unisce anche Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme Costituzionali, assicurando che la legge verrà approvata entro l’estate.

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Federico Cenci

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