Il termine “matto” è usato secondo un’accezione complessa e contraddittoria. Fa riferimento da un lato a chi ha perso in parte o completamente la ragione, a chi appare stravagante, strano, bizzarro, squilibrato. Dall’altro lato, ed in senso figurato, rappresenta un rafforzativo e definisce una maniera passionale di affrontare le cose.
Questo senso figurato si applica a molte delle attività e dei comportamenti umani. Alice di Lewis Carrol giunta nel Paese delle Meraviglie incontra il Gatto che l’accoglie con queste parole «Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta». «Come lo sai che sono matta?», dice Alice. «Per forza – risponde il Gatto – altrimenti non saresti venuta qui».
La passione per la fantasia ha portato Alice nel Paese delle Meraviglie e la passione per lo sport ci porta a faticare sui campetti di periferia, a correre per ore nei parchi cittadini, ad urlare nella curva di uno stadio, a girare in bicicletta sotto il sole cocente, a frequentare l’oratorio anche se il parroco non ci sta simpatico, a stare incollati alla TV… sportivi da divano.
Roberto Baggio descrive così la filosofia di vita che lo ha portato al successo nello sport: “L’atteggiamento di fondo della mia vita è stata la passione. Per realizzare i miei sogni ho agito sempre spinto solo dalla passione. La passione muove ogni cosa, è una forza davvero straordinaria”.
La passione per lo sport ci rende quindi “matti per lo sport”, appassionati, spinti, motivati, emozionati, ma anche stravaganti e squilibrati.
La ricerca dell’equilibrio nella gestione delle passioni è l’obiettivo di chi si occupa di salute mentale: equilibrio tra emozioni e ragione, tra mente e corpo, tra pensiero ed azione. Quando si rompe questo equilibrio, la persona esprime disagio perdendo motivazione, capacità di progettare e di eseguire anche i compiti più semplici della vita quotidiana. Ma la differenza tra la passione che spinge e quella che frena la vita a volte è molto labile.
Per questo il termine “matto” diventa dispregiativo per descrivere chi è frenato dal disagio, inaffidabile, imprevedibile, perfino pericoloso. “Matto” è chi ha un disturbo psichico, una difficoltà psicologica passeggera o un buio che condiziona la vita. Semplicemente “matto” è chi teme di non farcela a sostenere le sfide della vita e, per proteggersi, si isola o combatte in modo inappropriato.
Lo sport è per tutti, matti e sani, appassionati e freddini. Ma quando il disagio della mente si affaccia, anche il corpo ne soffre e la persona perde la propria unità psicofisica: perde la capacità di agire e muoversi, di intraprendere attività ludiche e non. E con la perdita delle capacità psicofisiche si perde anche il diritto ad usufruire dei benefici dello sport.
Lo sport per sua natura è generatore di emozioni e passioni: la gioia del successo, la soddisfazione per un gesto tecnico ben riuscito o per una tattica vincente, la frustrazione per una sconfitta, l’orgoglio del senso di appartenenza ai colori di una maglia, la rabbia per un’ingiustizia subita, la speranza per la partita che verrà.
A volte, purtroppo, le emozioni dello sport sconfinano negli eccessi della violenza ultrà, nella guerriglia urbana mascherata da passione sportiva, nello sgomento per la contaminazione di fenomeni criminali come i crack finanziari e gli illeciti amministrativi, o per i fenomeni antisportivi delle partite truccate per le scommesse o del doping.
Emozioni e valori sono da sempre strettamente legati. Il campione sportivo è come l’eroe delle civiltà antiche… magari con qualche tatuaggio di troppo al posto dell’armatura e con criniere di elmi acconciate da parrucchieri alla moda.
Ma comunque il campione sportivo rappresenta i valori dello sport. Lo spirito sportivo codificato dal Comitato Olimpico Internazionale prevede per atleti e tifosi i medesimi obiettivi: ricercare con passione la vittoria con metodi leciti, vincere e perdere con dignità, rispettando l’avversario, praticare lo sport in maniera disinteressata, trasformare ogni manifestazione sportiva in una festa.
Lo sport è la simulazione ludica del confronto con i propri limiti fisici e mentali e con i limiti imposti dall’ambiente, sotto forma di rispetto delle regole e di competizione con l’avversario. È prima agonismo e solo dopo antagonismo.
L’opportunità per tutti di poter emulare i gesti tecnici dei campioni aumenta il potenziale emotivo dello sport. La sua pratica si intreccia con l’interesse per le manifestazioni agonistiche e professionistiche, stimolando la nostra fantasia e non solo.
Recenti ricerche neurobiologiche hanno identificato in un sistema di neuroni della corteccia del lobo parietale inferiore, del giro pre-centrale, del solco temporale superiore e della corteccia pre-motoria dorsale, la funzione che riguarda l’azione e l’osservazione di movimenti fondamentali, legati e non a comportamenti emotivi. Questo significa che mentre guardiamo lo sport in TV si attivano gli stessi centri motori del cervello responsabili delle azioni condotte dai nostri beniamini, con una funzione che i neurobiologi chiamano “funzione-specchio”.
Parliamo di uno specchio un po’ deformato, considerata la differenza dei gesti tecnici domenicali di Cristiano Ronaldo rispetto ai miei del lunedì sera… La funzione specchio è insieme una funzione imitativa ed empatica, ci permette di ripetere il gesto sportivo nella nostra pratica, di farlo nostro anche emotivamente, di appropriarcene e di sentirci beneficamente gratificati. Per questo lo sport fa bene al corpo, alla mente ed allo spirito.
In questo spazio settimanale sottolineeremo dal prossimo lunedì i gesti, i comportamenti e le situazioni provenienti dalle cronache sportive nelle quali i valori dello sport hanno innescato passioni ed emozioni utili al mantenimento di quell’equilibrio emotivo che ci fa essere tutti “matti per lo sport” e sani per la vita.
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Santo Rullo già Presidente della Società Italiana di Psichiatria Sociale e già Segretario of Trustees della World Association for Social Psychiatry, attuale dirigente di Villa Letizia Servizi Clinici per il Disagio Psichico.