Se l’opulenza è oggi sinonimo di libertà e di benessere sociale da esportare, significa che qualcosa di tremendamente pericoloso si accinge a lievitare intorno a noi. Se poi nel reagire diventa anche difficile iniettare l’antiveleno della carità, della misericordia, della condivisione e della compassione cristiana, vuol dire che operiamo in una società che, solo a parole, predilige la vita rispetto alla morte. Non si tratta di diffondere scorrettezze comunicative, tanto meno di esagerare o di lanciare nuovi allarmismi. Bisogna invece rilevare che si scrive spesso per giustificare e relativizzare ogni azione privata o pubblica e addormentare le coscienze. Lo si fa in molti casi sapendolo di fare. Altre volte diventando, nella inconsapevolezza, “penna attiva” di strategie che rodono le radici del grande albero dell’Umanità. La sostanza non cambia. Il falso pensiero ha in tutti i due casi il terreno fertile per germogliare e prendere il sopravvento, affacciandosi ad ogni comunità come verità da seguire, tutelare, divulgare. In realtà si costruisce giorno dopo giorno una realtà insicura, debole, insoddisfatta, nervosa, che fa morire il cuore, pur nella bellezza di una esteriorità ampollosa. Possiamo forse oggi affermare che da questo nostro tempo mai esali l’odore nauseabondo di morte ad ogni livello? Una seria riflessione va fatta. La morte non viene in un modo solo. Vi è la morte visibile, invisibile, eclatante, silenziosa, dolce e amara, di fame o di sazietà. In mille fumosi convegni, persino autorevoli, ci si lamenta ad esempio delle morti per fame. Piaga sociale ed etica vergognosa! Non si vede però che le morti per sazietà sono infinitamente di più. Si muore più per cibo che per mancanza di esso. Ma questo non lo si promuoverà mai abbastanza! Sullo sfondo di questa triste realtà, grazie a Dio, si “impone” in questi giorni Papa Francesco con la sua enciclica per una ecologia integrale, monito permanente rivolto ad un mondo retto dal pensiero inaridito dell’uomo.
Le parole del Santo Padre vanno però contestualizzate e testimoniate da ognuno di noi, all’ombra del vangelo; unico strumento capace di far interpretare, nel giusto, i documenti che la Chiesa offre al mondo per la sua salvezza. Il falso pensiero che governa il mondo sa come trasferire nell’imbroglio totale anche il messaggio del Pontefice, come fa da sempre con la Parola del Signore. L’opulenza, compagna del “vizio raffinato”, satura spesso di alcool, droga, egoismo, è essa stessa uno strumento potente nelle mani di chi ha spento e soggiogato il pensiero di ogni uomo. In passato per tutto questo c’era la tortura fisica, laica e religiosa, tornata purtroppo di moda tra coloro che stanno “vendendo la morte” a nome di un Dio artefatto. Una divinità personale usata non solo dai nuovi barbari del terrore, ma anche da chiunque debba costruirsi una verità soggettiva, in grado di giustificare le proprie scorribande e i singoli fallimenti. Una società opulenta è la migliore alleata delle forze economico-politiche, visibili e non visibili, lecite e illecite, che tendono a fare dell’uomo il vero robot della storia umana recente. Scrive, con la chiarezza di sempre, il teologo mons. Costantino Di Bruno: “Sono queste le società e le civiltà da compiangere: quelle dell’opulenza. Sono società con il germe dell’autodistruzione. Quelle della povertà sono misere, afflitte, ma in loro vi è sempre un principio di vita che le rigenera e le rende madri di altra vita. Quando il povero è con Dio, Dio diviene la vita del povero. Il povero sta male quando diviene ricco di se stesso. Per questo Gesù chiede a tutti i poveri della terra di rimanere poveri, ma con Dio, non senza di Lui. Poveri in Lui e per Lui, non fuori di Lui. Poveri lontani dai vizi che sono il frutto della società del benessere”. Si deduce, da un pensiero illuminato di tale portata, che molti poveri oggi stanno male, perché noi abbiamo esportato loro tutti i nostri vizi, i nostri peccati, la nostra morte.
Si spiega anche perché le crisi economiche, invece di saldare un popolo ai grandi valori della sobrietà; del sacrificio, inteso come atto di tutela della propria dignità; della giusta ricostruzione personale e sociale, diventano l’inizio della fine della storia di un popolo. Così succede oggi, su altri fronti, per le grandi riforme che vanno ad incidere su un vissuto storico aperto al cambiamento, privo di una decisa convinzione. Si vuole insomma innovare senza variare la sostanza delle cose. La verità comunque è una sola: Il pensiero governa il mondo! Un intelletto falso e manipolatore, come appare oggi, finirà per compromettere in modo irreversibile il cammino dell’uomo. Sarà più difficile mantenere un progresso di equità e di effettivo benessere sociale, non privato dal suo profumo spirituale e sapienziale. Ecco perché oggi tutto è più difficile! Se il modello da seguire è quindi una società opulenta e monca di una vera imparzialità, chi può veramente risolvere il dramma economico della Grecia o quello di tanti altri popoli in difficoltà? Il governo ellenico, in ogni caso, non può far finta di non sapere che gli errori compiuti dalle classi politiche precedenti graveranno sulle proprie spalle e non su quelle di altri. I greci vanno aiutati e mantenuti in Europa, non illusi, coscienti che i sacrifici dureranno a lungo. E ancora! Quale riforma potrà essere veramente condivisa, da quella tormentata della scuola, a quella delle Istituzioni o del mondo del lavoro, se la politica prescinde dalla giustizia? E quest’ultima da uno stile di vita capace di accogliere la crisi come opportunità di crescita e non di strumentalizzazione di una parte sull’altra o peggio di disperazione irreversibile personale e sociale? Prevalga la saggezza. Non è poi possibile pretendere ogni cosa immaginata, come se fosse dovuta. Manca un pensiero di verità e di giustizia umana, non dico cristiana. Un vuoto che permette al falso pensiero di governare e di imporsi indisturbato nel mondo.
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