Dopo la solenne celebrazione di ieri Echmiadzin, che ha visto la più grande canonizzazione della storia della cristianità, hanno preso il via stamane le cerimonie civili per commemorare il genocidio armeno perpetrato, cento anni fa, dall’Impero ottomano. A Erevan, capitale armena, sono giunti migliaia di cittadini dal paese e dalle diverse parti del mondo dove la diaspora armena ha messo radici.
Molti si sono recati a visitare il memoriale di Tsitsernakaberd, eretto sulla spianata della collina di Dzidzernagapert (Forte delle rondini). Numerosi anche i capi di Stato venuti a celebrare il ricordo del “Grande Male” che sterminò un milione e mezzo di persone. Alcuni hanno preferito non andare per timore di rovinare il loro rapporto con la Turchia.
In prima fila il presidente Serzh Sargsian, accompagnato dalla moglie Rita, che, deponendo una corona di fiori presso la fiamma eterna, ha auspicato che “i recenti progressi nel riconoscimento del genocidio armeno aiutino a dileguare le tenebre di cento anni di negazionismo”. Tra le delegazioni straniere spiccano i nomi del presidente russo, Vladimir Putin e di quello francese, Francois Hollande, presenti già da ieri sera. Per l’Italia sono arrivati i presidenti delle commissioni Esteri di Senato, Pier Ferdinando Casini, e Camera, Fabrizio Cicchitto.
Intervenendo davanti a leader armeni e stranieri, Putin ha ribadito che “niente può giustificare massacri di massa”. “Oggi ci raccogliamo a fianco del popolo armeno”, ha detto, sottolineando che per “condividere il dolore del popolo armeno”, in Russia saranno oltre 2000 gli eventi di commemorazione del genocidio che si terranno in centinaia di città.
La Russia, ha inoltre ricordato Putin, “ha partecipato o si è fatta promotrice di numerose iniziative internazionali per la regolamentazione della moderna legislazione penale. Fra queste, anche la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio che lo identifica come un atto vietato dal diritto internazionale, la cui perpetrazione può comportare la responsabilità internazionale dello Stato e la responsabilità penale di chi compie atti di genocidio o vi è in qualche modo coinvolto”.
“La comunità internazionale – ha proseguito il presidente russo – ha il dovere di fare qualunque cosa per evitare che tali tragici eventi del passato tornino a ripetersi, per far sì che tutti i popoli possano vivere in pace e armonia, senza arrivare a conoscere gli orrori che scaturiscono dal fomentare faide religiose, nazionalismi aggressivi e xenofobia”.
Da parte sua il presidente Hollande ha affermato: “Non dimenticheremo mai la tragedia che il vostro popolo ha attraversato. In Turchia sono state già pronunciate delle parole parole importanti sul genocidio armeno ma altre sono ancora attese per far sì che la condivisione del dolore possa diventare una condivisione di un destino”. ‘Inchinandosi’ davanti alla memoria delle vittime, Hollande ha quindi auspicato un miglioramento dei rapporti tra Armenia e Turchia, “in modo che questi due popoli non siano vicini distanti”.
Dagli Stati Uniti è giunta poi, la notte scorsa, la dichiarazione di Barack Obama, il quale ha rammentato che “a partire dal 1915, il popolo armeno dell’Impero Ottomano è stato deportato, massacrato e costretto a marciare verso la morte, la loro cultura e l’eredità della loro antica madrepatria fu cancellata”. Il presidente degli Usa tuttavia non ha usato la parola “genocidio” nel suo messaggio ma l’espressione “atrocità di massa”.
Intanto nel mondo si stanno svolgendo numerose iniziative e celebrazioni per ricordare il “Metz Yeghern” e non dimenticare il male subito. A Teheran, in Iran, ad esempio, migliaia di armeni iraniani, tra cui famiglie, bambini e ragazzi delle scuole, hanno partecipato stamani a un corteo e una manifestazione davanti l’ambasciata turca per chiedere il riconoscimento del genocidio del 1915. La marcia era guidata dal capo della comunità armena apostolica, mons. Sebo Sarkissian.