Tragedia nel Mediterraneo: 27 sopravvissuti giunti ieri notte a Catania

Tra questi quattro minorenni. Secondo le loro testimonianze, a provocare la collisione sarebbe stato lo scafista, tunisino, ora fermato dalla polizia insieme ad un assistente siriano

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I numeri sono ancora poco chiari, ma si comincia a far luce su alcuni dettagli della grande tragedia avvenuta nella notte tra sabato e domenica scorsa nel Mediterraneo. Le prime ricostruzioni sono fornite dalla procura di Catania che spiega che il naufragio del barcone al largo delle coste libiche, costato la vita a circa 800 persone, è stato provocato o dallo spostamento degli stessi migranti sull’imbarcazione, eccessivamente affollata, oppure da un’errata manovra dello scafista che ha portato il barcone a collidere con il mercantile giunto in soccorso dei migranti. Il comandante avrebbe tentato di abbordare il mercantile, il King Jacobs, ma la manovra avrebbe portato il peschereccio a collidere con la nave più grande. In Procura risultano quindi iscritti nel registro delle notizie di reato soltanto il comandante del barcone e il componente dell’equipaggio.

Entrambi sono stati fermati, come ha reso noto nella notte il ministro dell’Interno Angelino Alfano, tramite Twitter. Il ministro ha riferito inoltre che sulla nave Gregoretti della Guardia Costiera, giunta ieri sera nel porto di Catania con a bordo i 27 superstiti del naufragio, la Polizia di Stato ha svolto interrogatori e confronti che hanno consentito alla Procura locale di individuare e disporre il fermo dei due scafisti. Costoro dovranno rispondere di reati quali omicidio colposo plurimo, naufragio e favoreggiamento della immigrazione clandestina. Ad accogliere a Catania i migranti sopravvissuti anche il ministro Graziano Delrio.

Dell’intera vicenda il dato più scioccante rimane tuttavia il numero dei morti nella catrastrofe: secondo i rappresentanti dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati e dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, si parla di 800 persone seppellite in mare. Tuttavia, non è stato ancora possibile accertare una cifra esatta dal momento che gli stessi superstiti non hanno saputo riferire i numeri esatti dei passeggeri sull’imbarcazione. Si dice che ci fossero dai 400 ai 950 migranti a bordo, ma per alcuni sopravvissuti sarebbero stati anche 850. 

La portavoce dell’Unhcr in Italia, Carlotta Sami, ha dichiarato: “Possiamo dire che 800 persone sono morte. Abbiamo confrontato le testimonianze, c’erano un po’ più di 800 persone a bordo, tra cui alcuni bambini di 10, 12 anni. C’erano siriani, circa 150 eritrei, somali. Erano partiti sabato alle 8 da Tripoli”. I sopravvissuti sono invece originari del Mali, dello Gambia, del Senegal, della Somalia, dell’Eritrea e del Bangladesh. Tra di loro figurano anche quattro minori. 

Un dato, quest’ultimo, confermato dall’associazione Save the Children che ha incontrato immediatamente i ragazzini – due somali e due bengalesi di circa 17 anni -, con i quali sta avendo in queste ore un colloquio approfondito per capirne i bisogni e conoscere meglio la loro situazione personale.

I minori avrebbero confermato le circa 800/850 persone a bordo, aggiungendo anche che nei due piani superiori del peschereccio viaggiavano anche 60 minorenni circa, attualmente segnati tra i dispersi. “I minori hanno riportato di non aver visto donne o bambini piccoli ma non è escluso che fossero stipati nel piano inferiore del peschereccio e che quindi si siano inabissati con esso”, ha commentato Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia.

E ha aggiunto che “il terrore che si può leggere negli occhi di questi ragazzi deve essere lo sguardo che ognuno di noi deve immaginare di incrociare ogni momento, di cui il mondo politico deve tenere conto in ogni sua decisione. E’ lo sguardo che i capi di stato che si incontreranno giovedì nel vertice europeo non possono più ignorare”.

Intanto l’organizzazione ha lanciato oggi una petizione on line per chiedere ai Capi di Stato dell’Unione Europea un’azione immediata e concreta, ovvero un’operazione di ricerca e soccorso nel Mediterraneocon risorse adeguate e personale specializzato. “Ogni idea di rafforzamento dell’attuale operazione Triton – sottolinea Neri -non sarà sufficiente fintanto che non comprenda un mandato specifico e delle reali e concrete capacità di ricerca e salvataggio in mare”. [S.C.]

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ZENIT Staff

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