H., dodicenne della Repubblica del Gambia, ha assistito lunedì all’affondamento nelle acque libiche del gommone su cui viaggiavano i genitori e la sorella. L.G., eritrea, ha invece partorito nella notte fra lunedì e martedì, sulla nave Orione della Marina Militare, il suo primo figlio, A.G, accompagnata dal marito.
Sono i primi accolti dalla casa di prima emergenza per i minorenni che la Comunità Papa Giovanni XXIII apre a Reggio Calabria, nel bel mezzo di una fase di emergenza, prima ancora dell’inaugurazione ufficiale.
«Siamo di fronte ad una situazione gravissima anche dal punto di vista sanitario, sta per scoppiare qualcosa di mai visto in Italia», avverte Giovanni Fortugno, responsabile della casa di accoglienza e animatore del Servizio Immigrazione della Comunità Papa Giovanni XXIII, fin dall’inizio in prima linea nell’affrontare l’emergenza sbarchi.
«Facciamo tutto il possibile per accogliere queste persone, ma l’Europa faccia la sua parte – commenta Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità. – L’Italia non può farcela da sola. Noi apriamo all’accoglienza le nostre strutture e i nostri alberghi, nonostante la minaccia di occupare gli alberghi destinati ai profughi lanciata qualche giorno fa da Matteo Salvini».
«Le regioni e i parlamentari che vorrebbero chiudere le porte alle accoglienze dovrebbero piuttosto rivolgersi all’Europa chiedendo di modificare gli accordi di Dublino – prosegue Ramonda –. I rifugiati devono poter presentare richiesta di asilo in tutti gli stati europei e non solo dove sbarcano: questa è l’unica soluzione di fronte ad ondate migratorie che non possono essere fermate. Chiediamo di creare un canale umanitario per impedire drammi come quello che sta vivendo questa ragazzina di 12 anni che abbiamo accolto».