Saranno a Roma, dal 13 al 15 aprile, il marito e la figlia di Asia Bibi, la cristiana del Pakistan madre di cinque figli arrestata nel 2009 con l’accusa di aver insultato il profeta Maometto e condannata nel 2010 alla pena capitale. Divenuta il simbolo dell’ingiustizia e dell’abuso della legge anti-blasfemia, la donna non ha mai smesso di proclamare la propria innocenza.

Il marito Ashiq Masih e la figlia Eisham Ashiq hanno deciso di intraprendere un tour in Europa per sensibilizzare governi e istituzioni e chiedere un vero intervento della comunità internazionale affinché la cristiana venga liberata. Ad accompagnarli l’avvocato Joseph Nadeem, educatore e responsabile della «Renaissance Education Foundation» di Lahore, che accoglie e garantisce l’istruzione ai figli di Asia.   

Sponsorizzato dall’organizzazione cattolica spagnola HazteOir («Fatti sentire»), il tour prevede la prima tappa a Roma, e poi a Madrid, Parigi, Berlino e, se possibile, anche Bruxelles.

Come riferito dal sito Vatican Insider, il marito e la figlia di Asia Bibi incontreranno personalmente Papa Francesco durante l’Udienza generale di mercoledì 15 aprile, in piazza San Pietro. Sembra che la stessa Asia abbia raccomandato ai suoi familiari: "Quando bacerete la mano del Papa, fatelo anche per me. Quello sarà il mio bacio. E chiedetegli una benedizione".

Nel pomeriggio del 14 aprile, poi, all’hotel Columbus di Roma, si terrà la proiezione in prima assoluta di un film-documentario dedicato alla storia di Asia Bibi, realizzato grazie al viaggio in Pakistan di Ignacio Arsuaga, direttore di HazteOir.

Sempre durante la sosta in Italia, poi, il sen. Mario Mauro e il sottosegretario di Stato alla Difesa, on. Domenico Rossi, assieme all’Associazione Pakistani Cristiani in Italia e all’associazione CitizenGO, hanno indetto una conferenza stampa che si terrà martedì 14 aprile, alle 13, presso la Sala Stampa di Palazzo Montecitorio. 

Oltre ad Ashiq Masih e Eisham Ashiq, interverranno tra gli altri: on. Domenico Rossi, Sottosegretario di Stato alla Difesa, Ignacio Arsuaga Rato, presidente di CitizenGO, Joseph Nadeem, avvocato di Asia Bibi, Sara Fumagalli, presidente onoraria Associazione Pakistani Cristiani in Italia e coordinatrice missioni Umanitaria Padana Onlus; on. Mario Marazziti, Per L’Italia-Centro Democratico, on. Paola Binetti, Unione di Centro, on. Marco Rondini, Lega Nord.

In cella da più di 2000 giorni, dal carcere di Multan Asia Bibi continua a proclamare la propria innocenza. La storia della donna cristiana è ormai tristemente nota. Nel giugno del 2009 Asia, che lavorava come bracciante, è stata ingiustamente accusata di blasfemia da alcune colleghe musulmane a seguito di un alterco. Nonostante la donna abbia sempre respinto le accuse, nel 2010 è stata condannata a morte per impiccagione. La sentenza è stata confermata in secondo grado dall’Alta Corte di Lahore lo scorso ottobre.

La vicenda di Asia mette in luce la facilità con cui si possa essere incriminati per blasfemia in Pakistan. Un reato che, come stabilito dai commi B e C dell’articolo 295 del Codice penale pachistano – più noti come legge anti-blasfemia - prevede la detenzione a vita per chi profana il Corano e la condanna a morte per chi insulta il profeta Maometto. Come nel caso di Asia, per essere arrestati per blasfemia è sufficiente un’accusa, il più delle volte infondata. Si ritiene infatti che circa il 95% delle accuse siano false. La norma non prevede l’onere della prova da parte dell’accusatore e sta quindi al presunto blasfemo provare la propria innocenza.

È inoltre altissimo il numero di omicidi extragiudiziali legati ad accuse di blasfemia. Molti presunti blasfemi sono stati uccisi prima ancora di essere stati arrestati, giustiziati in carcere o perfino assassinati dopo essere stati scagionati. Ricordiamo a tal proposito due uomini che sono stati uccisi a causa del loro grande impegno contro la legge sulla blasfemia e in difesa di Asia Bibi: il governatore del Punjab Salmaan Taseer e al Ministro per le Minoranze Shahbaz Bhatti.

È infine da notare come la cosiddetta legge nera sia usata in particolar modo per colpire le minoranze religiose. Recenti studi mostrano che sebbene gli appartenenti alle minoranze religiose costituiscano meno del 4% della popolazione pachistana, a loro è rivolto circa il 50% delle accuse di blasfemia.