“La vostra missione – ha sottolineato il Pontefice ai 1400 ospiti incontrati in Aula Paolo VI – non è solo quella di essere maestri, ma “soprattutto testimoni della sequela di Cristo nel vostro proprio carisma”. E per essere testimoni “bisogna riscoprire con gioia di essere discepoli di Gesù”, curando la formazione “a partire dall’amicizia forte con l’unico Maestro”.
“È importante la missione – ha aggiunto il Santo Padre – ma è altrettanto importante formare alla missione, formare alla passione dell’annuncio, formare a quella passione dell’andare ovunque, in ogni periferia, per dire a tutti l’amore di Gesù Cristo, specialmente ai lontani, raccontarlo ai piccoli e ai poveri, e lasciarsi anche evangelizzare da loro”. Tutto questo, però, “richiede basi solide, una struttura cristiana della personalità che oggi le stesse famiglie raramente sanno dare. E questo aumenta la vostra responsabilità”.
La prima qualità del formatore è dunque di “avere un cuore grande per i giovani, per formare in essi cuori grandi, capaci di accogliere tutti, cuori ricchi di misericordia, pieni di tenerezza”. Perché, ha chiarito, “voi non siete solo amici e compagni di vita consacrata di coloro che vi sono affidati, ma veri padri, vere madri, capaci di chiedere e di dare loro il massimo”.
A proposito di giovani di oggi, il Pontefice ha poi precisato che “non è vero siano mediocri e non generosi”; essi hanno bisogno di sperimentare che “c’è grande libertà in una vita obbediente, grande fecondità in un cuore vergine, grande ricchezza nel non possedere nulla”. E questo è possibile “soltanto per mezzo dell’amore, di padri e di madri”, nel senso che bisogna “essere amorosamente attenti al cammino di ognuno ed evangelicamente esigenti in ogni fase del cammino formativo, a cominciare dal discernimento vocazionale, perché l’eventuale crisi di quantità non determini una ben più grave crisi di qualità”.
“Questo è il pericolo – ha detto il Santo Padre – perché i giovani che non sono equilibrati inconsciamente, cercano strutture forti che li proteggano”. Il discernimento – ha soggiunto a braccio – è quindi anche “sapere dire ‘no’, ma non cacciare via: no, no. Io ti accompagno, vai, vai, vai … E anche, come si accompagna l’entrata, accompagnare l’uscita, perché lui o lei trovi la strada nella vita, con l’aiuto necessario là. Non con questa difesa qua, che è pane per oggi e fame per domani. Eh? La crisi di qualità…”.
Anche i giovani, dal canto loro, sono chiamati a guardare i tanti religiosi e religiose anziani che hanno dato tutta la loro vita alla consacrazione. E’ questa un’azione importante e positiva, “perché i giovani hanno il fiuto per scoprire l’autenticità”.
Rivolgendosi ancora ai formatori, il Papa li ha esortati “ad avere pazienza come Dio è paziente”, bisogna cioè “saper aspettare e accompagnare”: “In questa missione non vanno risparmiati né tempo né energie”, ha detto, senza “scoraggiarsi quando i risultati non corrispondono alle attese”. E’ vero “è doloroso”, ha ammesso il Pontefice, “vedere un giovane che dopo tre, quattro anni lascia, ma questo è ‘il martirio’ dei formatori, quando ci sono degli insuccessi o il loro lavoro non è apprezzato”.
Anche questo, però, fa parte della “bellezza” della vita consacrata, “uno dei tesori più preziosi della Chiesa”: “Alcuni – io l’ho scritto qui, ma si vede che anche il Papa viene censurato – che alcuni dicono che la vita consacrata è il cielo in terra: no. Casomai il purgatorio, eh? Ma andare avanti con gioia, andare avanti con gioia”.
Ha quindi concluso con l’usuale richiesta: “Vi chiedo per favore di pregare per me, perché Dio mi dia anche un po’ di quella virtù che Lui ha: la pazienza”.
Il testo completo del discorso è disponibile qui.