Coraggio fratelli, oggi è il giorno delle nozze con il Signore! Che cosa? Il Venerdì Santo, il giorno della Passione di Gesù, della sua Croce, del dolore e del pentimento? E tu parli di nozze? Sì, sì, hai capito bene, oggi è il giorno delle tue nozze con il Signore, perché oggi lo Sposo viene nel suo Giardino per cercare e trovare la sua sposa, tu ed io. Il racconto della Passione tratto dal Vangelo di Giovanni che ascolteremo questa sera termina con queste parole: “Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un “giardino” e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto“. Non si tratta di parole di poco conto, anzi. Forse sono le più importanti, di sicuro lo sono oggi per ciascuno di noi. A prima vista sembrano solo un’appendice dopo tanto strazio, una nota di cronaca per testimoniare che davvero Gesù è stato deposto in una tomba, la stessa dalla quale sarebbe risorto.
Tante volte abbiamo ascoltato con devozione e partecipazione la Passione di Gesù. Il ritmo incalzante degli eventi, le voci e le parole schiumanti gelosia, invidia, rancore, come le parole vigliacche di chi tradisce; il silenzio di Lui e le risa, l’ironia beffarda, il pianto, le grida, le spinte, il flagello, le spine, le cadute, il Legno e i chiodi, l’aceto. Ci siamo genuflessi all’estremo sospiro di Gesù, abbiamo seguito la traiettoria della lancia vergare il suo fianco E ci siamo visti, protagonisti negativi, nel fluire esagitato di quegli eventi malvagi, come nella nostra storia di tutti i giorni, disseminata degli stessi frammenti raccolti nelle ore di Passione di Gesù. Abbiamo adorato la Croce, e ci siamo visti inchiodati con Cristo su quel Legno. Ma poi, beh poi abbiamo sempre avuto fretta che diventasse domenica, che fosse presto resurrezione, non è vero? Tanto lo sappiamo come va a finire la storia, Gesù risorge dalla morte! E con questo pensiero siamo tornati a casa tante volte, scivolando, distratti, sull’ultimo atto della Passione.
Ma, “dopo questi fatti”, ne è accaduto uno fondamentale. Forse, è proprio il fatto di averlo sorvolato che ci ha impedito sino ad oggi di resuscitare davvero con Cristo. Risuscitare da quella morte che ti tiene prigioniero da una vita intendo. Da quel rancore sordo che ti trascini da trent’anni. Da quel giudizio che ti nasce ogni volta che tuo marito o tua moglie apre bocca. Da quel dolore per la morte di tuo figlio, che riga di una cupa tristezza anche gli eventi felici degli altri figli. Da quell’ingiustizia che hai patito e che vedi riflessa in ogni atteggiamento a te contrario, nel volto di chiunque non ti capisca o non ti ami come vorresti. Da quel peccato che sì, hai confessato, ma che in te, nel tuo ricordo, è rimasto ancora appiccicato nel fondo del tuo cuore, e del quale proprio non riesci a perdonarti. O a liberarti forse.
Ecco, tutto questo, e ogni dolore che ancora ti accompagna, è il nulla che non possiamo sopportare. Quello che oggi ti spegne la gioia, laggiù in fondo, dove nessuno può vedere, e che magari dissimuli abilmente, perché tanto, chi capirebbe? Quello che solo tu sai, e chissà, magari non riesci neanche a definire, quel senso di malinconia e paura che t’afferra anche al culmine di eventi di festa. Quel buco nero che hai dentro il cuore è il nulla, che ci inquieta, il silenzio vero che ci atterrisce, l’oscura notte che, soffocando lo sguardo, ci dilania. Proviamo un istante a chiudere gli occhi, e sprofondare nel silenzio di parole e sentimenti. E’ la morte! Quella che è dietro il sepolcro…
Tutto il resto della Passione di Gesù ci è familiare, lo catturiamo con i sensi, possiamo gestirlo tra pensieri, sentimenti, risposte; anche il male, in fondo, si muove e ci muove, la Via Crucis è pur sempre un cammino e ci sembra d’essere vivi nonostante tutto, ma alla XIV stazione siamo stanchi di tanto dolore, e, mentre vi giungiamo, abbiamo già in mano le chiavi della macchina per tornare a casa. Perché abbiamo davvero paura di ciò che potrebbe essere o non essere dopo la morte, dentro il sepolcro. Ebbene oggi è proprio qui che ci attende il Signore, il luogo che, da sempre, ha pensato per sposarci. Nel suo sepolcro, che, come il nostro di oggi, si trovava “in un giardino”.
Nella Scrittura, il “giardino” ricorda il Paradiso e il passo del Cantico dei Cantici in cui lo sposo incontra la sposa. E Giovanni sottolinea che in quel giardino vi era “un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto”. Anche la Croce era stata piantata nello stesso giardino, e sin lì ci siamo arrivati tutti. Ma quel sepolcro era intatto, vergine, preparato solo per il Signore. Come il tuo e il mio. Ciò significa che dentro a quel sepolcro c’è proprio quel dolore irrisolto e quel peccato che ancora non ti senti perdonato. E’ un sepolcro “nuovo” perché ogni giorno è nuovo quel nulla che continua a farci tanta paura; è un sepolcro “nuovo” perché “nessuno vi è mai stato deposto”. Sì, c’è una parte della nostra vita che è ancora un “sepolcro nuovo” dove Cristo non è mai disceso. Ci sono zone del nostro intimo che abbiamo tenuto chiuse sino ad oggi, e che per questo continuano a farci soffrire.
Ma sapete qual è la notizia di oggi? Che neanche la nostra ostinazione è stata una casualità! No, per essere amati sino alla fine dovevamo essere liberi sino in fondo. Sino a chiuderci nell’orgoglio più duro, come quello della roccia di un sepolcro. Ma oggi può essere finalmente diverso. Oggi è diverso! Oggi c’è Giuseppe di Arimatèa che, con coraggio, va a chiedere il corpo di Gesù a Pilato. Oggi c’è la Chiesa, l’amica dello Sposo che lo viene a prendere per condurlo a te, al tuo sepolcro nuovo, posto nel suo giardino. E’ scritto, infatti, nel Cantico dei Cantici che lo Sposo scende nel suo giardino a cercare la sposa. E sapete che cosa dice di lei? Dice: “Giardino chiuso sei, o sorella mia, o sposa, giardino chiuso, fonte sigillata”. Solo lo Sposo può entrarvi perché è sua proprietà esclusiva.
Capite? Quel dolore che, come una fonte in mezzo a un giardino, continua a sgorgare e ad avvelenare la tua vita, è preparata per il Signore Gesù! L’hai sigillata con il tuo orgoglio, senza sapere però che la stavi riservando per questo giorno, per questo Venerdì Santo del 2015! Tenetevi forte, perché ora arriva il meglio: proprio la parte di te che niente e nessuno è riuscito a salvare, è quella che viene a cercare lo Sposo nel suo giardino. Si è offerto alla Croce per questo! E’ morto per questo, per poter scendere finalmente laddove nessuno è mai sceso! E sai che succede? Non scandalizzarti ti prego… Succede che proprio dove sei più lontano da Dio, dove ti senti più lontano da Lui; proprio nell’angolo del tuo cuore dove con più violenza e pervicacia si è annidato il peccato che ti ha reso impuro e contaminato, lì è nascosta la verginità che ti salva!
Mamma mia, ma che dici? Sono confuso, stordito, non è quello che ho sempre pensato di me… Certo, è normale, perché non hai mai pensato che Gesù ti amasse davvero sino alla fine, e che proprio alla fine del tuo sepolcro venisse a scovarti per farti “sua sposa per sempre, nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza, nell’amore e nella fedeltà”; e che proprio lì “tu avresti conosciuto il Signore” (cfr. Osea 2,21-22). Il verbo tradotto con “ti farò mia sposa” nella Bibbia è usato unicamente per una figlia vergine. Come spiega la nota al versetto della Bibbia di Gerusalemme, “Dio abolisce così totalmente il passato adultero di Israele, che diventa una creatura nuova”. Non solo, ma nel testo “ciò che segue la preposizione “nella” designa la dote che il fidanzato offre alla promessa sposa”.
Il nostro “sepolcro nuovo” è dunque la “fonte sigillata” che oggi possiamo aprire allo Sposo che vuole entrare a prenderci in sposa. E’ sua la nostra dote di peccati! E’ sua la nostra dote di angoscia, paura, morte. E’ sua quella che abbiamo nasco
sto sino ad oggi, per vergogna, paura o incredulità. Come è nostra la dote che Gesù viene a portarci, deponendo nel fondo del nostro cuore il suo corpo che ha compiuto la volontà del Padre “nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza, nell’amore e nella fedeltà”. Lui viene a sposarci nell’angolo più oscuro del nostro intimo per farsi proprio lì una carne con noi, come accadde ad Adamo quando si è addormentato e Dio ha preso parte della sua carne dalla costola per creare Eva; e così farci risorgere con Lui, carne della sua carne, ossa delle sue ossa, carne e ossa vittoriose su ogni morte! Anche questo era il Giardino che pensava Giovanni descrivendo la sepoltura di Gesù, il Giardino della Creazione…
Quel sepolcro che abbiamo rimosso è dunque il grembo della nuova ed eterna Alleanza! Non a caso è posto nel giardino dove, in Adamo, abbiamo peccato e perduto l’Alleanza con Dio. Ma è anche il giardino dove, in Cristo Nuovo Adamo potremo risuscitare in una nuova Alleanza, nelle nozze eterne. Ecco perché vi si reca anche Nicodemo: solo lì avrebbe capito che cosa significa “rinascere dall’alto, da acqua e da Spirito Santo”. Quel sepolcro fratelli, è anche immagine del fonte battesimale. Se oggi non vi entriamo con Cristo continueremo a soffrire, vivendo come orfani e vedove, senza conoscere né il Padre né il Figlio che è il nostro Sposo. Entriamoci dunque, e apriamolo al Signore. Nicodemo, che è immagine della Chiesa, viene anche oggi portando “circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe”, perché si compia in noi la Parola meravigliosa dello Sposo che leggiamo nel Cantico dei Cantici: “Sono venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa, e raccolgo la mia mirra e il mio balsamo; mangio il mio favo e il mio miele, bevo il mio vino e il mio latte. Mangiate, amici, bevete; inebriatevi, o cari”.
Fratelli, quel sepolcro nel quale siamo stati deposti a causa dei nostri peccati, accogliendo lo Sposo diverrà come il suo sepolcro, un segno di speranza e gioia per tante persone. Meta di pellegrinaggi per il coniuge, per i figli, i nipoti, gli amici e i nemici, dove tutti potranno mangiare, bere e inebriarsi dell’amore di Dio che scende come una benedizione sulle nostre nozze con il suo Figlio. Il luogo del nostro dolore assunto e trasfigurato da Cristo, infatti, sarà l’annuncio del banchetto Pasquale preparato per ogni uomo. Nella nostra vita consegnata allo Sposo splenderà il suo amore capace di risuscitare dal peccato più grande e nascosto, dalla sofferenza più dura e incancrenita.
Perché la Pasqua che celebreremo tra tre giorni ha le sue radici nel sepolcro, grembo materno di ogni gioia autentica. La vita che oggi ci è data, quest’apnea priva d’aria e pace e felicità, questi tre giorni che ci hanno accompagnato sino ad oggi che sembravano non passare mai, sono già la Pasqua, indispensabile passaggio alla pienezza della vita. Santa solitudine, benedetta angoscia, beata sofferenza di quel tempo fecondo che ha preparato la risurrezione! Perché lì, in quel nulla che ci crolla addosso come una pietra, scopriremo il volto sconosciuto di Dio, quello sguardo che nessuno ha mai potuto vedere scolpito sul volto di quel suo Figlio crocifisso che si fa nostro Sposo: lo sguardo di Gesù rivolto al Padre nell’ultimo, decisivo abbandono, infatti, consegna ciascuno di noi uniti a Lui nelle nozze, al perdono che fa di ogni lontananza la prossimità più intima, come la luce della Pasqua che si fa strada nel duro spessore della roccia.