Non "funzionari" ma autentici "pastori"

Nelle loro omelie per la messa del Crisma, il cardinale Scola e altri vescovi del Nord Italia si soffermano sulla vera natura del servizio sacerdotale

Share this Entry

Un rilancio della vita presbiteriale, perché i sacerdoti tornino ad essere “pastori” e non funzionari della Chiesa, vincendo tutte le paure e gli scoraggiamenti.

È il filo rosso che unisce le omelie celebrate stamattina in occasione delle messe del Crisma del Giovedì Santo dai vescovi di alcune delle principali diocesi del Nord Italia, a partire da Milano, dove il cardinale Angelo Scola, ha lamentato la presenza di “sacerdoti sfiduciati”, figli dei “tempi difficili”, che l’Europa sta vivendo, “passando da un nichilismo borghese ad uno scenario buio, forse tempestoso”.

Tuttavia, ha aggiunto l’arcivescovo di Milano, per quanto riguarda il futuro, “non dobbiamo temere, perché la natura della nostra vocazione è limpida e la nostra missione, che il Vangelo ci ha descritto, è semmai ancor più urgente”.

A condizione di “donare la nostra vita a Gesù nei fratelli” e di non dimenticare che “con l’ordinazione noi l’abbiamo già donata. Questo libera da ogni angoscia, ansia o cattivo timore”.

Il clero milanese, dunque, deve vincere la “sfiducia” che può nascere dalla rinuncia di quei ruoli e di quegli uffici, troppo spesso identificati con “l’essenza stessa della missione sacerdotale” o dalla “ricerca, più o meno consapevole, di una ‘sistemazione’, in età ancora giovanile, in compiti o ambienti che pensiamo di meglio dominare perché ci paiono più consoni”.

Il valore della persona del sacerdote e del suo ministero, tuttavia, non è legato né alle sue “capacità”, né a “condizioni più o meno favorevoli”, ma all’“amore con cui il Crocifisso risorto ci sta attirando a Sé”.

Il cardinale Scola ha presieduto la messa in Duomo, concelebrando con l’arcivescovo emerito di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, tredici vescovi e mille sacerdoti della diocesi ambrosiana.

Da parte sua, l’arcivescovo di Padova, monsignor Antonio Mattiazzo, ha sottolineato come “non si è presbiteri da soli, ma in comunione con il presbiterio e con il vescovo”, attraverso “atteggiamenti di condivisione fraterna della vita e del ministero, delle gioie e delle fatiche della missione, la disponibilità ad assumere volentieri degli incarichi da svolgere”.

Se da un lato “essere e operare insieme offre un’importante testimonianza, è un grande aiuto”, la solitudine è un “rischio”, ha aggiunto monsignor Mattiazzo.

L’arcivescovo di Padova ha poi esortato i suoi sacerdoti a “custodire e amare l’Eucaristia”, affinché il loro ministero “sia un ministero non della lettera ma dello Spirito” ed essi non siano “funzionari” ma “autentici pastori, rappresentanti del Buon Pastore, disponibili a dare la vita per il gregge, ispirati dall’amore”.

Un discorso simile è stato fatto dall’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia: “Se fossimo dei funzionari, dei battitori liberi o dei padroncini, potremmo scegliere a piacimento quello che ci sembra più giusto e buono, secondo i nostri pensieri e le aspirazioni del nostro
cuore, della nostra intelligenza e volontà. Ma non è così”, ha detto il presule.

I sacerdoti sono infatti chiamati alla “umile accettazione di essere servi che agiscono in persona Christi, e perciò sotto di lui e alla sua maniera” e a confrontarsi continuamente “con il vescovo e gli altri presbiteri, per edificare la comunione sullo stesso fondamento” e “ad essere propter homines e quindi debitori verso tutti del Vangelo”.

Altra virtù presbiteriale sottolineata da monsignor Nosiglia è “l’obbedienza” che “si attua in concreto con un rapporto di amicizia, di
dialogo costante e di unità con il proprio vescovo e gli altri
presbiteri” e che “si avvale del dialogo e dell’ascolto ma
sopratutto di una relazione sincera e schietta, amicale e ricca di
affetto”.

L’obbedienza, ha poi concluso l’arcivescovo di Torino, “pone sempre al primo posto il bonus animarum”, un bene che “va perseguito non
partendo da noi stessi o dai nostri punti di vista ma da un sereno
confronto con il vescovo, i confratelli e gli stessi fedeli”.

Un invito a fare proprie “le parole del Concilio circa il sacerdozio dei fedeli”, è stato infine compiuto dal patriarca di Venezia, monsignor Francesco Moraglia, che, presiedendo messa nella basilica di San Marco, ha esortato i laici a “diventare soggetti attivi della pastorale della Chiesa; non più soli spettatori ma veri attori, non più solo destinatari, ma soggetti attivi dell’azione pastorale”.

Share this Entry

Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione