Marriage equality needs you è lo slogan della piattaforma per il sostegno del matrimonio civile tra persone dello stesso sesso in Irlanda. Lo slogan continua così, mentre si vede un cuore tagliato in quattro, “dividi l’amore”…
Il 22 maggio prossimo, in Irlanda, si terrà un referendum per cambiare la Costituzione in materia di matrimonio e di famiglia. Si voterà per far passare un emendamento alla Costituzione che introduca il matrimonio omosessuale (progetto di legge 2015 per il 34° emendamento della Costituzione per l’uguaglianza nel matrimonio). Si vorrebbe aggiungere un quarto comma all’art. 41 della Costituzione irlandese: “il matrimonio può essere contratto secondo la legge tra due persone senza distinzione di sesso”.
In Irlanda si sta anche discutendo un’altra proposta di legge: il Children and Family Relationships Bill, sulle relazioni tra bambini e famiglie che regola la genitorialità – padre e madre sono eliminati – anche nei casi di riproduzione assistita e di maternità surrogate.
La Conferenza Episcopale Irlandese, profondamente preoccupata per gli effetti sulle generazioni future, si è espressa ufficialmente il 10 marzo scorso, con una dichiarazione ufficiale dal titolo Il matrimonio è importante: rifletti prima di cambiarlo.
“La relazione tra un uomo e una donna è unica”, ricorda la Conferenza episcopale irlandese perché “madre e padre portano doni ed energie differenti e complementari nella vita di un bambino”. Per questo i Vescovi non possono “sostenere un emendamento che ridefinisce il matrimonio e mette l’unione tra due uomini e due donne sullo stesso piano della relazione tra marito e moglie aperta alla procreazione”.
Il 19 marzo scorso l’arcivescovo di Dublino, monsignor Diarmuid Martin, durante una conferenza dello Iona Institute, è intervenuto con estrema chiarezza su L’insegnamento della chiesa sul matrimonio oggi.
“Io parlo – ha esordito il prelato- come vescovo della chiesa cattolica sull’insegnamento della Chiesa sul matrimonio ma anche sul matrimonio, istituzione naturale, che promuove la stabilità sociale in ogni società”.
Sia Papa Giovanni Paolo II che Papa Francesco, ricorda l’Arcivescovo, hanno scelto la famiglia come tema del loro primo Sinodo: “Entrambi hanno visto chiaramente come il matrimonio cristiano e la famiglia siano vitali per la trasmissione della fede e, quali istituzioni umane, siano vitali per la stabilità della società. Entrambi hanno visto la necessità non solo di difendere gli insegnamenti della Chiesa, ma di favorire un’ampia comprensione del ruolo del matrimonio e della famiglia”.
“Dove matrimonio e famiglia non sono forti, la società è più debole – ha continuato il presule -. Quando la società si indebolisce – in periodi di conflitti o di repressione politica o in tempi di difficoltà economiche – è la famiglia a mantenere la stabilità e a ricostruire la società e i suoi valori”.
Infatti, “matrimonio e famiglia rimangono indipendenti dalle ideologie politiche e tengono vivi i valori di base, come si è visto in lunghi anni di persecuzioni nei paesi comunisti. I regimi politici e ideologici vanno e vengono. Matrimonio e famiglia sono elementi permanenti nel mantenere una società stabile”.
C’è qualcosa di “insostituibile nella relazione tra un uomo e una donna che si affidano l’uno all’altra nell’amore, relazione che rimane aperta alla trasmissione e all’educazione della vita umana”, ha affermato il prelato.
“Siamo tutti figli di un maschio e di una femmina e questo deve essere rilevante per comprendere la via nella quale i bambini dovrebbero essere allevati ed educati”, ha continuato Martin, secondo cui “un’etica dell’uguaglianza non richiede uniformità”.
In conclusione Martin ha affrontato la questione della libertà di coscienza che potrebbe venire limitata in caso di vittoria dei “sì” al referendum.
In seguito ad una domanda sul diritto all’obiezione di coscienza di fotografi, tipografi, pasticceri che non credono nel matrimonio omosessuale, il cardinale ha affermato che “la libertà di coscienza è probabilmente uno dei più importanti diritti umani fondamentali perché tocca la persona nel profondo della sua identità”.
Il prelato ha invitato a guardare “ai regimi totalitari e alle difficoltà che la gente aveva nell’esprimere la libertà di coscienza e al coraggio che molte persone hanno avuto nel farlo. Anche nei regimi più repressivi ci sono sempre state alcune persone coraggiose che non hanno avuto paura di alzare la loro voce… Sono loro che hanno cambiato e cambieranno la società”.
Secondo Martin la questione della libertà di coscienza è stata sottovalutata nel dibattito sul referendum, nonostante sia un problema molto serio.
Sono bastate queste parole sulla libertà di coscienza per infastidire i social media che si sono sbizzarriti in commenti, spesso inaccurati, sulle risposte date dall’Arcivescovo, che ha dovuto pubblicare una dichiarazione chiarificatrice.
“Io credo che il rispetto per la coscienza sia per i politici un modo di mostrare il loro rispetto per i cittadini. Credo che nell’ambito della libertà di coscienza, anche la libertà di religione sia uno dei diritti fondamentali da preservare”, ha puntualizzato monsignor Martin.