Forse non ritroveremo più nelle nostre chiese i problemi “primitivi” affrontati da alcune comunità ai tempi di san Paolo riguardo alla celebrazione della cena del Signore, problemi di sfarzo culinario e di discordia intorno alla mensa della comunione. Questo, però, non significa che non abbiamo il rischio di fraintendere l’Eucaristia e che non abbiamo il bisogno continuo di iniziarci sempre nuovamente al significato di questo grande mistero, il mistero dell’autodonazione di Cristo nel pane e nel vino.
Jean-Marie R. Tillard figlio spirituale del grande Yves M.-J. Congar, ci offre un’interessante lettura del senso dell’Eucaristia nel suo piccolo volume Eucaristia e fraternità edito da Qiqajon. L’importanza del contributo di Tillard viene dal fatto che è stato uno dei più grandi ecclesiologi dell’epoca post-conciliare e dal fatto che lo spessore della sua ecclesiologia di comunione sia radicato nella prospettiva della centralità dell’Eucaristia. La sua teologia è impregnata dalla visione del concilio Vaticano II al quale partecipò come esperto dei vescovi canadesi. Inoltre, ha svolto un ruolo importante nella redazione del celebre documento battesimo, eucaristia, ministero, uno dei testi più significativi del dialogo dottrinale tra le chiese, una vera e propria sintesi dell’essenziale della fede cristiana.
Il saggio in questione e fraternità approfondisce il legame stretto tra Eucaristia e vissuto ecclesiale sotto due punti di vista complementari: la costituzione della comunità e la missione del servizio.
La dimensione comunionale (Koinonia)
Le diverse tradizioni bibliche sull’ultima cena sono profondamente influenzate dalla figura veterotestamentaria del Servo (‘ebed) di Jhwh. Nell’istituire l’eucaristia, Gesù fa accedere i suoi a una comunità conviviale propriamente messianica, legata alla sua missione personale di Servo di Jhwh. Il significato dell’amore e del servizio fraterno sono particolarmente evidenti nel vangelo di Giovanni dove l’evangelista manifesta il senso dell’eucaristia attraverso la sua stretta connessione con il gesto di servizio e di umiltà della lavanda dei piedi.
Dato che il calice è spesso legato al “destino”, la partecipazione al calice di Gesù significa la comunione con il suo destino. Diventare suoi commensali in questa vita è un’anticipazione e un assenso alla partecipazione alla mensa del suo regno (cf. Lc 22,30).
La comunione al corpo del Signore punta alla costituzione del corpo ecclesiale di Gesù dove il pane donato «crea la fraternità dei commensali nel momento stesso in cui vivifica ciascuno di loro, e il corpo donato, che ricostituisce la koinonia degli uomini nell’atto stesso in cui dona a ciascuno di loro la vita nuova».
Attraverso il corpo spezzato e il sangue versato, Gesù trasforma il gruppo dei discepoli in una koinonia, in comunione. Questa comunione si compagina nell’agape di Gesù, ed è «fatta di servizio e nasce dal servizio».
La dimensione di servizio (diakonia)
La seconda dimensione importante dell’Eucaristia che Tillard mette in luce è la trasformazione del corpo ecclesiale a immagine del Signore che si è fatto servo. Ricevendo il corpo donato, la Chiesa a sua volta diventa un corpo donato, corpo offerto per le moltitudini. Sant’Agostino insegna che con i segni del pane e del vino, «Cristo Signore ha voluto affidarci il suo corpo e il suo sangue che ha sparso per noi per la remissione dei peccati. Se voi li avete ricevuti bene, voi stessi siete quel che avete ricevuto» (Sermo 227, 1).
Questa partecipazione del servizio di Cristo non si limita alla dimensione dell’azione di servizio, ma passa anche per la dimensione della passione compiendo nella propria carne quanto manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa (cf. Col 1,24).
Dal corpo di Cristo il cristiano prende la capacità di conformarsi al Signore: «Ogni giorni [i cristiani] bevono al calice del sangue di Cristo proprio per essere capaci essi stessi di versare il loro sangue per Cristo» (Cipriano di Cartagine, Lettera 58, 1, 2).
L’eucaristia è allora un «mistero di coinvolgimento difficile, che porta a un impegno radicale della comunità, che può arrivare fino a forme estreme di abnegazione al servizio degli uomini».
Tillard arriva a una conclusione “impegnativa” quando afferma che «il servizio fraterno all’interno della comunità è in certo qual modo la res del sacramento». D’altronde, l’identità della Chiesa si trova nell’irradiamento della signoria di Cristo che si manifesta appunto nel suo operato di ‘ebed Jhwh. Cerchiamo Dio su Marte, mentre lui è lì, ai nostri piedi a lavarli.