Pena di morte: ogni giorno il boia uccide sette persone

Dal rapporto di Amnesty International emerge un lieve calo delle esecuzioni (22%) ma un aumento dei verdetti di pena capitale (+28%). Alla Cina spetta il triste primato, Usa al quinto posto

Share this Entry

Ogni giorno, nel mondo, 7 persone perdono la vita a causa della pena di morte. Lo rivela un rapporto di Amnesty International, secondo il quale nel 2014 il boia ha agito almeno 607 volte. Il numero, rispetto all’anno precedente, registra un calo del 22%, anche se aumenta invece il numero di verdetti alla pena capitale (+28%).

La denuncia di Amnesty è contro quegli Stati che l’anno scorso “hanno fatto ricorso alla pena di morte nel futile tentativo di contrastare criminalità, terrorismo e instabilità interna”. Un esempio il tal senso è quello del Pakistan, che ha ripreso le esecuzioni dopo l’attacco dei talebani in una scuola di Peshawar e nel solo dicembre scorso ha ucciso sette persone mentre il Governo ha annunciato centinaia di esecuzioni per reati di “terrorismo”.

Il fatto che gli Stati usino la pena di morte per combattere il terrorismo è, secondo Salil Shetty, segretario generale di Amnesty, un dato “davvero vergognoso” basato sulla “falsa teoria della deterrenza”. Paesi come Egitto e Nigeria, ha spiegato il rappresentante dell’organizzazione umanitaria, hanno emesso condanne di massa nel contesto del conflitto e dell’instabilità politica che caratterizzano o hanno caratterizzato i due Paesi africani.

Il primato del boia spetta ancora alla Cina, che ha messo a morte più persone del resto del mondo complessivamente considerato. Impossibile individuare il numero preciso di esecuzioni nel Paese asiatico a causa del segreto di Stato, Amnesty stima comunque ne vengano eseguite ogni anno a migliaia.

Alle spalle della Cina, seguono Iran (289 esecuzioni rese note dalle autorità e almeno, ritiene Amnesty, 454 non riconosciute), Arabia Saudita (almeno 90 esecuzioni), Iraq (almeno 61) e Stati Uniti d’America (35). In Europa si sono registrate esecuzioni nella sola Bielorussia, dove nel 2014 almeno tre volte ha agito il boia dopo un periodo di pausa durato 24 mesi. Decapitazione, impiccagione, iniezione letale e fucilazione sono stati i metodi d’esecuzione impiegati nel 2014.

Il dato positivo, oltre al lieve calo delle esecuzioni in tutto il mondo, è che diversi Paesi – rileva Amnesty – hanno intrapreso passi avanti verso l’abolizione della pena capitale.

Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione