E’ una Gerusalemme invernale quella che fa da sfondo all’ultima opera di Amos Oz (1), attraversata dal vento, spesso narrata nelle sue periferiche vie, durante le notti di pioggia, nel transito tra il 1959 ed il 1960.
Le solitudini di Atalia Abrabanel, affascinante quarantacinquenne nonché misterioso detective privato e di Gershom Wald, anziano professore di storia, invalido e bisognoso di assistenza, vissute nella stessa abitazione, nell’ingombrante ricordo di Micah, marito di lei e figlio di lui, quest’ultimo trucidato anni prima in quanto volontario durante la guerra per la difesa dello Stato di Israele nascente.
In quella stessa abitazione che per anni ha ospitato anche Shaltiel Abrabanel, anaffettivo padre di lei, unico dirigente dell’Agenzia Ebraica ad essersi opposto alla creazione dello Stato di Israele in quanto, al suo pensiero, non avrebbe facilitato l’integrazione tra musulmani ed ebrei e per questo, poi, dimenticato, abbandonato da tutti, chiuso in se stesso ed a distanza di anni ancora apostrofato come un traditore.
In quella stessa abitazione che solo per pochi mesi ha visto viverci Micah, brillante professore di matematica, senza un rene, ma che sente istintivamente l’attrazione di combattere per la propria terra e improvvisamente e sorprendentemente abbandona l’anziano padre e la giovane moglie per essere reclutato.
In queste vite ed in questa casa piena di silenzi e di ricordi entra Shemuel Asch, nell’età di mezzo tra la fine dell’adolescenza e l’inizio della maturità, una specie di irrequieto pachiderma peraltro asmatico, appassionato e deluso militante politico socialista, al quale i rovesci finanziari della famiglia, l’abbandono da parte della fidanzata ed uno stallo nel proseguire gli studi, impongono di accettare per alcune ore pomeridiane, la compagnia all’anziano Wald e di sistemarsi nella mansarda della loro casa.
Le conoscenze storiche e religiose di Shemuel gli consentono di conquistare piano piano, il rispetto e forse l’affetto dei due padroni di casa e di confrontarsi con l’anziano invalido sull’argomento della sua tesi di dottorato, ovvero Gesù in una prospettiva ebraica.
Il monotono susseguirsi delle giornate di Shemuel fa da sfondo alle elaborazioni storico-religiose per l’approfondimento della tesi sulla figura di Giuda Iscariota ed alla ricerca nelle biblioteche dei giornali dell’epoca della nascita dello Stato di Israele e delle posizioni assunte da Shaltiel Abrabanel. Tutto questo scavando anche nei ricordi di Atalia, durante le loro passeggiate serali, e nei dialoghi con l’anziano Wald, nei pomeriggi trascorsi insieme.
In questa sorta di nuova collocazione familiare, comunque Shemuel mantiene qualche contatto con la sua famiglia di origine, attraverso due sentite (ma anche intrise di delusione) lettere dei genitori e della sorella (la quale si mantiene agli studi in Italia lavorando in una farmacia anche di notte), nelle quali si esprime il rammarico per aver abbandonato gli studi, una sorta di tradimento rispetto alle potenzialità personali ed alle aspirazioni dei familiari.
In una delle loro ultime conversazioni, così l’anziano Wald gli offre uno spunto per proseguire i suoi studi: “Secondo Yosef Klausner, il Nazareno non era affatto cristiano bensì ebreo in tutto e per tutto. Nato ebreo e morto ebreo, non gli sarebbe mai venuto in mente di fondare una nuova religione. E’ Paulo, cioè Shaul di Tarso, il padre della religione cristiana. (…) Potresti metterci anche la storia di Giuda Iscariota, sul quale, così come per Gesù, si è riversata una abbondanza di lordura. Benché senza di lui non ci sarebbero stati né la Chiesa e né il Cristianesimo”.
Alla fine dell’inverno Shemuel lascerà la casa, come avevano fatto già altri ragazzi prima di lui, dopo che per qualche settimana aveva dormito, invece che nella mansarda, nella stanza di Shaltiel Abrabanel, quella stanza dove “si sentiva avvolto da una amabile serenità, come se fosse finalmente tornato a casa, non a casa dei suoi genitori (…), ma alla casa che aveva sempre desiderato, la casa dove non aveva mai messo piede, la sua vera casa. La casa alla quale si dirigeva da sempre”.
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NOTE
[1] L’autore è nato a Gerusalemme nel 1939. Attualmente insegna all’Università Ben Gurion del Negev. Si ricordano, tra le sue opere, Una storia di amore e di tenebra del 2003 dedicata al suo prozio, lo storico israeliano di origine lituana, Yosef Klausner, Non dire notte del 2007 e Gli ebrei e le parole pubblicato nel 2013 e scritto con la figlia Fania Oz-Salzberger, presentato da quest’ultima all’edizione del 2014 del Festival della Letteratura e della Cultura ebraica di Roma. Giuda è edito da Feltrinelli e tradotto da Elena Loewenthal.