Nuovi episodi di violenza contro strutture e comunità hanno sconvolto i cristiani in India, ancora traumatizzati dai pogrom del 2008 che hanno causato la morte un centinaio di persone oltre a danni permanenti. A Goa, in India occidentale, si è verificato infatti un caso di vandalismo in chiesa, dove uomini non identificati hanno colpito e danneggiato una statua della Madonna di Lourdes in una parrocchia di un villaggio.
Lo riferisce l’agenzia Fides, informando che pure in un altro Stato indiano, il Kerala, a sud, un cimitero cristiano nel distretto di Pathanamthitta è stato vandalizzato, con tombe e lapidi distrutte per due giorni consecutivi. Anche il muro del cimitero è stato deturpato da graffiti.A Mangalore, invece, nello Stato centrale del Karnataka, una sala di preghiera cattolica alla periferia di città è stata oggetto di lancio di sassi che hanno rotto le finestre. Secondo i cristiani locali “alcuni elementi anti-sociali stanno cercando di creare insicurezza e panico nella società”.
Un forum di Ong cristiane ricorda che “gli attacchi e i frequenti atti di vandalismo contro obiettivi cristiani in diverse parti del paese destano preoccupazione: le autorità civili hanno il compito di fermare i violenti, garantire pace e armonia nella società, tutelare lo stato di diritto e la libertà religiosa”.
Intanto crescono le preoccupazioni della comunità cristiana nello Stato indiano dell’Orissa dopo l’annuncio dell’intenzione dell’organizzazione fondamentalista indù Vishwa Hindu Parishad (Vhp) di celebrare il suo giubileo di fondazione nel distretto di Kandhamal, teatro dei pogrom anti-cristiani del 2007-2008. Ai festeggiamenti, il 28 febbraio, è atteso il discusso leader del movimento Praveen Tagodia.
“C’è paura e insicurezza non solo a Kadhamal, ma anche nei distretti vicini”, ha dichiarato all’agenzia Ucan padre Ajay Singh, attivista per i diritti umani nell’Orissa e vincitore nel 2003 Minority Rights Day Award conferito dalla Commissione nazionale per le minoranze. Il timore è infatti il ripetersi delle terribili violenze anti-cristiane di sette anni fa, scatenate accusa infondata di aver ucciso il leader estremista, appartenente al Vhp, Laxmanananda Saraswati.
Violenze che secondo la Chiesa e le organizzazioni per i diritti umani causarono 91 vittime (38 morte sul colpo, 41 per le ferite subite nelle violenze, 12 in azioni di polizia), numerosi feriti con danni permanenti e la distruzione di quasi 300 chiese e di conventi, scuole, ostelli e istituti di assistenza, costringendo alla fuga 55mila persone. A sette di queste vittime è dedicata una targa commemorativa benedetta in questi giorni da mons. John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar.
Ad alimentare le tensioni religiose nel Paese, dove continua la mai sopita polemica sull’annosa questione delle conversioni forzate, anche le affermazioni del leader di un’altra organizzazione integralista indù, l’RSS, su Santa Teresa di Calcutta, una figura molto rispettata in India. Durante una cerimonia a Bharatpur, nel Rajastan, l’esponente politico avrebbe affermato che l’opera a favore dei poveri della fondatrice delle Missionarie della Carità era comunque finalizzata a convertirli al cristianesimo. Frase che ha suscitato scalpore nella comunità cristiana e critiche di diversi esponenti politici, anche se l’interessato ha replicato che le sue parole sono state fraintese.