Papa Francesco non è comunista, né peronista ma persegue la cosiddetta “Teologia del Popolo”, la cui influenza è evidente in particolar modo nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium. Lo afferma in un’intervista esclusiva con ZENIT, padre Juan Carlos Scannone SJ, professore emerito alle Facoltà di Filosofia e di Teologia di San Miguel, in Argentina, e scrittore della Civiltà Cattolica, che ha avuto tra i suoi allievi Jorge Mario Bergoglio, l’attuale pontefice.
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Quali sono le principali caratteristiche della cosiddetta “Teologia del Popolo”?
La “Teologia del Popolo” considera il popolo come una nazione: quindi con una storia comune, uno stile di vita, una cultura, un progetto condiviso di bene comune, sebbene possano esserci diverse interpretazioni, soprattutto di tipo politico. Pensiamo a un popolo che vuole essere una nazione: in America Latina si dà particolare importanza alla questione dei poveri, perché i poveri sono coloro che hanno mantenuto questo stile di vita comune e i suoi legittimi interessi: la giustizia, la pace, lo sviluppo per tutti… in una parola, il bene comune.
Ritiene che questa teologia abbia segnato in qualche modo il pensiero di papa Francesco?
Sì, penso che lo abbia influenzato. Non è l’unica fonte ma è senz’altro una delle più importanti radici teologiche, in grado di spiegare il suo pensiero e la sua azione.
È vero che la “Teologia del Popolo” non usa le categorie dell’analisi marxista?
La “Teologia del Popolo” non ha mai voluto utilizzare l’analisi marxista per comprendere la situazione dei poveri in America Latina. Piuttosto, ha cercato, nella storia e nella cultura latino-americana, categorie di interpretazione che non fossero proprie né di una sociologia liberale, né di una sociologia marxista.
Si può intendere la “Teologia del Popolo”, come uno sviluppo della dottrina sociale della Chiesa?
Non in modo diretto, ma vi è una relazione stretta. Tuttavia la “Teologia del Popolo” è un’altra cosa. Non riguarda solo l’aspetto sociale ma l’intera comprensione del Vangelo, della Rivelazione. Pertanto, comprende ogni aspetto teologico, non solo i risvolti sociali.
Oggi, a livello sociale, c’è un’intima connessione con la Dottrina Sociale della Chiesa, con un’accentuazione del tema dei poveri. Infatti, in America Latina, tutto questo fa parte della nostra tradizione, dalla conferenza Medellin ai nostri giorni. Tuttavia il Papa, quando nella Evangelii Gaudium discute di questi quattro principi che poi elenca, afferma che essi sono fondati sui contributi della Dottrina Sociale della Chiesa.
La “Teologia del Popolo” è stata anche chiamata “Teologia della cultura”. In diversi suoi interventi, il Santo Padre ha parlato delle culture dei popoli. Ha qualcosa a che fare con questa corrente di pensiero?
Quello che il Papa dice è che il Vangelo deve raggiungere tutti i popoli e tutte le culture. Lo aveva già detto Paolo VI: l’evangelizzazione della cultura e le culture dell’uomo.
Ogni popolo ha il suo stile di vita, la sua cultura, ed interpreta in modo diverso, con diverse simbologie, il senso ultimo della vita, che è ciò che è proprio della cultura stessa. Anche nel modo di mangiare, nel modo di vestire, ma ancora di più nell’arte, nel pensiero, nella religione, traspare la cultura di un popolo.
Il Papa dice che la Chiesa, come Popolo di Dio, è multiforme. Evangelizza tutte le culture e incultura il Vangelo in tutte le culture. Non solo nella cultura europea, che già lo ha fatto attraverso i secoli, o in America Latina, attraverso l’evangelizzazione, ma anche in tutte le culture dell’Asia, dell’Africa, ecc. Parla di un’armonia multiforme del Popolo di Dio. Ciò che ora si sta chiamando multiculturalismo, che presuppone l’inculturazione del Vangelo in una cultura e il dialogo tra le culture. Per questo il tema dell’incontro, quando parla di cultura dell’incontro, è una cosa che si può applicare sia all’interno della Chiesa che tra i popoli e tra le culture.
Qualcuno definisce il Pontefice venuto dalla “fine del mondo” come un populista…
Il populista pensa al popolo come qualcosa di uniforme, condotto da un dittatore. Invece, l’immagine è quella di un poliedro, dove non c’è uniformità ma armonia delle differenze. Come accade nella Santa Trinità che, in qualche modo, è l’unione di diverse relazioni. E lo stesso accade nella Chiesa e dovrebbe accadere tra i popoli.
Papa Francesco è di sinistra?
Che cosa vuol dire “di sinistra”? Se vogliamo dire che ha fatto un’opzione per i poveri, questo è il Vangelo, non è la sinistra. La sinistra potrà anche perseguire tale opzione ma non è necessario essere di sinistra per optare per i poveri. E Cristo ha optato per i poveri, per i malati, per gli indifesi, per le vittime… Così ha fatto la Chiesa nel corso della storia. E tutta la teologia attuale, soprattutto in America Latina, dopo le Conferenze di Medellín e di Puebla, culminate poi in Aparecida, dove c’è un’opzione preferenziale per i poveri, per gli scartati, per gli esclusi, per le vittime della storia, eccetera. Ciò, quindi, non vuol dire che egli sia di sinistra ma che è cristiano, fedele al Vangelo.
O forse il Papa è peronista?
Il peronismo è stato molto influente in Argentina, ed anch’esso utilizzava la categoria di “popolo”. Sul piano culturale, ha avuto la sua importanza e ha connotato molti argentini. Il Papa è dunque peronista? No, perché il Papa non è mai stato coinvolto in politica. Certamente non nella politica argentina. Al contrario, egli vorrebbe il dialogo di tutti i partiti e le ideologie. Ora, se da un lato il peronismo privilegiava i lavoratori e i poveri, dall’altro, aveva una concezione di “popolo-nazione”… Può capitare che qualcuno condivida queste posizioni, senza essere peronista, giusto? Non si può dire che il Papa sia un peronista, tuttavia vi sono nel peronismo elementi che sono validi e che sono ripresi dal cristianesimo, alcuni dei quali sono esplicitamente ispirati alla Dottrina Sociale della Chiesa. E su questo siamo tutti d’accordo.
Qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere ai lettori di ZENIT?
Dobbiamo tornare al Vangelo, convertire pastoralmente la Chiesa. Aparecida ha parlato di una conversione pastorale. Il Papa attribuisce grande importanza al Documento di Aparecida. E ora, in qualche modo, vede l’elemento universale che ha. Una Chiesa che non guarda solo a se stessa, ma guarda fuori, verso la sofferenza, verso le persone che hanno bisogno di misericordia, che non conoscono Cristo, è una Chiesa missionaria. Una riforma verso una conversione pastorale. Un abbandono delle strutture obsolete, come afferma anche il documento di Aparecida, ed una Chiesa missionaria, cioè, come Cristo, che è la missione di persona. E noi portiamo Cristo a tutti gli ambiti della realtà e della società, ed anche a tutta l’umanità globale.