Parla per metafore padre Bruno Secondin, il carmelitano scelto da Papa Francesco per predicare gli Esercizi Spirituali di Quaresima con la Curia Romana, nella Casa Divin Maestro di Ariccia. Nella sua prima meditazione, questa mattina, dopo la celebrazione eucaristica, il predicatore ha invitato Papa, prefetti e presidenti dei diversi Dicasteri vaticani a vivere l’esperienza del ritiro come “una sinfonia”, o meglio una “vera e propria full immersion”, così da essere “abitati e assorbiti” dalla “grande ricchezza” della Parola di Dio, alla quale bisogna “attaccarsi”, lasciandosi plasmare come discepoli, senza alcuna distrazione.

In particolare a guidare la riflessione del carmelitano, è stata la figura del profeta Elia, quest’anno al centro degli Esercizi quaresimali con il tema: «Servitori e profeti del Dio vivente». L’obiettivo è di proporre una “lettura pastorale e sapienziale” delle vicende del profeta come riportate nelle Scritture, di modo da trarre lo spunto per un personale esame di coscienza.

Se ieri Secondin, introducendo Adorazione eucaristica e Vespri, invitava ad “uscire dal proprio villaggio”, questa mattina – ispirato dal tema «Vai verso Oriente, nasconditi: ritornare alle radici» - ha esortato a condurre “una vita di periferia”.

La stessa cioè vissuta da Elia che – come narra il primo Libro dei Re – “cammina e non ha una sede stabile”, ma è “un uomo che si muove per fare”. In tal senso, il profeta diviene un ottimo “compagno di viaggio” in tante esperienze anche di purificazione personale, ha annotato padre Secondin. 

Ne segue dunque il passo, non procedendo però secondo un ordine cronologico ma, come la Scrittura, per “grandi scenari”. Il primo è “la geografia” di Elia: una “geografia che parla” – ha evidenziato – perché lo vede prima combattere “su molti fronti” e poi rimbalzare tra i centri del potere e “le periferie geografiche ed esistenziali”.

Proprio nel contesto storico in cui vive e agisce si trova infatti il senso della missione di Elia; dunque, nel suo essere originario di “una zona periferica, con una religiosità tradizionale e minore benessere”. Quella - ha affermato il predicatore - è la chiave di lettura per comprendere “i problemi più interiori” del profeta che emergono preponderanti nelle Scritture. Quindi la sua “fragilità”, la “vulnerabilità”, ma soprattutto la “rabbia” che sfoga davanti alla “depravazione religiosa e sociale” del suo popolo.

All’epoca, ha spiegato infatti Secondin, i nuovi scenari introdotti in Israele nei sistemi di commercio, di difesa militare e dell’agricoltura, crearono benessere ma anche qualche “vertigine” di troppo. La popolazione si ritrova di fatto ad essere “frastornata” da nuovi dei, lasciandosi lentamente andare ad una “progressiva depravazione e perdita di identità, di confusione morale e religiosa”, per cui il Dio vivente è considerato buono solo per “gente arretrata”.

Ecco allora che Elia reagisce con durezza; egli, però, minaccia senza essere mandato da Dio. Il Signore allora lo redarguisce e gli ordina di “prendere le distanze, andare controcorrente, vivere la solitudine”, in modo da purificarsi, “ritrovare le proprie radici” e, quindi, “le ragioni della propria fedeltà”.

“Elia non sostituisce Dio ma deve essere condotto dalla parola”, ha sottolineato infatti padre Bruno; deve, cioè, “ascoltare, obbedire” e “lasciare che Dio sia il suo Dio”. Anche perché quando fa a modo suo “finisce sempre nei guai”.

L’insegnamento che perciò si trae dalla vicenda del profeta è di “fare dell’amore di Dio il centro della propria esistenza”, senza cercare di puntare al risultato immediato, rischiando di far “precipitare le cose”, ha rimarcato Secondin. A Elia Dio chiede infatti di “stare di lato”, di distaccarsi cioè dai propri schemi propri progetti per fidarsi invece di Lui che ha già pensato a tutto.

Ma c’è un altro aspetto che il carmelitano rileva: “Dio parla poco e sottovoce”. Per ascoltarLo, perciò, è necessario eliminare tutti i rumori di fondo che disturbano e distraggono, a cominciare dalle “chiacchiere”.

In questo faccia a faccia con Dio, farà bene poi porsi anche qualche domanda come esame di coscienza. I quesiti il suggerisce proprio l’atteggiamento di Elia: ho perso la pazienza in qualche momento? Ho parlato chiaro o dietro le quinte, mormorando e alimentando le chiacchiere? Abbraccio una sobrietà sana e serena, fatta di risorse semplici, oppure mi faccio tentare dallo sperpero nella vita che conduco, nelle cose di cui mi circondo, nel modo di vestire? O ancora: conservo la gioia e la freschezza del primo amore o si è sbiadito tutto? Conosco la vita della periferia o mi piace stare al centro di attenzioni e onori? Ho fiducia nella Provvidenza o sono fanatico della programmazione e del risultato?

Attenzione a tutte queste idolatrie, ha avvertito padre Secondin, ma anche stiamo in guardia da una religiosità sincretista, o ancora peggio "pasticciona”, che pretende di mettere insieme un po’ di tutto perdendo di vista il vero obiettivo.

[Fonte: L'Osservatore Romano]