Per quelli che il Creatore non esiste (Settima parte)

Nell’ermeneutica è assente un criterio di verità

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Hirsch ha mostrato, in , come nell’ermeneutica gadameriana sia assente un criterio di verità che permetta di distinguere un’interpretazione vera da una falsa.

Hirsch ha affrontato la problematica ermeneutica all’interno dei suoi studi di critica letteraria e ha recensito Verità e metodo di Gadamer, affermando che questo testo, accettato positivamente in America da Robinson[1], è il più grande saggio di ermeneutica pubblicato; ma, pur riconoscendo il valore innovativo dell’ermeneutica gadameriana, la critica perché non consente l’interpretazione oggettiva dei testi.

Secondo il filosofo, Gadamer ha elaborato una teoria ermeneutica essenzialmente relativistico-storicistica che impedisce la conoscenza del vero significato del testo. Infatti, ogni interpretazione, essendo conseguente al particolare punto di vista storico dell’interprete, è di per sé arbitraria poiché è determinata dalla contingente situazione storica nella quale vive colui che legge il testo. E’ quindi evidente che nell’ermeneutica storicistica gadameriana è assente un criterio oggettivo che stabilisca la verità o la falsità di un’interpretazione. Afferma infatti Hirsch che “se non possiamo enunciare un principio in base a cui distinguere tra un’interpretazione valida e una non valida, c’è poco costrutto a scrivere libri intorno ai testi o intorno alla teoria ermeneutica”[2].

Secondo il filosofo è quindi necessario stabilire una norma che garantisca la validità di un’interpretazione e, a suo parere, anche Gadamer ha ricercato tale norma per evitare un “insostenibile nichilismo ermeneutico”[3], ma senza riuscirci. Infatti, secondo Hirsch, Gadamer pur volendo individuare il significato “identificabile e ripetibile”[4] di un testo come fondamento di un’interpretazione vera, sostiene implicitamente che questa identificabilità ripetibilità del significato testuale è impossibile per la diversa collocazione storica in cui si situano il testo e l’interprete.

L’assenza di un criterio di verità e di falsità nell’ermeneutica gadameriana comporta l’impossibilità di conoscere il vero significato di un testo;  infatti questo è interpretabile in modo arbitrario e relativo dai diversi lettori-interpreti che gli attribuiranno significati molteplici.

Il filosofo afferma che, secondo l’ermeneutica gadameriana, “il significato del testo è un’inesauribile congerie di significati possibili in attesa di un’interminabile schiera di interpreti. Ma se le cose stanno così, ne consegue che nessuna singola interpretazione potrebbe mai corrispondere al significato del testo, poiché nessuna concreta interpretazione potrebbe mai essere lo stesso che una congerie di significati possibili”[5].

Il testo, essendo inteso da Gadamer come una virtualità di significati, è interpretabile in modo infinito e, conseguentemente, è impossibile conoscere il significato determinato che possiede. Scrive infatti Hirsch:

“E’ del tutto evidente che considerare il testo come un autonomo pezzo di linguaggio e l’interpretazione come un processo infinito, significa davvero negare che il testo abbia un significato determinato, dato che un’entità determinata è ciò che è e non un’altra cosa, mentre una congerie inesauribile di possibilità è un’ipostatizzazione che non è assolutamente nulla di particolare”[6].

Il filosofo esemplifica la sua critica mostrando come la mancanza di un criterio di verità nel discorso ermeneutico impedisca di stabilire quale delle interpretazioni fornite da due lettori su uno stesso testo sia più vicina alla verità. Scrive infatti:

“Supponiamo che, come spesso accade, due lettori non siano d’accordo circa il significato di un testo nello stesso preciso momento. In base a quale principio potranno stabilire chi di essi è più vicino ad avere ragione? Non potranno valutare le loro interpretazioni confrontandole con ciò che il testo ha significato in passato, in quanto esso non significa più ciò che ha significato in precedenza. Evidentemente non vi è alcun modo di determinare ciò che un testo significa in un dato momento”[7].

Secondo Hirsch, Gadamer per uscire dagli esiti nichilistici conseguenti alla sua teoria ermeneutica, introduce il concetto di “tradizione”, nel senso che l’interpretazione di un testo effettuata alla luce di una determinata tradizione culturale (ad esempio tomistica nel caso di un testo di San Tommaso) ne garantirebbe la validità. Scrive in proposito:

“L’idea di tradizione è essenziale per Gadamer in quanto indica un principio per risolvere le discordanze tra due lettori contemporanei. Il lettore che segue il corso della tradizione ha ragione, quello che lo abbandona ha torto. Il significato determinato di un testo in un dato momento è ciò che sarà generalmente ritenuto tale dalla cultura del tempo”[8].

E’ impossibile sapere se una tradizione culturale è rimasta fedele al messaggio dell’opera di un autore qualora sia assente un criterio oggettivo per stabilire il significato originario dell’opera. Quindi il ricorso alla tradizione per garantire la verità di un’interpretazione è assolutamente insufficiente.

Hirsch denuncia le difficoltà “in cui si impiglia la teoria di Gadamer non appena si ponga questa semplice domanda: Che cosa costituisce un’interpretazione valida?”[9].

Secondo il filosofo, a questa domanda Gadamer non offre una risposta teoreticamente fondata neanche con il concetto di “fusione degli orizzonti”; infatti la fusione tra l’orizzonte ermeneutico di colui che interpreta un testo e quello nel quale quest’ultimo si colloca non garantisce di per sé che l’interpretazione sia valida, per gli stessi motivi esposti riguardo al concetto di tradizione. Hirsch afferma infatti che secondo Gadamer “ciò che comprende un interprete non è interamente né il risultato della sua prospettiva personale né il risultato della prospettiva originaria. E’ piuttosto il prodotto di quella fusione tra le due che Gadamer chiama Horizontverschmelzung  [fusione degli orizzonti]”.

Secondo il filosofo la soluzione tentata da Gadamer finisce per esemplificare proprio le difficoltà che intendeva risolvere. Come può un interprete fondere due prospettive – la propria e quella del testo – se non è stato compreso il senso originario del testo?[10].

I concetti di tradizione e fusione degli orizzonti non garantiscono la validità dell’interpretazione; l’ermeneutica gadameriana, essendo essenzialmente storicistica, non può risalire al senso originario di un testo e, conseguentemente, non può evitare l’arbitrarietà interpretativa.

Tale arbitrarietà riguarda l’ermeneutica gadameriana in quanto tale, e ciò è dovuto, come vedremo nel prossimo articolo, all’essenziale storicità e temporalità che caratterizza il Verstehen, cioè l’atteggiamento esistenziale che è la condizione di possibilità dell’ermeneutica.La puntata precedente è stata pubblicata sabato 14 febbraio 2015.

*

NOTE

[1] Cfr. G. H. Robinson, J. B. Cobb, The New Hermeneutics, Harper & Row, New York 1964.

[2] E. D. Hirsch,  Teoria dell’interpretazione e critica letteraria, Il Mulino, Bologna 1973, p. 264.

[3] Ibidem.

[4] Ibidem.

[5] Ibidem, pp. 261-262.

[6] Ibidem, p. 262.

[7] Ibidem.

[8] Ibidem, p. 273.

[9] Ibidem, p. 265.

[10] Cfr. ibidem, pp. 267-268.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Maurizio Moscone

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione