“Le comunità ecclesiali locali devono lavorare assieme per stabilire un comune approccio umano ai problemi e alle difficoltà inerenti la migrazione al fine di tutelare i diritti dei migranti e prevenire il traffico di esseri umani, lo sfruttamento e altri crimini del genere”.
Questo il cuore del documento finale pubblicato dai partecipanti al VII Congresso Mondiale della Pastorale dei Migranti, svoltosi in Vaticano da lunedì 17 a venerdì 21 novembre 2014, presso la Pontificia Università Urbaniana.
Al Congresso – dedicato al tema “Cooperazione e sviluppo nella pastorale delle migrazioni” – hanno partecipato 284 delegati provenienti da oltre 90 Paesi dei cinque continenti. Tra di loro alcuni cardinali e il patriarca maronita di Antiochia, arcivescovi, vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, membri di Istituti secolari, operatori pastorali laici, nonché numerosi rappresentanti di associazioni o movimenti cattolici, ecclesiali e laici.
Erano presenti anche sei Delegati Fraterni provenienti dal Patriarcato Ecumenico, dal Patriarcato Rumeno Ortodosso, dalla Chiesa Ortodossa di Grecia, dalla Comunione Anglicana, dalla Federazione Luterana Mondiale e dal Consiglio Mondiale delle Chiese.
Tutti questi hanno dato il loro contributo alla stesura del documento finale, nel quale viene rimarcato che, “insistendo sul lavoro all’interno delle reti sociali (che inizia dal semplice scambio di contatti, come indirizzi e-mail, numeri di telefono, dettagli Skype e indirizzi degli operatori pastorali per i migranti) si può rafforzare una pastorale più generalizzata”.
In tal senso, il documento sottolinea che “la Chiesa può fare un uso migliore dei mezzi di comunicazione per incrementare i diritti dei migranti” soprattutto se indirizzato verso “un approccio pastorale più ampio e che vada oltre l’aspetto puramente caritatevole”. L’opinione pubblica infatti deve essere adeguatamente informata in merito alla vera situazione dei migranti non solo nel Paese di accoglienza, ma anche in quello d’origine.
“Il fenomeno della migrazione irregolare – si legge ancora – è motivo di sfruttamento del lavoratore migrante e della sua famiglia”, per questo motivo “i fedeli devono sostenere politiche di immigrazione più giuste ed inclusive da parte dei Governi, che aiutino il migrante nella sua ricerca di opportunità di lavoro e di migliori condizioni di vita, salvaguardino il ruolo della famiglia e delle donne, e al tempo stesso prevengano lo sfruttamento e/o il traffico di migranti lavoratori e altre forme di abuso”.
Per affrontare una così difficile sfida, la Chiesa si propone come “una comunità di speranza e d’azione che si esprime attraverso la solidarietà nei confronti dei migranti, la loro difesa (in particolare di bambini e minori non accompagnati)”.
Lancia quindi l’appello affinchè “la collaborazione tra Chiesa d’origine e Chiesa d’accoglienza deve essere intensificata, in particolare per quanto riguarda le due prime generazioni di migranti”.
“Attraverso la preparazione degli operatori pastorali e sociali – concludono i partecipanti al Congresso – a tendere ponti tra le due realtà, una tale collaborazione richiede un dialogo tra le due culture e tiene conto dei problemi specifici di ciascuna generazione”.