Daniel Fernando Sturla Berhouet è il secondo cardinale nella storia dell’Uruguay. Salesiano, 55 anni arcivescovo di Montevideo, ha ricevuto la berretta rossa dalle mani di Papa Francesco nel Concistoro di ieri. ZENIT ha avuto occasione di intervistarlo per discutere delle sfide che la Chiesa in Uruguay sta affrontando e di come ha ricevuto questa porpora così inaspettata. Il neocardinale ha vissuto la vigilia della sua nomina “pregando, come un ragazzo al primo giorno di scuola, con un misto di attesa, desiderio, entusiasmo, un po’ di paura, ma con la fiducia in Dio”. Di seguito l’intervista.
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Eminenza, come ha vissuto questo suo primo incontro con il Collegio Cardinalizio?
Noi, nuovi cardinali siamo stati accolti con grande affetto dagli altri porporati. Anche il Pontefice è stato molto positivo, ci ha accolto con grande carità e bontà.Nel Concitoro sulla riforma della Curia si è molto discusso di cambiamenti sia nell’economia che nell’amministrazione della Santa Sede. Sono questioni molto complesse, ma sembra che tutto stia andando molto bene, soprattutto per quanto riguarda la trasparenza nelle finanze della Chiesa.
Come ha accolto la sua nomina a cardinale?
Con gioia e semplicità. Ho capito che si tratta di un riconoscimento del Papa per la Chiesa del mio paese. Sono arcivescovo da appena un anno, tre anni da vescovo. Quindi penso che Papa Francesco abbia voluto riconoscere le buone cose compiute dalla Chiesa uruguayana. La nomina mi rende molto felice ed è un riconoscimento anche per il popolo uruguayo.
Invece, come si è preparato per la grande celebrazione di ieri, durante la quale ha ricevuto la berretta rossa del Pontefice?
Avrei voluto più tempo per la preghiera. Dopo l’annuncio del Papa ho svolto un attività pastorale molto intensa. Mi sono preparato come un ragazzo al primo giorno di scuola, con un misto di attesa, desiderio, entusiasmo, un pò di paura vissuta sapendo che siamo nelle mani di Dio e in quelle della Vergine Maria.
Quali sono le sfide che sta affrontando la Chiesa in Uruguay?
Dal punto di vista cristiano la sfida più grande è quella della forte secolarizzazione di cui l’Uruguay sta soffrendo. Negli ultimi 100 anni non si era mai vista una tale secolarizzazione ed uno stallo culturale di tali dimensioni. Così, in questo momento l’Uruguay è il paese con meno cattolici e la maggior parte di atei e agnostici dell’America Latina. Per contrastare la secolarizzazione la Chiesa cattolica ha rilanciato un programma per l’annuncio della fede. Buoni i risultati sul fronte dell’impegno per i poveri e sulle opere sociali. La Chiesa sta affrontando anche la grande sfida della trasparenza in tutti gli aspetti della sua vita sia nei rapporti con gli altri, sia nell’economia che nella carità. La nostra è una Chiesa povera, austera, per questo deve vivere e aiutare in modo trasparente e con senso evangelico. Un’altra grande sfida è quella delle vocazioni religiose, sacerdotali e dei laici impegnati nella vita della Chiesa. Il mio desiderio è portare la Chiesa ovunque, proponendo una forte evangelizzazione missionaria in un ambiente laico e in una società pluralistica.
Siamo a quasi due anni di pontificato di Francesco, il primo Papa latino-americano. Cosa pensa il popolo del Santo Padre?
La gente vive con molta speranza e gioia il pontificato di papa Francesco, perché ha portato aria fresca nella vita della chiesa, un’aria di rinnovamento, di semplicità evangelica. Tutto ciò è stato molto positivo.
Recentemente il Papa ha confermato il viaggio in America Latina, ma l’Uruguay deve aspettare ancora un po’…
In Uruguay, aspettiamo Papa Francesco per il prossimo anno. Il viaggio in America Latina sarà molto importante, soprattutto per i paesi che ospiteranno il Papa. Nel frattempo ci stiamo scaldando il cuore per riceverlo con fervore l’anno prossimo, a Dio piacendo.