Nel dicembre del 1964 Martin Luther King Jr riceve il premio Nobel per la Pace. In un incontro successivo con il presidente Johnson il pastore di Atlanta annuncia la sua prossima campagna: battersi per il diritto di voto dei cittadini di colore. Organizzerà a questo scopo una marcia pacifica da Selma arriverà fino a Montgomery, capitale dell’Alabama. Il presidente cerca di dissuaderlo perché ritiene che i tempi non siano ancora maturi. La marcia viene organizzata ma il governatore dell’Alabama ordina alla polizia di caricare i manifestanti e molte persone restano ferite e un giovane viene ucciso…

Quando pensiamo a Martin Luther King, in genere ci vengono in mente due eventi: la marcia su Washington del ’63 con il suo famoso discorso “I have a dream” e la sua morte a  Memphis nel ’68. La regista afroamericana Ava  DuVernay inizia invece il suo racconto dalla sera in cui ritirò il premio Nobel nel dicembre del 1964 e termina a marzo del 1965, con la marcia su Montgomery. Si tratta quindi di un periodo breve ma intenso, a noi italiani per lo più sconosciuto, quando Luther King cercò di scuotere le coscienze organizzando cortei nel più sudista degli stati, l’Alabama, perché il diritto di voto per tutti diventasse una realtà.  

Ava DuVernay mostra una mano sicura in questa rievocazione storica riuscendo a conciliare le esigenze dello spettacolo cinematografico con la fedeltà ai fatti accaduti. E’ abile nel muoversi su tre livelli, tutti ugualmente importanti: il Luther King pubblico, riproposto in tutta la sua abilità oratoria in alcuni famosi discorsi che tenne in quel periodo o nelle interviste ai giornalisti; il suo lavoro dietro le quinte per creare consensi, sia nei confronti del presidente Johnson che verso altri movimenti impegnati nella difesa dei diritti civili; infine il Luther King più privato,  nei suoi rapporti con gli amici e con la moglie, quest’ultimi non sempre idilliaci.

Il limitato periodo di tempo che viene analizzato ci consente di conoscere Martin molto più da vicino. Meno idealizzato ma anche gravato dal peso delle enormi responsabilità che si trovava ad assumere (all’epoca aveva 36 anni). Sempre spinto da grandi ideali, conscio del fatto che le grandi decisioni vanno prese al momento giusto e che il tempo che passa finisce per generare assuefazione, sapeva che smuovere tante persone, sia pur per un ideale giusto, poteva comportare il rischio di versare sangue innocente.

Il problema del diritto di voto, a quel tempo, era più nei fatti che sulla carta. Le persone di colore potevano formalmente votare ma dovevano prima iscriversi ai registri elettorali e questa era l’occasione per i tanti abusi compiuti delle amministrazioni locali che trovavano sempre motivazioni pretestuose per respingere la richiesta.

Luther King decise di organizzare una marcia dimostrativa che da Selma arrivasse fino a Montgomery, nonostante il presidente Johnson avesse cercato di dissuaderlo perché giudicava i tempi non maturi.

Luther King decise comunque di forzare la situazione con varie manifestazioni a Selma ma il bilancio fu pesante: Lee Jackson, un diacono di 26 anni venne inseguito dai poliziotti e ucciso mentre cercava di difendere sua madre. Il sacerdote di Boston James Reeb che aveva partecipato a una delle marce per solidarietà, venne riconosciuto mentre passeggiava di sera a Selma: picchiato a sangue, morì due giorni dopo.

La televisione riprese le cariche della polizia e ciò portò l’opinione pubblica a solidarizzare con i manifestanti; lo stesso Presidente, dopo averr ripetutamente ribadito al congresso il diritto di voto per tutti i cittadini, firmò nel ’65 il Voting Rights Act, per bloccare definitivamente ogni forma di discriminazione.

Alcune testate giornalistiche americane hanno criticato l’interpretazione che Ava DuVernay dà dei rapporti fra Johnson e Luthr King: il film mostra il Presidente quasi forzato dagli eventi a intervenire, mentre molti riconoscono a Johnson una più diretta volontà di risolvere il conflitti razziali, magari con tempi e modi diversi dal pastore di Atlanta. Il valore di film come questo, che ricostruisce la storia recente, sta proprio nell’invitare ad approfondire ciò che accadde per trarne un insegnamento per il futuro. E’ quasi inevitabile farsi coinvolgere dal gioco dei “se…”: cosa sarebbe successo se l’iniziativa, invece nelle mani del decisionista Luther King fosse stata presa dal più pragmatico Lyndon Johnson? Si sarebbero potuti evitare dolorosi spargimenti di sangue?  

C’è un momento del film in cui la figura di Luther rifulge nella sua grandezza. Durante la seconda marcia sul ponte, con molto più seguito della prima (vi partecipavano anche simpatizzanti di tutte le confessioni cristiane e rabbini), la polizia che sta di fronte al corteo rompe lo schieramento e si pone ai lati della strada. Luther è perplesso. Può sembrare un segno di resa ma può anche indicare una più micidiale strategia dei poliziotti: quella di attaccare il corteo ai fianchi una volta che fosse passato. Si inginocchia a pregare e così fanno tutti con lui. Poi si alza e fa marcia indietro. Quella giornata sarà poi nota come il Turn Around Tuesday.

Luther fu molto criticato dai suoi che non compresero il coraggio di saper anche cambiare idea  quando è necessario ma i fatti gli diedero ragione. La vittoria fu conseguita ugualmente.

*

Titolo Originale: Selma
Paese: Gran Bretagna
Anno: 2014
Regia: Ava DuVernay
Sceneggiatura: Paul Webb
Produzione: OPRAH WINFREY, JEREMY KLEINER, CHRISTIAN COLSON, DEDE GARDNER PER CLOUD EIGHT FILMS, CELADOR FILMS, HARPO FILMS, PATHÉ, PLAN B ENTERTAINMENT
Durata: 128
Interpreti: David Oyelowo, Tom Wilkinson, Carmen Ejogo, Cuba Gooding Jr. Lorraine Toussaint

Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it