Isis: l'orrore continua. Questa volta in Egitto

Dieci persone decapitate dal braccio egiziano dei jihadisti, ritenute spie del Mossad. Giordania annuncia truppe di terra, intanto un italiano è recluso in Kurdistan accusato di terrorismo internazionale

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Dieci persone sono state decapitate oggi dal braccio egiziano dell’Isis, il gruppo Ansar Bait al-Maqdis, che ha lasciato i corpi sul ciglio di una strada del Sinai settentrionale. Le vittime erano state erano state accusate di essere “spie per il Mossad”. Lo riferiscono fonti egiziane segnalando un video che documenta le uccisioni. Il gruppo si è ormai ribattezzato “Stato” o “Provincia del Sinai” (Wilayat Sinai), nel quadro di un’alleanza-affiliazione con l’Isis annunciata in novembre.  

In un’intervista alla Bbc, il presidente siriano Bashar al-Assad ha dichiarato che “il governo siriano riceve messaggi dalla coalizione anti-Isis guidata dagli Usa sui raid effettuati nel Paese, ma non c’è una cooperazione diretta da quando sono cominciati i bombardamenti lo scorso settembre”. Le “informazioni”, ha specificato, arrivano da Paesi terzi, tra cui l’Iraq.

Intanto Amman ha annunciato l’invio di truppe di terra contro i jihadisti.  I caccia militari degli Emirati arabi uniti stazionati in Giordania hanno lanciato nuovi raid aerei contro l’Isis. Dubai aveva sospeso i raid dopo la cattura, a dicembre, del pilota giordano poi arso vivo in una gabbia.

Due notizie giungono poi in queste ore dallo Stato Islamico. Una è la conferma della morte di Kayla Mueller, la giovane cooperante americana morta il 6 febbraio durante un bombardamento. Dopo gli appelli disperati della madre Marsha, la prova della uccisione della 27enne – sequestrata in Siria nell’agosto del 2013 – è arrivata oggi attraverso alcune foto inviate dai terroristialla famiglia. Annunciando con “profonda tristezza” la morte di Kayla, il presidente Barack Obama, da Washington, ha tuonato: “Non importa quanto tempo occorrerà ma troveremo i responsabili per assicurarli alla giustizia”. 

La seconda notizia riguarda invece un italiano che pare essere recluso in un carcere del Kurdistan con l’accusa di terrorismo internazionale.  Giampiero F., 35 anni, originario di Reggio Calabria ma cresciuto a Bologna, era sparito nel nulla all’inizio della scorsa estate e finora non si aveva alcuna notizia sulla sua sorte.

Sembra che l’uomo abbia lasciato la sua famiglia e il suo paese per unirsi ai jihadisti dell’Isis. A confermarlo, seppur indirettamente, è il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni intervenuto dopo un’intervista rilasciata dal presidente della regione autonoma curda in cui si faceva riferimento a un italiano arrestato nella zona di Erbil: “È arrivato con un visto regolare dalla Turchia dichiarando apertamente alle guardie di frontiera di voler diventare un jihadista. Una storia strana”.

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ZENIT Staff

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