Anche nell’epoca dei bigdata, della sovrainformazione e dei polveroni mediatici la cultura sa creare spazi per pensare. È già disponibile on line il testo della traccia dei lavori per l’Assemblea Plenaria sulle culture femminili presso il Pontificio Consiglio della cultura in occasione del convegno “Le culture femminili: uguaglianza e differenza”, che si è concluso sabato 7 febbraio.
Il documento dichiara fin da subito la problematicità di provare a pensare una cultura femminile, che riesca a valorizzare l’innegabile peculiarità femminile, pur muovendo dall’analisi dei ruoli ai quali nella storia è stata ridotta la differenza tra uomo e donna. Da un indiscriminato indifferentismo, infatti, consegue l’esclusione pratica di ogni differenza, a svantaggio dell’intera società e a svantaggio delle donne: queste di nuovo vedrebbero scomparire dalla dimensione pubblica le loro proprie modalità di partecipazione alla vita collettiva. Ovvero, l’uniformità procede insieme alla emarginazione, sottolinea il documento. Occorre dunque pensare in maniera consistente e fondata il rapporto tra identità personale e genere di appartenenza, come anche il rapporto tra biologia e cultura. Il documento stimola a interrogarsi se la «questione di “genere” può essere legata in qualche maniera a questa visione “disuguale” tra uomo e donna, da cui deriva la pretesa di crearsi una identità “culturale”?». In altre parole, il “genere” può essere una “reazione” alla “disuguaglianza”, per cui diventa urgente però superare la “reazione” per trovare una “soluzione”. D’altra parte la Parola di Dio è chiara sul valore e l’importanza della differenza per dare pienezza all’essere umano, ma anche la biologia attesta questa diversità (dimorfismo sessuale).
Questa impostazione del problema non significa negare che ci siano situazioni che con difficoltà rientrano in questa spiegazione o che ne esulano, ma invita a trovare un quadro teoretico che dia soddisfacenti risposte: tenere insieme identità e contraddizione. Non si può infatti risolvere banalmente il problema appiattendo femminile e maschile su immagini stereotipate e concettualmente povere, incapaci di dare una piena risposta alla cultura del nostro tempo. L’obiettivo è piuttosto la promozione della ricchezza che può derivare da una nuova alleanza tra mondo maschile e mondo femminile.
D’altra parte è innegabile che pensare la “donna” costringe a pensare l’“uomo”: definire questa relazione come complementare non dà sufficientemente conto della “reciprocità” tra i due, della dinamicità della relazione. Su questa dinamicità si fonda l’identità di ognuno dei due. Si tratta in fondo del classico problema filosofico: la coniugazione tra l’identico e il diverso. Questo problema, che nella storia della filosofia è stato esplorato ampiamente nel campo della logica e della metafisica, non è stato invece troppo esplorato in merito alla questione del maschile e del femminile, come evidenziava un testo di Geneviève Fraisse (La differenza tra i sessi, Bollati Boringhieri, Torino 1996). È urgente una risposta.
Molti altri spunti sono offerti dal documento dell’Assemblea plenaria, che riflette anche sulla simbologia della generatività e sul rapporto tra donne e religione. L’obiettivo è la ricerca di un equilibrio, che certamente è poco attraente sul piano mediatico ma sollecita e stimola la capacità riflessiva di coloro che sono interessati al problema e di tanti cristiani.