L’instabilità politica nell’Africa settentrionale, le guerre in Medio Oriente, il traffico d’esseri umani e la migrazione clandestina. È ampio lo scibile di questioni che interessano la regione del Mediterraneo e accrescono le sfide per i Paesi che su questo mare si affacciano. Per affrontarle c’è bisogno di una cooperazione che produca una risposta comune. È il parere del card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, il quale ha inviato un messaggio alla nona Sessione plenaria dell’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo, in corso nel Principato di Monaco.
Il rappresentante della Santa Sede ha sottolineato che tali sfide “non sono confinate entro l’una o l’altra frontiera nazionale, ma sono, di fatto, di natura transnazionale”. Ragion per cui “nessun Paese può rimanere estraneo alle situazioni degli altri Paesi” e “la regione mediterranea, colpita da crisi interne, non è immune dagli effetti delle crisi nelle regioni confinanti”, come l’Africa subsahariana e il Medio Oriente.
Uno di questi effetti è lo spostamento di masse enormi di persone alla disperata ricerca di fortuna lontano dalla propria tormentata terra. Il card. Parolin ha ricordato i tanti che hanno rischiato la propria vita “di fronte alle azioni spietate e senza scrupoli di trafficanti di esseri umani e della migrazione clandestina”. Un tema, questo, caro a papa Francesco, che ha sempre esortato ad “affrontare insieme” il problema. Questa risposta comune invocata dal Santo Padre “comporta necessariamente la cooperazione dei Paesi di entrambe le sponde del Mediterraneo per affrontare le cause fondamentali della migrazione”, ha affermato il card. Parolin.
Di qui il riferimento al discorso del Papa al Parlamento europeo, quando ha esortato i Governi ad adottare “politiche corrette, coraggiose e concrete che aiutino i loro Paesi di origine nello sviluppo socio-politico e nel superamento dei conflitti interni – causa principale di tale fenomeno”.
Testimonianza di questo rapporto causa-effetto è la Siria, membro dell’Assemblea riunita a Monaco. Il Paese livido a causa della guerra ha prodotto numerosi rifugiati, inoltre è stato segnato da fenomeni – ha soggiunto il card. Parolin – “che toccano i valori e i principi sui quali sono fondate le società che condividono la regione mediterranea”.
Il 2014 – ha osservato il porporato – è l’anno in cui è dilagato “il brutto e malvagio fenomeno dell’estremismo islamico e del terrorismo”, che colpisce “il diritto alla vita, alla libertà di religione e alla libertà di espressione”. Secondo il segretario di Stato, questo tipo di “fondamentalismo ideologico” non conosce confini e rende tutti vittime, “a prescindere dall’etnicità o dall’affiliazione religiosa”.
Dopo aver ricordato la particolare preoccupazione della Santa Sede “per la sopravvivenza delle minoranze cristiane in Medio Oriente”, il card. Parolin ha definito “deplorevole” il dover precisare che “la violenza in nome di Dio non può mai essere giustificata”. Per questo ha ribadito l’auspicio espresso dal Papa davanti al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede affinché “i leader religiosi, politici e intellettuali specialmente musulmani, condannino qualsiasi interpretazione fondamentalista ed estremista della religione, volta a giustificare tali atti di violenza”.
La considerazione finale del card. Parolin è stata che “per millenni il Mediterraneo è stato luogo d’incontro di culture e di popoli; in epoche più antiche i popoli del Mediterraneo si consideravano al centro del mondo”. Ne deriva oggi “la sfida per il Mediterraneo di rinnovarsi come luogo d’incontro, di rispetto reciproco e di pacifica convivenza”.