Il Vaticano si tinge di rosa e amplia il suo sguardo allo smisurato, e a volte incomprensibile, universo femminile. In particolare sarà il Pontificio Consiglio per la Cultura, guidato dal poliedrico cardinale Gianfranco Ravasi, a riflettere su “Le culture femminili: tra uguaglianza e differenza”, durante la prossima plenaria in programma dal 4 al 7 febbraio.
Un programma intenso, ricco di spunti e sfaccettature, al quale hanno collaborato anche la Rai e i francescani del Sacro Convento di Assisi, e che risente dell’influsso di coloro che dell’evento sono le protagoniste: le donne. Donne di Chiesa, donne manager, donne mogli e madri, donne coinvolte nell’ambito dell’economia, dell’università, dell’arte, del cinema, tutte pronte a mettere in campo il proprio bagaglio di esperienze e competenze. Il risultato è un documento fatto di voci e visioni, di testimonianze e ricerche, dove il contributo del gruppo femminile è stato affiancato dal lavoro di officiali e consultori del Dicastero.
Nella squadra di impegnatissime donne assoldate dal cardinale Ravasi spiccano in particolare i nomi di Anna Maria Tarantola, presidente della Rai, Monica Maggioni, direttrice di Rai News 24, Consuelo Corradi, ordinario di sociologia generale dell’Università LUMSA di Roma, e la nota attrice Nancy Brilli. Tutte queste erano presenti stamane in Sala Stampa vaticana, insieme al cardinale, per illustrare i lavori della plenaria, che si apriranno con un evento pubblico al Teatro Argentina, mercoledì pomeriggio.
Prima di parlare del programma, però, il cardinale Ravasi ha voluto fare un passo indietro e partire da un quesito: “Che cosa s’intende per culture femminili?”. Negli scorsi anni – ha ricordato – il Pontificio Consiglio per la Cultura si era soffermato sulle “culture giovanili”, un tema più facile da comprendere e affrontare, laddove invece quello delle culture femminili è un campo minato che può aprire diversi scenari, argomentazioni e polemiche.
Perciò meglio essere precisi: “L’espressione ‘culture femminili” non significa dividerle da quelle maschili, ma manifesta la consapevolezza che esiste uno sguardo sul mondo e su tutto ciò che ci circonda, sulla vita e sull’esperienza, che è proprio delle donne”, ha sottolineato Ravasi.
A partire da questo, il cardinale ha maturato l’esigenza di creare uno organismo ad hoc in seno al Dicastero, ovvero una una Consulta femminile permanente, i cui nomi già ci sono. Sicuramente ne farà parte il gruppo di donne che ha lavorato alla plenaria, ma “sono aperto ad altri suggerimenti”, ha detto il porporato.
I quattro giorni di assemblea, ha poi proseguito, si snoderanno attraverso quattro punti cardinali. Primo, il “delicato” percorso sull’uguaglianza-differenza, e “tutto quello che comporta”; il secondo la generatività, un termine tecnico per indicare non solo la generazione ma “un’idea simbolica” più ampia; terzo, la corporeità, quindi la rappresentazione dell’immagine della donna; infine, il rapporto con la religione, secondo le diverse tappe.
Un percorso, questo del Dicastero per la Cultura, che va ad incrociarsi con la non facile strada intrapresa da alcuni anni dalla Rai, ha confermato la presidente Tarantola. La televisione pubblica italiana sta lavorando infatti per valorizzare “il ruolo della donna nel mondo contemporaneo”. E lo fa cercando di aumentare il numero delle donne in video (conduttrici, esperte ecc), di migliorare la rappresentazione del corpo femminile veicolando il messaggio che “non è solo la bellezza a garantire successo, ma le proprie competenze e capacità”.
L’impegno prosegue “lavorando su linguaggi e narrazione”, ha rimarcato Tarantola, rappresentando cioè “donne vere, concrete, con i loro problemi, con la loro forza”, nelle fiction, come nei programmi educativi o nell’informazione. Il tutto accompagnato da non poche polemiche.
D’altronde è quello che accade ogni volta che si vuole utilizzare a pieno il “talento femminile”, ha detto la presidente Rai. Non a caso il video di presentazione della plenaria del Pontificio Consiglio, con testimonial la Brilli, è stato oggetto di accese discussioni che hanno portato al suo ritiro nell’area anglosassone.
Mentre in Europa – ha spiegato infatti Ravasi sollecitato dai giornalisti – le reazioni sono state “molto positive, appassionate, convinte”, in Gran Bretagna, come in Canada o negli Stati Uniti, molti – tra cui diversi vescovi – hanno storto il naso: chi criticando la presentazione “troppo edulcorata, enfatica verso la donna”, superficiale nell’affrontare problematiche ‘più serie’ come violenze e abusi; chi bollando il testo come “troppo avanzato”, forse ‘poco solenne’ per essere un testo ecclesiastico. “Le solite due posizioni estreme: progressisti e conservatori”, ha sospirato Ravasi, che, su consiglio dei collaboratori, ha quindi deciso di lasciare il video solo in italiano.
Al di là delle critiche, il team interno e molti utenti esterni hanno lodato l’impegno del Convegno di dare alle donne la possibilità di raccontare le proprie specificità, sottolineando soprattutto che “parità non vuol dire omologazione dei modelli”, come ha ricordato la prof. Corradi. “La parità va perseguita mantenendo la diversità”, ha aggiunto, proprio perché è “l’insieme” ad essere “efficiente”.
In virtù di questo si è cercato di dar voce anche a donne provenienti da “altri mondi”, in modo da non circoscrivere tutto il dibattito solo all’Occidente e “recuperare” altre preziose testimonianze.
Tutto il lavoro compiuto in un anno si rifletterà nell’evento di mercoledì 4 febbraio, al Teatro Argentina, alle 15.30. La serata – ha spiegato Monica Maggioni – dal titolo “Lo sguardo delle donne”, vedrà alternarsi video, letture di testi recitati, contributi letterari, interviste in sala, musica dal vivo. Tutto sarà ripreso dalla Rai e si potrà seguire in collegamento con i social network tramite l’hashtag #lifeofwomen.