Fraternità San Carlo Borromeo: 30 anni di missioni e conversioni

La società sacerdotale festeggia i 15 anni dal riconoscimento pontificio per volontà di Giovanni Paolo II e i tanti frutti di “verità, bellezza e pace” sparsi nel mondo

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Sono trascorsi quindici anni dal riconoscimento pontificio della Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo. Un bel traguardo per la società nata nel 1985 da don Massimo Camisasca, attuale Vescovo della Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, che oggi conta circa un centinaio di sacerdoti missionari sparsi in venti Paesi tra Asia, Europa, America e Africa.

«Andate in tutto il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace, che si incontrano in Cristo Redentore»: le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel 1984 rappresentano l’inizio di questa avventura che dura ormai da 30 anni. L’occasione era il trentennale di Comunione e Liberazione, il cui carisma è, per stessa affermazione del fondatore del movimento don Luigi Giussani, «metodologicamente fondamento» della Fraternità sacerdotale. 

La Fraternità riconosce un particolare legame anche con papa Wojtyła. Durante la messa per i quindici anni dal riconoscimento pontificio il superiore generale della San Carlo, don Paolo Sottopietra, ha ricordato il ruolo prezioso di Giovanni Paolo II per la loro storia: «La fondazione della Fraternità San Carlo si è iscritta nel suo pontificato, dal discorso rivolto ai sacerdoti di Cl del 1985 a Castel Gandolfo fino appunto al 19 marzo 1999».

I tanti frutti maturati in questi anni sono le storie di giovani sorpresi da un modo affascinante di vivere la fede e l’esperienza sacerdotale. Giovani che non hanno esitato a lasciare tutto e a dedicare la loro vita ad annunciare Gesù Cristo nel mondo, intuendo come quella fosse la strada perché tutto gli fosse restituito in abbondanza. Ma i frutti si vedono anche nelle vite cambiate di chi ha incontrato questi sacerdoti, come Emilia, proveniente da Taiwan, dove nel 2010 ha conosciuto alcuni preti della Fraternità San Carlo.

Emilia frequentava l’Università Cattolica di Fu Jen dove ogni settimana si tiene Scuola di Comunità, uno degli appuntamenti cardine dell’esperienza di Comunione e Liberazione, che invita a paragonare la propria esperienza con un testo proposto a tutto il movimento. La ragazza è incuriosita e va a vedere di cosa si tratta. «Ero nervosa – racconta – non conoscevo nessuno, ma tutti mi hanno trattato con simpatia. Da allora non ho mancato un incontro».

In quel luogo la giovane scopre un’amicizia nuova, diversa dal solito, che non finiva con una serata allegra; scopre che può «essere se stessa, parlare delle esperienze più vere e imparare dagli altri». Così inizia a frequentare la parrocchia di Thai Shan, retta dai sacerdoti della San Carlo, i gesti di carità e il catechismo che lì si svolgono. Due attività che, insieme a Scuola di Comunità, «presto sono diventati un’unica cosa: la caritativa, il luogo in cui imparavo a dare qualcosa di mio, il catechismo, dove ero io a ricevere, la Scuola di Comunità, dove condividevo la vita con gli altri».

Dell’esperienza che fa, ciò che più colpisce Emilia è la bellezza, «dei canti o delle immagini, la bellezza della nostra amicizia»; un’esperienza nata dal carisma di Don Giussani che non a caso lei stessa definisce «cercatore di bellezza». E proprio grazie a questo sacerdote, che Emilia ha conosciuto solo attraverso i suoi libri, arriva l’incontro con Cristo. «Sono rimasta colpita da una frase che lui ha detto a Roma il 30 maggio 1998: “Il protagonista della storia è il mendicante, ovvero il cuore dell’uomo mendicante di Cristo e Cristo mendicante del cuore dell’uomo”. Pensavo a Gesù come a un re, un Dio onnipotente, non come a un mendicante. Poi ho capito. Gesù è colui che da sempre mi aspetta. Mentre io Lo cercavo, Lui mi stava aspettando».

E così la notte di Pasqua 2013, Emilia riceve il battesimo, ed è certa che questo passo ha determinato una svolta radicale nella sua vita: «Senza il battesimo non sarei felice come sono ora». 

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Anna Minghetti

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