Secondo la Commissaria della Ricerca della UE, Máire Geoghegan-Quinn, la Commissione non terrà conto della richiesta dei cittadini formulata dall’Iniziativa Popolare Europea più firmata “Uno di Noi”, perché ritiene sufficiente appoggiarsi alle regole già incluse nel precedente programma-quadro che bloccano l’Europa dal sovvenzionare progetti non supportati dalla legislazione degli Stati Membri nei quali sono portati avanti.
La dichiarazione della Commissaria è stata incautamente rilasciata, durante la conferenza stampa sul neo-adottato Programma Quadro “Horizon 2020”, ad un giornalista che chiedeva come intendesse rispondere la Commissione all’iniziativa cittadina “Uno di Noi”. Un progetto attraverso il quale oltre 1.900mila cittadini hanno chiesto di escludere dai sovvenzionamenti UE progetti di ricerca che comportino la distruzione di embrioni umani.
L’on. Carlo Casini, parlamentare europeo che ha “sposato” e promosso l’iniziativa, nonché presidente del MPV Italiano, ha spiegato la complessità della situazione. Nel 2006 la Commissione fece una dichiarazione, inserita da allora negli Programmi Quadro, in cui si impegnava a non sollecitare domande di finanziamenti di ricerche che comportassero la distruzione di embrioni umani, a non finanziare la distruzione dell’embrione né procedimenti che utilizzino embrioni umani se ciò è vietato in tutti gli Stati Membri (allora 27, oggi 28). Quindi basta un solo stato che ammette la ricerca su embrioni e questo divieto decade.
La UE non deve decidere se è legale o possibile fare ricerche su embrioni, materia su cui decide lo Stato Membro, ma deve decidere sulla gestione dei fondi dell’Unione, cioè se con il denaro pubblico (le tasse dei cittadini) è possibile sovvenzionare ricerche su embrioni umani.
Nella UE la distruzione di embrioni umani ai fini della ricerca è una materia controversa: ci sono Stati Membri dove tale ricerca è illegale, altri dove è legale. La Commissione non impedisce la sovvenzione pubblica di ricerche eticamente controverse. Si obbligano però i cittadini di tutti gli Stati membri, anche quelli che non permettono la ricerca su embrioni umani, a versare le loro tasse per ricerche eticamente dubbie e in certi casi illegali.
L’iniziativa “Uno di Noi” si limita a chiedere che in quelle situazioni, oggettivamente controverse, in cui la ricerca comporta la distruzione degli embrioni, la UE – che non può legiferare in materia – non utilizzi il denaro dei cittadini. Chi vuole fare queste ricerche, seguendo l’ordinamento del proprio stato membro, le faccia chiedendo però sovvenzioni altrove.
“Uno di noi” – afferma Casini- “vuole dimostrare che non è sufficiente la dichiarazione della Commissione perché in pratica permette il co-finanziamento di procedimenti che presuppongono la distruzione di embrioni umani con il contributo economico dell’UE e quindi di noi cittadini. Quel tipo di tutela è insufficiente, lacunosa e ambigua”.
Ana del Pino, coordinatrice Europea di “Uno di Noi” ha dichiarato: “Gli organizzatori dell’iniziativa certamente non considerano questo un modo appropriato di trattare l’iniziativa, e continueranno ad insistere perché la ricerca sia basata su principi etici. E’ possibile ignorare una proposta legislativa sottoscritta da quasi 2 milioni di cittadini senza dare alcuna ragione?”.
“Certamente – aggiunge la coordinatrice – il regolamento delle ECI No 211/2011, dà un margine di discrezione alla Commissione che non può essere illimitato, altrimenti non avrebbe senso fare lo sforzo di organizzare le ECI e di raccogliere 1 milione di firme”. L’obiettivo delle ECI è precisamente di “bypassare il diritto esclusivo della Commissione di fare proposte legislative e di dare tale diritto ai cittadini”, afferma la del Pino.
Se la Commissione imponesse il suo veto ad una iniziativa di successo, le ECI perderebbero di senso. In altre parole, se iniziative popolari come “Uno di Noi” non verranno tenute in considerazione, “questo avrà conseguenze non solo sull’iniziativa in sè ma sull’idea stessa della partecipazione dei cittadini all’UE per combattere il cosiddetto deficit democratico”.