Ancora una volta la stampa internazionale fraintende il ruolo del papato e strumentalizza la popolarità di papa Francesco per contrapporlo a Benedetto XVI, continuando così ad alimentare la “leggenda nera” su quest’ultimo.
Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha diffuso oggi pomeriggio una dichiarazione in cui definisce l’articolo dedicato dall’ultimo numero della rivista Rolling Stone al Santo Padre –protagonista anche della copertina – come “un segno dell’attenzione che le novità del Papa Francesco attira negli ambienti più diversi”.
Tuttavia, il medesimo servizio “si squalifica cadendo nell’abituale errore di un giornalismo superficiale, che per mettere in luce aspetti positivi di Papa Francesco pensa di dover descrivere in modo negativo il pontificato di Papa Benedetto, e lo fa con una rozzezza sorprendente”.
“Peccato – ha commentato padre Lombardi -. Non è questo il modo di fare un buon servizio neppure al Papa Francesco, che sa benissimo quanto la Chiesa deve al suo Predecessore”.
Se da un lato, Bergoglio viene descritto da Rolling Stonecome un “uomo di evidente umiltà, empatia, devozione e disinteresse”, nonché emblema del “conservatore diventato liberale”, destinato a cambiare la storia, Ratzinger, per tutto il suo “disastroso pontificato”, sarebbe rimasto “un austero accademico” e un “tradizionalista duro e puro, che sembrava dover indossare una camicia a righe abbinata a guanti con lame e minacciare gli adolescenti nei loro sogni”.
L’attuale pontefice viene paragonato a Bill Clinton: “A suo agio tra la folla, si nutre di contatti personali e dedica gran parte dell’udienza a salutare i fedeli venuti a trovarlo”.
La copertina dedicata da Rolling Stone a papa Francesco è accompagnata dalla frase The Times They Are A-Changing, che riprende il titolo di una delle più celebri canzoni di Bob Dylan, emblema dei grandi cambiamenti sociali e culturali degli anni ’60, specie nel mondo giovanile.
Secondo Rolling Stone, infatti, Bergoglio sta portando avanti una “rivoluzione gentile”; egli è davvero il Papa dei poveri, con la sua semplicità che conquista la gente comune e la sua sensibilità verso i meno fortunati.
La celebre rivista americana cade però nei cliché tipici della retorica liberal, quando, parlando di papa Francesco, ne mette l’attenzione agli ultimi e le critiche al capitalismo selvaggio, sullo stesso piano del “non-giudizio” – vero o presunto – nei confronti dell’omosessualità.
Una certa cultura progressista (Bergoglio era già stato proclamato “personaggio dell’anno” dalla rivista Time) prosegue quindi nella sua opera di contrapposizione dialettica tra il papa regnante e l’emerito: una vulgata che ha il solo esito di confondere le idee ai fedeli meno smaliziati, nell’illusione dell’avvento di una Chiesa “politicamente corretta” e perfettamente in linea con i canoni del mondo secolarizzato e con lo “spirito dei tempi”.
Si tratta però un teorema vecchio quanto la Chiesa stessa che, fin dai tempi delle eresie ariane e pelagiane, passando per il catarismo medioevale, la riforma protestante e il giansenismo, fino al modernismo condannato da San Pio X e, più recentemente, alla “ermeneutica della discontinuità” dell’ultimo post-Concilio, ha sempre dovuto vedersela con interpretazioni riduzioniste che non rendono giustizia della sua bellezza e completezza, della sua capacità unica di rimanere fedele a se stessa, lungo una storia di due millenni.