La sollecitudine manifestata dalla Chiesa cattolica di porsi “in relazione con il mondo”, nasce da un atteggiamento di “apertura” al mondo stesso, da una chiara presa di coscienza di non contrapporsi e separarsi da esso: “Bisogna conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo nonché le sue attese, le sue aspirazioni e la sua indole spesso drammatiche” così recita la costituzione pastorale Gaudium et spes al n. 4. Potremmo dire che questo atteggiamento è presente nelle motivazioni che hanno spinto Robert Cheaib nel suo libro Un Dio umano. Primi passi nella fede cristiana, Edizioni San Paolo,a concepire un testo che faccia da ponte, interpretando la Chiesa per il mondo, contribuendo a un dialogo aperto, pieno, cordiale, rispettoso.
Affiora leggendo il testo quanto sia forte il desiderio dell’autore di rendere fruibili a tutti, senza distinzione alcuna, i fondamenti della fede cristiana. Da raffinato teologo qual è avverte come sia difficile comunicare e catturare l’attenzione ricorrendo a concetti troppo “alti” e dunque accetta la sfida di adottare un linguaggio semplice, godibile per chiunque, per comunicare, trasmettere contenuti che richiederebbero altrimenti delle lunghe e articolate introduzioni per essere comprensibili.
L’autore vince questa sfida abilmente, ed io credo grazie anche alle sue origini. Egli, infatti, è dotato di quella sensibilità tipica dei cristiani del Vicino Oriente verso la spiritualità, è abituato a viverla quotidianamente, riesce a scorgere il sacro nelle piccole e consuete cose; insomma possiede quella rara, al giorno di oggi, capacità di ragionare pensando in “verticale”. Non sorvola superficialmente la vita ma la vive inabissandosi per potare alla luce le perle che sono adagiate sul fondale e renderle visibili a tutti nel suo reiterato slancio di generosità.
Il testo lo si legge tutto d’un fiato, a me è accaduto così, come se fosse un romanzo appassionante e coinvolgente perché ogni paragrafo suscita domande a cui si è certi di trovare valida ed esaustiva risposta nel prosieguo della lettura…e così è. Il linguaggio e lo stile compositivo, propri dell’autore, forniscono gli strumenti per delineare nettamente il profilo del cristianesimo in modo comprensibile al lettore odierno. Ciò è possibile perché Cheaib non si avvale solamente del supporto dei testi appartenenti al Magistero ma attinge in altri ambiti, come letteratura, pittura, cinema, quegli argomenti che gli permettono di illustrare, ampliando e approfondendo la tematica affrontata nel saggio.
Questo attualissimo modo di comunicare la fede cristiana è in perfetta rispondenza alla linea applicata dalla Chiesa da circa quaranta anni e che vede le sue radici nei testi del Concilio Vaticano II in cui si parla di “segni dei tempi” e del loro discernimento, come abbiamo accennato all’inizio.
Ecco dunque che scrivere per l’autore significa avviare un dialogo con l’uomo del nostro tempo, credente o non credente, riconoscendone le profonde aspirazioni ai valori fondamentali, e le tensioni spirituali dovunque e comunque esse si esprimano, volendo, con tale testo, avviare un dialogo vero con l’altro, qualunque sia la sua provenienza, in sintonia con lo scopo che è quello di dare chiavi di lettura per il presente, avendo lo sguardo rivolto al futuro. Il suo linguaggio è piano, comprensibile, non per «addetti ai lavori» proprio perché non vuole condividere le proprie riflessioni solamente con il mondo cattolico, ma con ogni persona impegnata seriamente nel mondo e desiderosa di maturare il giudizio personale. Dunque leggendo ci è concesso di avvicinarci alla dottrina, ai dogmi cristiani non più con sospetto e ostilità, come genericamente accade, ma possiamo, alla luce delle spiegazioni forniteci dall’autore, scorgere la bellezza, la gentilezza e l’universalità del messaggio cristiano.
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