Non era il centro del suo discorso, ma comunque Bergoglio, nell’omelia di oggi a Santa Marta, una frecciatina l’ha voluta mandare a quel mondo della comunicazione sempre più attento al “rumore di un albero che cade”, piuttosto che a quello “di una foresta che cresce”. Una metafora, questa, con cui il Papa ha contestato la tendenza di giornali e giornalisti a privilegiare la notizia “che un vescovo ha fatto tal cosa o che un prete ha fatto tal cosa”, e tacere su tante opere di carità compiute da “sacerdoti santi” che danno la vita, ogni giorno e silenziosamente.
“Eh sì – ha detto Bergoglio, fingendo il solito dialogo con un fedele – anche io l’ho letto, ma, dimmi, sui giornali vengono le notizie di quello che fanno tanti sacerdoti, tanti preti in tante parrocchie di città e di campagna, tanta carità che fanno, tanto lavoro che fanno per portare avanti il loro popolo? Ah, no! Questa non è notizia”.
Lo ‘sfogo’ del Pontefice è stato il frutto di una riflessione sul valore della “unzione” che Dio concede a vescovi e sacerdoti, rendendo speciale il loro ministero. Se la Chiesa non è una Ong né un’azienda, e presuli e preti non sono capi ufficio – come ha ribadito più e più volte Francesco – è proprio in virtù di questa “unzione” che dona loro la forza dello Spirito per non agire come una organizzazione umana, ma per rendere un servizio al popolo di Dio.
Per spiegare meglio il concetto, il Papa si è soffermato sulla prima lettura del giorno in cui il profeta Samuele racconta delle tribù d’Israele che ungono Davide come re: “Senza questa unzione – ha spiegato il Pontefice – Davide sarebbe stato soltanto il ‘capo di un’azienda’, di una ‘società politica, che era il Regno d’Israele’, sarebbe stato un semplice ‘organizzatore politico’”. Con l’unzione, invece, “lo Spirito del Signore” scende sul giovane, il quale – narra la Scrittura – “andava sempre più crescendo in potenza e il Signore Dio degli eserciti era con lui”.
L’unto è infatti una persona scelta dal Signore, ha affermato il Papa. Vescovi e preti con l’olio crismale ricevuto durante l’ordinazione “sono unti, hanno l’unzione e lo Spirito del Signore è con loro”. Quindi, “non sono eletti soltanto per portare avanti un’organizzazione, che si chiama Chiesa particolare”. È vero pure che “tutti i vescovi siamo peccatori”, ha ammesso il Papa, però “siamo unti” e quindi “vogliamo essere più santi ogni giorno, più fedeli a questa unzione”.
È questo che “dà l’unità alla Chiesa”: “la persona del vescovo, in nome di Gesù Cristo, perché è unto, non perché è stato votato dalla maggioranza”. “In questa unzione – ha aggiunto Bergoglio – una Chiesa particolare ha la sua forza. E per partecipazione anche i preti sono unti”. Inoltre, grazie a questa unzione – ha proseguito – presuli e sacerdoti sono più vicini al Signore che dona loro la forza per “portare avanti un popolo, aiutare un popolo, vivere al servizio di un popolo”; ma anche la gioia di sentirsi “eletti dal Signore, guardati dal Signore, con quell’amore con cui il Signore ci guarda, tutti noi”.
“Al contrario – ha evidenziato il Papa – non si può spiegare come la Chiesa vada avanti soltanto con le forze umane”. Se una diocesi o una parrocchia va avanti è sicuramente perché “ha un popolo santo”, “tante organizzazioni, tante cose”, ma soprattutto perché ha “un unto che la porta, che l’aiuta a crescere”. E la storia spesso si dimentica di questi “unti”, di questi “parroci di campagna o parroci di città, che con la loro unzione hanno dato forza al popolo, hanno trasmesso la dottrina, hanno dato i sacramenti, cioè la santità”.
Ne “conosciamo una minima parte”, ha osservato il Pontefice, “ma quanti vescovi santi, quanti sacerdoti, quanti preti santi che hanno lasciato la loro vita al servizio della diocesi, della parrocchia; quanta gente ha ricevuto la forza della fede, la forza dell’amore, la speranza da questi parroci anonimi, che noi non conosciamo. Ce ne sono tanti!”. Allora, ha concluso il Santo Padre, “pensando a questa unzione di Davide, ci farà bene pensare ai nostri vescovi e ai nostri preti coraggiosi, santi, buoni, fedeli e pregare per loro. Grazie a loro oggi noi siamo qui!”.