Ha ancora senso credere in Dio? (Seconda parte)

Il filosofo Vittorio Possenti spiega come rimettere l’esperienza metafisica al centro della discussione, nel contesto di un nuovo umanesimo condiviso

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La prima parte è stata pubblicata ieri, domenica 26 gennaio 2014.

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Quali sono le caratteristiche della “rivoluzione bio-politica” di cui lei parla lel libro « La rivoluzione biopolitica, la fatale alleanza tra materialismo e tecnica » pubblicato da Lindau?

Prof. Possenti Ieri erano i totalitarismi, oggi può essere la potenza della tecnica quella che introduce i maggiori rischi, poiché la tecnica volge la sua attenzione verso l’uomo come oggetto di manipolazione e di produzione. Produrre artificialmente la persona e cambiarne l’essenza è il più alto (e folle) sogno che l’ideologia della Tecnica sembra nutrire: sogno che rimane tale ma che nel tentativo di essere realizzato comporta per noi grandi rischi.

La rivoluzione biopolitica mira molto in alto in specie con l’ingegneria genetica profonda che interviene sul genoma umano, e con l’idea di arrivare ad una condizione postumana, in cui avverrebbe una sorta di transizione dall’umano ad un’altra realtà che in mancanza di meglio si chiama postumana. Al centro di questa vicenda attualmente in fieri e abbastanza indeterminata si colloca il tema della persona e dell’umanesimo che, da qualunque parte si guardi, risulta del tutto decisivo.

Da una considerazione non superficiale della situazione antropologica contemporanea si evidenzia la necessità di un nuovo umanesimo condiviso, basato sulla realtà della persona e della natura umana, e sulla spiritualità dell’uomo. Ciò significa che l’uomo non è solo materia e natura fisica, ma emerge al di sopra della physis col suo spirito. Spesso le applicazioni più sconsiderate della tecnica hanno alla base l’assunto che la persona è mera materia organica disponibile per ogni trasformazione. Nel dibattito contemporaneo sull’umanesimo rimane poi decisivo mantenere la barriera uomo-animale, che teorie evoluzionistiche tendono in più casi a cancellare.

La mia impressione è che la tesi materialistica sia largamente diffusa nelle scienze (naturali, umane e sociali) e che proprio tale assunto tolga all’essere umano la differenza fondamentale che lo caratterizza in rapporto all’animale ed alla macchina. Ed è a questo incrocio che si innestano le forme radicali di biopolitica che si volgono solo verso la nuda vita biologica immanente, includendo in essa tutto l’uomo. In tal modo si finisce per decostruire l’idea stessa di persona, in certe posizioni sacrificata a favore di un’ambigua idea di impersonale.

Senza dubbio l’uomo contemporaneo è disorientato in un contesto estremamente parcellizzato e di dilagante secolarizzazione, in cui l´esperienza metafisica è considerata alla stregua di una favola o rilegata pudicamente nella sfera privata. Quale orizzonte si apre a chi, per un´esigenza insita nella natura umana e più forte nei momenti di crisi, si pone quelle domande radicali che vanno oltre la contingenza?

Prof. Possenti: Lo spaesamento dell’uomo contemporaneo risulta forte, nel senso che è dis-orientato, incerto, non di rado pronto a cambiare la ricerca della salvezza in ricerca della salute. Chi è in movimento verso un senso si pone  domande metafisiche a cui trova difficile dare risposta. Una strada maestra è quella di riprendere a considerare le esperienze umane elementari del nascere, del vivere, del lavorare, dell’amare e del morire, cercando di vederle in una luce esistenziale, come nuclei primari dell’esistenza che abbisognano di una risposta. Questo allo scopo di rendere abitabile il rapporto con se stessi e con la terra degli uomini. Dobbiamo cercare una vera e propria ecologia umana, senza di cui diventiamo soggetti a depressione e sbandamenti; se non siamo più in grado di rispondere alle domande essenziali la terra ci manca sotto i piedi. Dobbiamo riscoprire quelle esperienze elementari non da soli ma cercando di fare rete con gli altri, di edificare dialogo e comunità contro un individualismo che deprime ed intristisce con le sue continue richieste e pretese. E poi bisogna riprendere a parlare tra le generazioni: la solidarietà intergenerazionale include in primo luogo il tessere ogni giorno la tela dei rapporti intergenerazionali, grande scuola di vita e di senso, evitando che ogni nuova generazione si costituisca in un mondo chiuso e dialoghi solo con se stessa.

Se sapremo riannodare le fila del dialogo tra età diverse, successivamente potranno rinascere e trovare risposta concettualmente elaborata le questioni metafisiche nell’alta cultura e tra i filosofi. Qui vi è un bisogno immenso di pensiero positivo, poiché nichilismo, decostruzionismo, desiderio di ‘distruzione’ della storia della metafisica hanno infierito, mettendo da parte la questione della trascendenza e lasciando l’uomo rinchiuso nella sua finitezza, spesso percepita con un senso ultimo di disperazione. Di fatto l’elogio della finitezza non dura a lungo e spesso si converte in profondo disincanto. Ciò comporta la necessità di un rinnovato sguardo metafisico, di una sapienza metafisica di cui l’essere umano non può fare a meno. Con questa mossa si evita anche che la filosofia da sapere universale si indebolisca con le proprie mani e si riduca ad una delle tante province del sapere umano. Il cammino primario consiste nel passare dal fenomeno al fondamento, sormontando l’atteggiamento postmetafisico e il dubbio sulla possibilità della filosofia di raggiungere la verità, che per molti sarebbe esclusivo appannaggio della scienza.

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Giovanni Patriarca

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