«È forse diviso il Cristo?» (1Cor 1,13). Su queste parole di San Paolo, papa Francesco ha articolato la sua omelia, in occasione dei Vespri conclusivi della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani. Come da tradizione, la liturgia si è tenuta nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, nel giorno della solennità della Conversione di San Paolo.
Il tema della divisione tra i cristiani era attuale nei primi secoli tanto quanto lo è oggi: “Neppure coloro che intendono rifarsi a Cristo possono essere elogiati da Paolo, perché usano il nome dell’unico Salvatore per prendere le distanze da altri fratelli all’interno della comunità”, ha osservato il Papa.
I cristiani di Corinto (cfr. 1Cor 1,13) strumentalizzano il loro “riferimento ad alcune persone significative della comunità”, per diventare “il metro di giudizio della fede degli altri”.
Pertanto, Paolo stimola “ad essere tutti unanimi nel parlare”, a cercare una comunione che però “non potrà essere frutto di strategie umane” ma è possibile “solo in riferimento al pensiero e ai sentimenti di Cristo Gesù (cfr Fil 2,5)”, l’unico che “può essere il principio, la causa, il motore della nostra unità”.
Trovandoci alla Sua presenza “diventiamo ancora più consapevoli che non possiamo considerare le divisioni nella Chiesa come un fenomeno in qualche modo naturale, inevitabile per ogni forma di vita associativa”, ha aggiunto il Santo Padre.
“Le nostre divisioni – ha proseguito – feriscono il suo corpo, feriscono la testimonianza che siamo chiamati a rendergli nel mondo”.
Citando il decreto del Concilio Vaticano II sull’ecumenismo, Unitatis reditegratio, il Pontefice ha ricordato che la divisione tra i cristiani “non solo si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la più santa delle cause: la predicazione del Vangelo ad ogni creatura” (UR, 1).
La certezza che “Cristo non può essere diviso”, deve “incoraggiarci e sostenerci a proseguire con umiltà e con fiducia nel cammino verso il ristabilimento della piena unità visibile tra tutti i credenti”.
Papa Francesco ha poi fatto riferimento all’opera dei suoi predecessori Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, di cui ha disposto la canonizzazione: i due beati pontefici “maturarono lungo il proprio percorso di vita la consapevolezza di quanto fosse urgente la causa dell’unità”, ognuno in modo diverso: “Papa Giovanni aprendo vie nuove e prima quasi impensate, Papa Giovanni Paolo proponendo il dialogo ecumenico come dimensione ordinaria ed imprescindibile della vita di ogni Chiesa particolare”.
In mezzo ai due futuri santi, spicca “Paolo VI, altro grande protagonista del dialogo, di cui ricordiamo proprio in questi giorni il cinquantesimo anniversario dello storico abbraccio a Gerusalemme con il Patriarca di Costantinopoli Atenagora”.
Il cammino ecumenico portato avanti dagli ultimi pontefici, “non si comprenderebbe pienamente il servizio petrino senza includervi questa apertura al dialogo con tutti i credenti in Cristo”.
Guardando “con gratitudine ai passi che il Signore ci ha concesso di compiere, e senza nasconderci le difficoltà che oggi il dialogo ecumenico attraversa, chiediamo di poter essere tutti rivestiti dei sentimenti di Cristo, per poter camminare verso l’unità da lui voluta”, ha detto ancora Francesco.
Di seguito, il Santo Padre ha salutato i rappresentanti ecumenici presenti alla funzione vespertina, citando in modo esplicito il Metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato Ecumenico, e David Moxon, rappresentante personale a Roma dell’Arcivescovo di Canterbury.
A conclusione dell’omelia, papa Francesco ha rivolto a Gesù Cristo la preghiera di aiutarci a mantenere “profondamente uniti a Lui, ci aiuti a superare i nostri conflitti, le nostre divisioni, i nostri egoismi e ad essere uniti gli uni agli altri da un’unica forza, quella dell’amore, che lo Spirito Santo riversa nei nostri cuori (cfr Rm 5,5)”.