L'unità dei cristiani: il desiderio di don Luigi Giussani

L'”ansia ecumenica” del fondatore di Comunione e Liberazione in un’omelia del 1944, pochi mesi prima di ricevere il diaconato

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Il 28 maggio 1944, solennità di Pentecoste, nella basilica del Seminario di Venegono, a Luigi Giussani – ventun anni in attesa di ricevere il diaconato dopo qualche mese – è affidato il compito di pronunciare l’omelia. Un testo rivelatore dell’ansia ecumenica che lo anima, sconosciuta ai più:   

Mi pare che nessun’altra nota caratterizzi meglio l’azione vivificatrice dello Spirito Santo quanto la sua forza di unità. L’unità è la nota essenziale a ogni vita. La tendenza disgregatrice che sentiamo in noi e nelle cose è il richiamo sintomatico del nulla dal quale fummo tratti. L’istinto che ci porta a reagire a questa disgregazione è l’esperienza sensibile della forza conservatrice di Dio che ci diede la vita. […] Per questo l’unità anche esteriore della chiesa è la passione di Gesù: “Ut fiet unum” fino al paradosso “sicut Tu Pater in me et ego in Te”.

È lo Spirito di Gesù che ci obbliga a soffrire perché il nome del verbo incarnato non è stracciato fra tante confessioni diverse. È Lui che non ci lascia in pace e ci fa pregare, mortificare, lavorare, perché la passione del nostro divin amico sia soddisfatta. […] L’unità della Chiesa non è una unità statica, ma protesa a una ineffabile unità finale. Noi siamo gente in flebile attesa, noi desideriamo di vederlo, noi desideriamo di possederlo […]. Ma in noi è una persona, Spirito di Gesù, che ci dà questa orientazione a Lui; […] che fermenta la nostra anima e la tiene sollevata nell’ansia di allentare il sospiro negato, nella soddisfazione di abbracciarlo come Egli è.

Tale desiderio si è accresciuto nel tempo, tanto che dopo cinquant’anni, alla fine degli anni Novanta, affermerà:

L’ecumenismo non è allora una tolleranza generica che può lasciare ancora estraneo l’altro, ma è un amore alla verità che è presente, fosse anche per un frammento, in chiunque. Ogni volta che il cristiano incontra una realtà nuova l’abborda positivamente, perché essa ha qualche riverbero di Cristo, qualche riverbero di verità.

***

[Cfr. L. Giussani, Omelia di Pentecoste. Credo in Spiritum Sanctum Dominum et Vivificantem (Venegono Inferiore, 28 maggio 1944), citata in A., Vita di don Giussani, Rizzoli, Milano 2013, p. 95, 143]  

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ZENIT Staff

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