Domenica scorsa, 19 Gennaio, è stata celebrata la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato sul tema: “Migranti e rifugiati verso un mondo migliore”. E’ stata questa un’occasione per riflettere su una piaga esistita in tutti i tempi della storia. La Santa Famiglia di Nazareth ha dovuto forzatamente lasciare la sua patria per sfuggire dalla persecuzione del re Erode. Giuseppe non avrebbe mai pensato di fuggire dalla Giudea se un angelo non lo avesse invitato a lasciare tutto, portando con se sua moglie Maria e il bambino Gesù (Mt 2, 13-15). Essi hanno sperimentato la condizione di migranti e rifugiati, e per questo sono sempre vicini a tutti coloro che vivono questa esperienza di vita. La fede in Gesù ci invita a credere che non solo Egli accompagna i migranti e rifugiati; Egli si identifica con ciascuno di essi (Mt 25, 31-46). Allora la questione diventa: come accogliere questa gente disperata che lascia i suoi affetti per dirigersi verso un mondo migliore?
Ai tempi della Santa Famiglia le frontiere degli stati avevano meno barriere burocratiche. Il Vangelo ci parla di una fuga in Egitto, e di una breve permanenza in una terra straniera, che ha avuto il grande merito di accogliere il Figlio di Dio. Oggi assistiamo ad un fenomeno abbastanza differente, forse peggiorativo rispetto ai tempi di Gesù. Gli stati hanno innalzato delle barriere invalicabili, per frenare i flussi migratori di esuli provvenienti da paesi che versano in gravi situazioni economiche e politiche. Se si tratta di scambio di merci, allora è possibile per le istituzioni internazionali legiferare per creare dei varchi di passaggio. Se si tratta di persone da accogliere, le stesse istituzioni decidono di chiudere le porte delle frontiere, attuando l’espulsione invece dell’accoglienza, il rimpatrio invece dell’integrazione, i centri di accoglienza temporanei invece di individuare soluzioni di stabilità.
La tratta di questi migranti è una diretta conseguenza della condizione d’illegalità creata dagli stati che chiudono le loro frontiere. La chiusura delle frontiere conduce all’apertura del malaffare e dello sfruttamento da parte delle organizzazioni criminali. Ricordiamoci che le porte dell’Egitto erano aperte, la Santa Famiglia di Nazareth è entrata ed è uscita senza passare dalle strettoglie della burocrazia. Se ci pensiamo bene, questa apertura ha salvato non solo la vita di Gesù, ma anche quella dell’umanità intera. Ogni vita ha un valore eterno, per questo l’accoglienza non deve escludere nessuna persona, perchè creata ad immagine e somiglianza di Dio.
La giornata mondiale del rifugiato e del migrante permette alla Chiesa di accendere i riflettori su una delle parole che tutti ci sentiremo ripetere nel giorno del giudizio: “Ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25, 35), oppure “ero forestiero e non mi avete ospitato” (Mt 25, 43). Allora capiamo bene che l’accoglienza dei migranti non acquista solo un significato politico, umano e sociale, ma soprattutto assume un valore escatologico. Dare accoglienza in questo mondo per ricevere nel Regno dei Cieli, da parte di Dio, una dimora eterna nella quale partecipare con gioia al banchetto senza fine. E’ un dare per poco, per avere sempre, non dimenticando mai la logica di Dio, che dona abbondantemente, prima di chiedere all’uomo di condividere quello che ha ricevuto.
Allora è giunta l’ora che ognuno di noi non deleghi questa responsabilità alle sole istituzioni preposte, lamentandoci del loro operato. Le nostre città sono piene di migranti, e questo costituisce una valida occasione per offrire una qualche forma di accoglienza, che faciliti l’ingresso di questi forestieri nella nostra società. Offrire un contratto di lavoro regolare, rendersi disponibili ad aiutarli per ottenere un permesso di soggiorno stabile, pagare una giusta retribuzione, rispettare le festività comandate, sono tutti accorgimenti da adottare che favoriscono una buona integrazione.
I migranti sono viaggiatori alla ricerca di un paese dove stabilizzarsi. Questa è la stessa condizione di ogni essere umano che cammina per le vie di questo mondo in attesa di poter essere accolto nella patria definitiva del cielo. Domandiamoci se, questa dimensione del pellegrinaggio della vita terrena dell’uomo, non è troppo spesso dimenticata da tutti noi, e se questa sorda dimenticanza possa essere la radice più profonda dell’inospitalità dei migranti.
La ricchezza radica l’uomo in questo mondo e gli chiude la visuale della vita del cielo. Il più grande inganno dei beni materiali in eccesso è quello di eliminare la dimensione del pellegrinaggio della vita umana, rendendola una vita stanziale che allontana il pensiero della morte. Le ondate migratorie, così numerose nei nostri giorni, servono proprio per infrangere l’incredulità di un mondo, che pensa di navigare a vista, senza considerare che la barca della sua vita dovrà giungere sulle sponde della morte, per salpare nuovamente nella vita eterna.