Prima Lettura Is 49,3.5-6
Nulla da rilevare.
Seconda Lettura 1Cor 1,1-3
Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è in Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo…
Abbiamo qui un punto che contraddice la tesi geovista secondo la quale nella Bibbia non esiste l’insegnamento che si può pregare Gesù.
Vangelo Gv 1,29-34
(…) Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui… L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo… questi è il Figlio di Dio.
La NM ovviamente rende sempre “lo spirito” con la “s” minuscola, anche quando si dice chiaramente che è “spirito santo” e che perciò, nella nostra versione CEI ha le “S” maiuscole perché Persona divina (come abbiamo già detto e motivato domenica scorsa parlando di teofanìa trinitaria).
Invece la NM non batte ciglio nel tradurre anche lei “questi è il Figlio di Dio”, pur non credendo che Gesù sia Dio incarnato. La Lettura ci offre l’estro per parlare un po’ approfonditamente del primo versetto del Prologo di Giovanni (come avevamo promesso). Sarà un pò faticoso ma non si può semplificare ciò che è complesso utilizzando poche parole, soprattutto se i più dell’uditorio non sono adusi a riflessioni articolate. Si ricordi che il geovismo prepara i suoi “proclamatori” con decine e decine di colonne delle sue riviste, invitandoli a cinque ore di studio settimanali nella Sala del Regno, oltre a quello che devono fare a casa e nel “servizio di campo”.
GIOVANNI 1,1
Chiunque si è cimentato nel confronto dottrinale su Giovanni 1,1 ha scoperto la singolarità della concezione geovista che è capace di ammettere: 1) Che Gesù è il Figlio di Dio; 2) che la Bibbia gli assegna anche il titolo di “Dio” con la maiuscola; titolo che dovrebbe essere riservato a Geova!*; 3) che ha perfino natura divina! Eppure… eppure non è Dio come lo è il Padre ma è solo “un dio”, un semplice “potente” rispetto all’Iddio Onnipotente. Il tutto è appeso ad un certo modo di intendere la “natura divina” di cui diremo tra poco, e vedremo anche la stranezza-pretesa di fondare la propria convinzione su una regola grammaticale che dimostra proprio il contrario della tesi geovista. Ma andiamo per ordine…
Secondo la nostra comprensione della verità-realtà divina – che noi percepiano necessariamente analogata ai nostri concetti umani, altrimenti saremmo nella pura ineffabilità non potendo concepire neanche cosa significhino i termini Dio, eternità, verità, peccato e quant’altro – per noi è sufficiente apprendere dalla Bibbia che Gesù è il Figlio di Dio incarnato e noi figli per adozione per ricavare, in prima battuta, che egli, essendo Figlio naturale, ha la stessa natura divina del Padre e perciò è Dio, così come (ecco l’analogia!) mio figlio è pienamente uomo perché ha la stessa natura umana che io gli ho donato generandolo.
Pertanto Giovanni 1,1 che alla terza riga dice “e il Verbo era Dio” è pienamente confermativa di questa nostra comprensione. Avvalorata poi dall’evangelista stesso che, come abbiamo già visto, sia dalla prima riga che nel prosieguo del prologo, enumera varie caratteristiche divine del Figlio-Verbo-Logos-Parola.
Invece il geovismo, da questa terza riga, collegata con le due precedenti, cioè da tutto il versetto, ritiene di poter ricavare che il Figlio non è Dio. Oppure lo è ma solo se si dà al termine “DIO” un valore di aggettivo, che equivarebbe a “potente” e se perciò lo si scrive di conseguenza con la “d” minuscola per indicare la sua inferiorità rispetto a Geova che sarebbe l’unico “Dio Onnipotente”. Questa convinzione verrà poi affiancata a quella sullo “spirito santo” al quale viene tolta la personalità riducendolo a “la forza attiva di Geova”, per concludere che il più alto dogma di fede della cristianità, la tripersonalità divina o Trinità, non è una verità biblica ma un’invenzione umana. Sarebbe addirittura un’idea demonica mutuata da “triadi pagane”.
Per spiegare questa sua posizione il geovismo si rifà al testo originale greco, perché in esso c’è un elemento importante per la sua tesi, che nella versione italiana non compare e che i traduttori della NM ritengono (a torto) sottinteso in greco e da esplicitare in italiano: l’articolo indeterminativo “un”; articolo che viene messo a confronto con l’articolo determinativo “il”, che pure non compare in italiano ma che nella lingua greca esiste, (ma questo a loro non serve e difatti omettono di tradurlo come lo omettiamo noi). Esaminiamo dunque l’originale e le due versioni a confronto:
En archè en o lògos
In principio era il Verbo (CEI)
In principio era la Parola (NM)
kài o lògos en pros ton theòn
e il Verbo era presso Dio (CEI)
e la Parola era con Dio (NM)
kài theòs en o lògos
e il Verbo era Dio (CEI)
e la Parola era un dio (NM)
Anzitutto va detto che siamo d’accordo (e lo si vede dalle traduzioni) che nell’ultimo versetto il soggetto è il lògos, anche se è posto a fine versetto. Infatti ipotizzare che il soggetto fosse theòs che cioè si dovesse leggere “e Dio era il Verbo” o, geovisticamente, “e Dio era una Parola” significherebbe mettere l’evangelista in contraddizione con se stesso facendogli negare ciò che ha appena detto nella seconda riga, ove ha distinto chiaramente il soggetto lògos-Verbo dal soggetto theòs-Dio. (theòn è il caso accusativo di theòs).
E siamo anche d’accordo nel ritenere che il theòs che compare nella seconda riga è Dio Padre.
Molte volte, nel NT, Dio Padre che potrebbe essere espresso con “o patèr” viene indicato con “theòs” o anche con l’articolo “o theòs” e bisogna fare riferimento al contesto (come in questo caso) per capire che si tratta di Lui. Contesto che però, appunto nella terza riga del prologo, permette di escludere che il termine theòs indichi la sua persona come invece la indica nella seconda riga. In effetti l’ultimo theòs indica la divinità del verbo, la sua natura, che l’evangelista dichiara identica a quella del Padre. E alla fine del prologo, dicendo che il verbo era “nel seno del Padre” ci fa capire che la sua natura divina non è separata ma è la stessa ed unica in cui consiste il Padre.
Cosa è dunque che rende l’interpretazione geovista diametralmente opposta alla nostra? Due cose mal capite da parte dei dirigenti della WT; o forse ben capite ma mal utilizzate, e ci auguriamo incolpevolmente preferendo attribuire la cosa a carenza di cultura teologica. La prima è una regola grammaticale del greco. La seconda un concetto particolare di “natura divina”.
1)- Rifacendosi a regole della lingua greca il geovismo ricorda che quando un nome è preceduto dall’articolo esso indica la persona del soggetto. In greco (come ancora in certe zone d’Italia) se lo scrittore deve dire “Alessandro Magno fece…” non dice così ma ci mette l’articolo determinativo “L’Alessandro Magno fece…”. E’ praticamente così anche in Italia dove al posto di Bastiano, Teresa, mia moglie… si sente dire “El bastian… la Teresa… la moglie…”.
In questo caso, applicando (ma evidentemente qui nel prologo non lo hanno ritenuto necessario), gli stampati geovisti invece di dire “Dio Onnipotente” dicono “l’Iddio Onnipotente”.
Ed ecco una prima stranezza. I teologi della WT sostengono che le Scritture indicherebbero la piena divinità del Verbo se non parlassero di lui come de “il Figlio di Dio” ma se avessero scritto “Dio il
Figlio”, il che in italiano è un’espressione incomprensibile.
Una seconda regola del greco riguarda l’articolo indeterminativo, che in greco non esiste ma che può essere sottinteso ed esplicitato in Italiano per rendere più scorrevole la proposizione.
Poi c’è una regola che esiste anche in italiano e che riguarda il “predicato nominale”, quello che si esprime con la copula del verbo essere congiunta ad un aggettivo o apposizione. Orbene il predicato nominale esprime la natura di una cosa. Se dico che le tenaglie sono “ferro” intendo dire che sono “di ferro” di natura ferrosa. Ed ecco che il ragionamento geovista prende corpo dicendo: dato che del Verbo si dice che è Dio (e non “il Dio”!) la Scrittura vuole indicarci non la sua persona ma la sua natura. Vedi le ricercate ed esibite conferme in vari traduttori che rendono “e la Parola era divina”. Ma siccome per il geovismo la parola “dio” significa solo potente, ecco che S. Giovanni, riguardo al Figlio, qualificandolo “theòs” voleva dirci niente di più che era “potente”, e siccome “ci sono molti dèi e molti signori”, tutti inferiori a Geova, lo ha inquadrato come loro dicendo, con il predicato nominale, che era “un dio”, un semplice “potente”.
2)- La nozione di “natura divina” riconosciuta al Verbo – stranamente perché così facendo il geovismo usa doppio peso e doppia misura! – al geovismo non crea difficoltà, perché significherebbe semplicemente che il Verbo=Michele arcangelo ha un “corpo spirituale” esattamente come lo ha Geova, gli altri angeli e poi gli Unti. Ma a questo è appunto un usare doppio peso perché sappiamo tutti quanto il CD si sbracci nell’insistere che (come dice la Bibbia!) la parola “DIO” significa solo potente, cioè consiste in un aggettivo; e poi invece, qui, per Giovanni 1,1 salta fuori che significherebbe il possesso della natura divina. Possesso che, per la comprensione di tutta la cristianità rende il Verbo uguale in divinità al Padre ma che il geovismo accetta solo ridimensionandola all’aver un corpo spirituale come l’hanno tanti altri soggetti che non sono “Dio” con la maiuscola ma solo piccoli “dèi”.
E’ un ragionamento di una contorsione unica che, mentre cerchi di costringerlo ad essere logico, ti sfugge come un’anguilla. Ecco il perché di tanti tentativi inutili da parte di pazienti esegeti.
3)- Ma ragioniamo ancora sul fatto che il predicato nominale indica (ed è vero) la natura e non la persona. Noi, che su questo siamo d’accordo, e da questo traiamo appunto l’idea che il Verbo è Dio pienamente quanto il Padre (appunto perché “generato, non creato” e perciò Figlio naturale e non adottivo) rendiamo questa sua qualifica in italiano senza l’articolo indeterminativo. Non serve, non ha senso metterlo! E il fatto che in greco non vi sia, non dipende dalla volontà di Giovanni di non usarlo ma risponde a una regola grammaticale “praedicatum caret articulo” ci ricorda lo Zerwick, cioè non ce l’ha, non lo usa. E quindi sì, allude alla natura, ma nel senso appunto di dire che il Verbo è “Dio” senza essere “Dio Padre”, ovvero indica in Dio (almeno qui) la compresenza di due persone ben distinte nella stessa ed unica natura. Insomma al geovismo fa difetto la concezione di natura di divina che, così com’è intesa da lui, è ben diversa dal significare l’essere, la sostanza in cui le divine Persone vivono e che essendo infinita non può essere che unica. Così che quando il verbo dirà di sé “tutto quello che il Padre ha è mio… io sono nel Padre e il Padre è in me… chi vede me vede il Padre… ecc…” e quando risusciterà lazzaro, e se stesso in nome proprio, e avocherà a sé il potere di risuscitare tutti nell’ultimo giorno… egli lo fa senza usurpare le prerogative del Padre ma perché fa riferimento a quel possesso dell’onnipotenza che risiede nella e scaturisce dalla unica natura divina che Egli ha in comunione con il Padre; quella in cui il Padre lo ha generato e lo genera da prima del tempo e per l’eternità.
Se quindi noi oggi chiedessimo ad un grecista, ignaro di queste due diverse vedute delle nostre fedi cattolica e geovista, come avrebbe dovuto fare San Giovanni nell’ipotesi che avesse voluto indicarci la parità in natura divina tra Padre e Figlio (intendendo per natura la sostanza divina) e mantenendo al contempo la distinzione delle persone, e quindi ammettendo una “binità” di persone in una sola sostanza, egli ci risponderebbe: “Esattamente come ha fatto, usando per il Figlio-Verbo il predicato nominale, non potendo mettere davanti all’ultimo theòs né un articolo indeterminativo che non ci vuole appunto se si vuol indicare la natura, né un articolo determinativo che avrebbe confuso il Verbo indicando che egli non sarebbe altro che la persona stessa del Padre; cosa questa che avrebbe non indicato l’unicità di Dio ma avrebbe distrutto l’esistenza del Verbo come altro soggetto indicato nel primo rigo e inquadrato come distinto da Dio-Padre nel secondo.
Volendo scendere più terra terra (gli antichi dicevano si parva licet componere magnis) – e quindi avvertendo che ci si spinge a una esemplicicazione che è solo in parte accettabile -, volendo, dicevamo, aiutarci con un paragone molto intuitivo, potremmo usare il minerale che chiamiamo ferro e dire che si potrebbe analogare il concetto di ferro alla natura del minerale e il concetto di persona alla forma che esso può avere. Così abbiamo, a livello umano, che la forma di un blocco di ferro è ben diversa da quella delle tenaglie che venissero tratte da una parte di esso, pur mantenendo entrambi questi oggetti la stessa natura di ferro. E dicendo che le tenaglie sono ferro si intende proprio dire che quanto ad essere ferro esse hanno tutto ciò che ha il blocco da cui sono state originate e viceversa, mentre quanto alla forma restano numericamente due cose ben distinte e distinguibili. Ma, si noti, le proprietà chimiche e fisiche che tali cose hanno derivano dalla loro natura e non dalla forma. Durezza, peso atomico, capacità magnetica, malleabilità, conduttività elettrica ecc… sono identiche in entrambe queste cose. Ciò che rimane e rimarrà eternamente sarà la derivazione delle tenaglie dal blocco di ferro iniziale (da analogare alla generazione). Nel caso del Figlio di Dio l’esempio materiale, che è condizionato dalla spazialità della materia (signata quantitate direbbero gli scolastici), va corretto perché nella generazione divina il Figlio è sì generato dalla sostanza paterna ma non ne è stato mai separato vivendo autonomamente, né l’ha perduta incarnandosi.
Dulcis in fundo, a complicare ulteriormente il desiderio di capire rigettando la chiarificazione in alto mare, ecco che il CD si inventa di equivocare con i concetti di natura e persona attribuendo alla posizione trinitaria una tesi che non corrisponde al vero; cioè accusandoci di credere che il Padre e il Figlio siano la stessa Persona. E’ quanto si evince dal ragionamento che si legge a pag. 39 di Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca (ma anche in altre pubblicazioni) ove si inizia enunciando correttamente la tesi cattolica dell’unità di natura nella trinità di persone, mostrando così di conoscere la distinzione precisa di questi concetti e di come noi li usiamo; ma poi si argomenta che Gesù si è rivolto a Dio in preghiera (ma certo, al Padre, persona altra da lui!) e perciò “Se Gesù fosse stato l’Iddio Onnipotente, non avrebbe rivolto una preghiera a se stesso vero?” Ma qui si equivoca identificando la natura con la persona. Cosa mai sostenuta da nessun membro della cristianità. E’ incredibile ma è scritto proprio così. E al nostro paziente TG che ci segue amichevolmente abbiamo tutto il diritto di chiedere come qualifica una strategia siffatta del suo CD? Accusare il proprio avversario di sostenere una tesi illogica per poi poterla facilmente ridicolizzare rientra nella onestà di chi cerca la verità, e per giunta dice di volere il bene dell’avversario?
E ch
iudiamo non senza un doveroso accenno a parallele incongruenze del geovismo, come quella della critica che il CD rivolge ai concetti di natura e persona perché derivanti da filosofia greca e non presenti nella Bibbia, senza poi rendersi conto che esso stesso li usa nella sua teologia; cosa che necessariamente deve fare per ragionare sulla persona della Parola che distingue dalla persona del Padre negando che la Parola abbia la stessa numerica natura increata ed eterna in cui vive il Padre ma asserendo che ne ha una propria creata e non eterna.
Anche la tesi che ci voglia per forza l’articolo determinativo in greco per poter alludere alla persona non corrisponde sempre al vero. In Giovanni 10,33 abbiamo che i giudei accusaroso Gesù di bestemmia dicendo “perché tu, che sei uomo, ti fai Dio” (CEI) nel greco abbiamo “òti sy ànthropos on poièis seautòn theòn“. Non esiste l’articolo determinativo davanti a theòn, e il CD che, in corenza con quanto fatto in Giovanni 1,1 per il Verbo che era “un dio”, traduce “perché tu, benché sia uomo, fai di te stesso un dio”; ma va in contraddizione sostenendo che la parola Dio significhi semplicemente “potente”. La pretesa di Gesù, dimostrata coi miracoli, di essere “un potente” non poteva costituire bestemmia ma era legittima rivendicazione delle proprie facoltà. Quindi i giudei videro nei discorsi di Gesù la pretesa di sostituirsi a Dio; quel theòn senza articolo determiantivo per loro voleva dire “Dio” in senso proprio. Per loro capire che era possibile che il Figlio avesse le prerogative divine del Padre senza scalzare la di Lui persona, anzi facendo tutto per la di Lui gloria era un mistero che non sono riusciti a credere, nonostante che Gesù lo dichiarasse apertamente. Se fossero stati logici fino in fondo avrebbero dovuto accettarlo almeno in base alle opere, come Gesù stesso li invitò (e invita ancora noi tutti) a fare. (cf Giovanni 10, 37-38)
*
NOTE
* Sono testi preziosi. Li citiamo di peso dalla stessa NM:
– Poiché ci è nato un fanciullo, ci è stato dato un figlio; e il dominio principesco sarà sulle sue spalle. E sarà chiamato col nome di Consigliere meraviglioso, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace. (Isaia 9,6)
– Rispondendo, Tommaso gli disse: “Mio Signore e mio Dio!” (Giovanni 20,28)
– E noi siamo uniti al Vero, per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo. Questi è il vero Dio e la vita eterna. (1 Giovanni 20,28)