Lettura
Oggi il Vangelo ci fa incontrare un lebbroso. È l’unico di cui ci parla l’Evangelista Marco, ma Gesù ne ha incontrati tanti, e verso di loro ha sempre avuto cura e attenzione. È una categoria forse sconosciuta per noi, ma a quell’epoca la lebbra era una malattia diffusissima, considerata impura al punto che escludeva dalla comunità chi ne era affetto. Ma a Gesù questo non importa: si avvicina a lui e lo tocca! Lasciamoci attrarre dalla sua tenerezza che sana le ferite più brutte che nascondiamo in fondo a noi stessi!
Meditazione
La lebbra, intesa come impurità e non come malattia, ci fa sentire tutti in gioco, perché è più facile essere impuri che lebbrosi. Ci si può riconoscere nei panni dell’uomo impuro che chiede di essere purificato perché solo i puri di cuore possono vedere Dio (cfr. Mt 5,8). C’è un bisogno di purezza che può essere accolto ed esaudito solo da Gesù. Nel Vangelo, la purificazione avviene in maniera subitanea, perché soprannaturale. Per noi procede per vie più ordinarie, anche attraverso prove, ma per far ritorno ad una purezza originaria che ci permette di stare in comunione con Dio e con gli altri. Il lebbroso riconosce in Gesù colui che solo può salvarlo e guarirlo: Lui può! La lebbra può essere anche una malattia interiore, una ferita. “Lo toccò”. Gesù tocca la parte più impura, che a volte noi stessi non vogliamo vedere ma che Lui conosce. Solo il suo intervento può cambiare le cose. Quando fai i conti con la sconfitta, l’invocazione che rivolgi a Lui è questa, e c’è la certezza che la sua risposta sia sempre questa: “lo voglio, sii purificato”. Chiedere a Lui, significa mettere da parte se stessi, riconoscere l’incapacità nel gestire la propria “lebbra”, affidare tutto a Dio. Siamo vasi di creta (2Cor 4,7) e quando sperimentiamo la nostra fragilità, solo allora chiediamo aiuto a Dio e la sua risposta è sempre sì. “Se tu vuoi”, sono le parole di una supplica fatta in ginocchio, un atto di chi sperimenta la disperazione. Non impone nulla a Gesù ma gli dice “se vuoi”. La prima cosa che Gesù fa è quella di amare chi a lui si rivolge: ha compassione e la guarigione ne è il frutto. Al termine del Vangelo c’è quasi un ribaltamento di ruoli: l’uomo resta in città a proclamare la guarigione mentre Gesù, come un lebbroso, resta fuori dalla città.
Preghiera
«O fonte della vita, unico creatore e reggitore dell’universo; a causa dell’orgoglio personale, si ama solo una parte di te, un’immagine falsa. Allora si ritorna a te con umiltà, e tu ci purifichi dalle cattive abitudini, sei indulgente verso chi si riconosce peccatore, ascolti il pianto di coloro che hanno i ceppi ai piedi, ci liberi dalle catene con cui ci siamo imprigionati da noi stessi». (Sant’Agostino, Confessioni,III, 8). Grazie, Padre immensamente buono. Amen.
Agire
Reciterò la coroncina alla Divina misericordia.
Meditazione del giorno a cura delle Monache Agostiniane della Comunità Santi Quattro Coronati a Roma, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it