Già verso il 1218 san Francesco fu presente nella parte dell’Umbria meridionale, ossia la zona di Terni, e in seguito alla sua predicazione penitenziale-esortativa alcuni vollero unirsi ai frati Minori, tra cui Berardo da Calvi, Pietro da Sangemini, Ottone da Stroncone, Accursio e Adiuto. Raggiunta Assisi furono inviati in missione presso i saraceni, e precisamente i musulmani del Marocco; raggiunsero il Portogallo e si fermarono a Coimbra, nel Monastero di Santa Croce. Si imbarcarono poi dalla Spagna per il Marocco con don Pedro, infante di Portogallo che li accolse nella propria casa a Marrakech. Qui, sprezzanti del pericolo, cominciarono a predicare la fede di Cristo nelle vie e nelle piazze. Condotti dinanzi alle autorità locali e imprigionati, furono rilasciati con l’ordine di non predicare più il nome di Cristo! Ma continuarono con estremo coraggio ad annunciare il Vangelo e per questo furono crudelmente torturati e infine decapitati il 16 gennaio 1220. Quando la notizia raggiunse san Francesco questi esclamò: «Ora posso dire di avere veramente dei frati Minori». In fondo essi ottennero la palma del martirio, ossia della testimonianza radicale del Vangelo fino a dare la vita, e questo non fu l’ultima motivazione che spinse lo stesso frate Francesco a recarsi in Oriente dove incontrò il sultano Malek-el-Kamil.
Il martirologio narra che nel momento in cui le loro anime spiccarono il volo per il cielo, apparvero in Alenquer alla loro benefattrice, Sancha, la quale stava pregando nella sua stanza; la principessa in ricordo dell’avvenimento, trasformò poi quella camera in oratorio.
I corpi dei santi martiri furono gettati con le loro teste mozzate, fuori del recinto del palazzo reale di Marrakech. La folla se ne impadronì e tra urla e oltraggi li trascinò per le vie della città, infine li espose sopra un letamaio perché fossero divorati da cani e uccelli. Un improvviso temporale mise in fuga la gente e diede ai cristiani il modo di raccogliere i resti dei martiri e trasportarli in casa di don Pedro. Questi fece costruire due casse d’argento di diversa grandezza; nella più piccola depose le teste, nella più grande i corpi degli uccisi. Quando ritornò in Portogallo portò con sé le reliquie dei cinque francescani che furono portate a Coimbra; qui, essendo troppo angusta la cappella del romitorio di Olivares, furono deposte nella Chiesa di Santa Croce dove sono ancora conservate.
Tutto il Portogallo fu colpito e commosso da questa vicenda; più di tutti ne fu colpito Fernando Martinez: “Li aveva conosciuti di persona pochi mesi innanzi: quando si inginocchiò sulla loro tomba, sentì che più nulla avrebbe inceppato la sua risoluzione: anche lui doveva partire verso le terre dei mussulmani e morirvi martire. Forse intendeva immolarsi per riparare le colpe ommesse dal suo priore traviato, riottenere da Dio giorni migliori per i confratelli tribolati di Santa Croce. Per realizzare il suo sogno comprese che la via più sicura era di farsi francescano”.
Come detto sopra, quando i corpi dei cinque frati uccisi a motivo della fede dal Marocco giunsero a Coimbra, la loro testimonianza impressionò talmente il canonico agostiniano Fernando da Lisbona, che volle entrare nei frati Minori onde anche lui conseguire la vittoria del martirio, verso il quale aveva una grande ammirazione come testimoniano alcuni passaggi dei suoi Sermoni. Prendendo l’abito minoritico, cambiò anche il nome in quello di Antonio e imbarcatosi verso le terre del Marocco, a motivo di un naufragio si ritrovò in Sicilia, da cui raggiunse Assisi per partecipare al Capitolo dei frati Minori. Incontrato san Francesco presso la Porziuncola, al termine del raduno, dopo un periodo di vita eremitica, raggiunse Padova dove si dedicò alla predicazione fino alla sua morte; canonizzato nel Duomo di Spoleto da papa Gregorio IX sarà ricordato come sant’Antonio di Padova e il suo culto ebbe una diffusione straordinaria.
La tradizione vuole che per raggiungere Assisi sant’Antonio passò anche per il territorio di Terni-Narni-Amelia e in questo modo restituì quanto ricevette dalla testimonianza dei Protomartiri francescani. Parafrasando un’espressione dei primi secoli cristiani, possiamo dire che “il sangue dei protomartiri francescani fu il seme della vocazione minoritica di sant’Antonio di Padova”
Molti miracoli furono attribuiti da subito all’intercessione potente dei cinque martiri mentre pene e sofferenze colpirono chi aveva fatto scempio dei loro corpi: al Sultano si paralizzò il braccio con cui aveva infierito sui frati e tutto il suo regno fu colpito da moria del bestiame, alluvioni e carestia. Di contro, semplicemente accostandosi alle reliquie dei martiri, si verificarono guarigioni prodigiose di ciechi e paralitici e furono scacciati demoni. Ma “la gemma più preziosa” che la loro cruenta testimonianza donò all’ordine serafico fu Fernando Martinez divenuto frate Antonio. Quei giovani che erano stati affascinati dalla vita di san Francesco non tornarono più nella loro terra, perché l’amore a Cristo, sull’esempio di san Francesco, li aveva spinti a dare la vita per Lui.
Accursio, Adiuto, Berardo, Ottone e Pietro, Protomartiri francescani, furono canonizzati nel 1481 dal frate minore Francesco della Rovere, divenuto papa con il nome di Sisto IV. La famiglia francescana celebra la loro festa ogni anno il 16 di gennaio, giorno del loro “dies natalis”.
La Pontificia Università dei Frati Minori, in Roma è intitolata a sant’Antonio da Padova, Dottore della Chiesa, a cui san Francesco affidò il compito di insegnare la teologia ai frati. La festa dell’Università, nel cui stemma è riportato il motto “in santità e dottrina”, si celebra ogni anno il 16 gennaio, giorno in cui la liturgia fa memoria dei Protomartiri francescani, in armonioso richiamo tra la dottrina del primo Dottore dell’Ordine, e la testimonianza di sangue dei Primi Santi martiri Francescani.
In onore di sant’Antonio fu consacrata il 13 giugno 1935 a Terni una chiesa al cui interno il 13 giugno 2010 sono state collocate le reliquie dei Protomartiri giunte appositamente dalla Diocesi di Coimbra. La partecipazione assidua ai sacramenti da parte dei fedeli, che dalla città e dal circondario continuano ad accorrere in questo luogo, nonché la santità che queste mura richiamano, hanno fatto sì che il 13 giugno 2010, nella ricorrenza dei 790 anni dal martirio dei santi frati minori Berardo da Calvi, Pietro da San Gemini, Ottone da Stroncone, Accursio e Adiuto (1220-2010), questo edificio fosse elevato a Santuario antoniano dei Protomartiri francescani.
E poiché tutto il territorio di Terni fu santificato dalla presenza di questi santi francescani, oggi è possibile chiamare a pieno titolo questo lembo di terra umbra la Valle dei Protomartiri, incastonata tra la ValleSpoletana, tanto cara al Santo di Assisi, la Valle Santa di Rieti e la TusciaViterbese che a Bagnoregio diede i natali al dottore serafico san Bonaventura.
Esperia Urbani
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Bibliografia
E. Urbani, Protomartiri Francescani, Velar-ElleDiCi, Gorle 2009.
G. Cassio, Oltre Assisi. Con Francesco nella Terra dei Protomartiri attraverso l’Umbria Ternana, Velar-ElleDiCi, Gorle 2010.
G. Cassio, Chiesa Sant’Antonio di Terni. Santuario antoniano dei Protomartiri francescani, Velar-ElleDiCi, Gorle 2011.
Dai Protomartiri francescani a sant’Antonio di Padova. Atti della Giornata Internazionale di Studio (Terni, 11 giugno 2010) a cura di L. Bertazzo – G. Cassio, Ed. Centro Studi Antoniani, Padova, 2011.
Passione e altre fonti in traduzione italiana in:
http://www.assisiofm.it/protomartiri-francescani-2397-1.html
http:/
/www.assisiofm.it/sull-iconografia-di-sant-antonio-di-padova-3047-1.html