Dentro la spiritualità di una delle più grandi mistiche italiane (Seconda parte)

Angela da Foligno nelle parole di Alessandra Bartolomei Romagnoli, docente alla Pontificia Università Gregoriana e autrice di un libro sulle mistiche medievali

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Pubblichiamo oggi la seconda ed ultima parte dell’intervista con la professoressa Alessandra Bartolomei Romagnoli. Lprima parte è stata pubblicata ieri, lunedì 13 gennaio.

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Quale risposta si è data Angela?

Bartolomei Romagnoli: Angela conosce e si unisce a Dio attraverso l’amore perché Dio è amore. Ma questa esperienza amorosa è al tempo stesso un’esperienza di dolore: il luogo dell’incontro con l’Amato è la croce. Come per Francesco, anche per Angela il Dio che si rivela all’uomo, in Cristo, è un Dio sofferente. D’altro canto quand’è che il poverello di Assisi incontra Dio e si converte? E’ Francesco stesso a dirlo nel suo Testamento, quando riconosce nel volto del lebbroso il volto stesso di Dio al punto che, baciandolo, l’orrore iniziale si trasforma in dolcezza di anima e corpo.

Angela vive la stessa esperienza. Uno dei pochi fatti della sua vita raccontati nel libro è la visita a un lebbrosario vicino Foligno, a Corsciano, dove va a servire i lebbrosi e beve l’acqua marcia delle loro piaghe come fosse una specie di eucarestia. Come Francesco, la santa folignate vede nella povertà e nella sofferenza dei lebbrosi l’immagine stessa del suo “Gesù passionato”, che ha umiliato la sua natura divina facendosi uomo per amore degli uomini. Parte da questa esperienza, ma poi man mano che progredisce nel cammino spirituale ne fa altre, più alte e profonde, fino ad entrare in contatto con il Padre.

Quando accade?

Bartolomei Romagnoli: Nel momento della tenebra, in cui non c’è nemmeno più dolore, ma solo una grande aridità spirituale, il nulla.  È la “notte mistica”, che anche altri santi hanno vissuto. Ma in questa condizione terribile, Angela intuisce che dietro l’oscurità c’è una grandissima luce. Si vede come scissa e comprende che l’uomo senza Dio è nulla, che è da Lui, l’Ognibene, che viene tutto l’amore. Dopo essersi percepita come divisa in due, dopo essere morta a se stessa, si “riunisce”.  Bisogna che la creatura muoia nella sua dimensione umana perché rinasca a una vita nuova: è il “risveglio dell’anima”, la sua resurrezione. Alla fine del suo percorso infatti dice: “Io mi vedo tutta pura, tutta santa, tutta retta, tutta bianca e tutta monda in Lui”, cioè si vede un’altra, piena solo di Dio, del Suo amore puro e gratuito. Questa è l’esperienza di Angela e dei mistici cristiani.

Il Liber Lelle è costituito dal Memoriale, cioè la biografia spirituale di cui abbiamo parlato sinora, e dalle Instructiones, che contengono i consigli della Folignate ai suoi figli spirituali. Quali sono i suggerimenti più rappresentativi?

Bartolomei Romagnoli: Nel racconto della sua morte è scritto che ella lasciò in eredità ai suoi figli spirituali solo tre parole: povertà, dolore e disprezzo.

Tuttavia mentre il Memoriale, di cui si è parlato, ha un carattere più immediato e diretto, riguardo ai testi conosciuti come Instructiones è più difficile stabilire quale sia stato l’intervento di Angela. Sono interessanti, ma nella scrittura appare evidente uno sforzo di elaborazione e mediazione riconducibile agli ambienti e alle idee degli spirituali francescani.

Qual è la chiave di lettura del Memoriale?

Bartolomei Romagnoli: Per capirlo bisogna tenere presenti gli avvenimenti dell’epoca in cui fu scritto, in cui la Chiesa stava attraversando un periodo di profonda crisi. Erano gli anni dell’abdicazione di Celestino V, del papato di Bonifacio VIII. Il Memoriale venne autenticato dal cardinale Colonna, che fu poi scomunicato e degradato da papa Caetani. Ha avuto per secoli una circolazione abbastanza “sotterranea” ed è stato riscoperto solo nel ‘900, grazie anche all’intenso lavoro di studiosi consacrati e laici. Se oggi si torna a parlare di Angela, lo si deve anche a un interesse culturale e spirituale straordinario nei confronti del Memoriale, che è un testo davvero unico perché inclassificabile. In un certo senso fonda un nuovo genere letterario, il libro di rivelazioni. Probabilmente è un’opera non del tutto riuscita, di sicuro imperfetta dal punto di vista stilistico, e tuttavia di grande ricchezza spirituale perché c’è la voce di Angela che sgorga viva e forte come fonte di acqua zampillante.

Parliamo della rilevanza attuale di questa spiritualità.

Bartolomei Romagnoli: Angela è stata forse la più grande mistica italiana. Ed è molto importante anche il fatto che fosse una donna e una semplice laica, perché la sua testimonianza indica che il rapporto personale con Dio non è appannaggio dei consacrati, ma riguarda l’intimità di ogni uomo. Angela ci dice che l’esperienza mistica è aperta a tutti, e che non esiste una barriera tra perfetti e imperfetti perché tutti siamo chiamati alla santità. In che modo? Angela afferma che la Sacra Scrittura è altissima, ma non basta se rimane un libro cristallizzato. La Bibbia va compresa e vissuta, deve trasformare l’uomo e fondare una comunione. Dio non ha parlato una volta per sempre e il Vangelo non è un testo del passato a cui guardare come a un modello insuperabile. Esso deve rifondare il nostro futuro, ha un valore escatologico. L’esperienza mistica indica che la Bibbia è il Libro che va continuamente riscritto con la nostra stessa vita, altrimenti resterebbe solo un deposito inerte. In questo senso il Medioevo è moderno, e non a caso Angela, Brigida e Caterina da Siena sono state chiamate “le nuove evangeliste”.  

Sembra si sia risvegliato un interesse crescente per la mistica. A cosa è dovuto?

Bartolomei Romagnoli: Negli ultimi anni vi è stato un movimento di riscoperta intellettuale e spirituale molto forte nei confronti degli scritti angelani e, più in generale, nei confronti del linguaggio mistico. Penso che le ragioni di questo interesse siano da ricercare nella profonda crisi d’identità che stiamo vivendo, una crisi che è insieme culturale, spirituale e di civiltà. Si torna ai testi dei mistici perché le loro esperienze offrono delle chiavi da cui ripartire. Non è più sufficiente, o forse non lo è mai stato, un cristianesimo fatto di opere buone e di comandamenti: la gente non ha più paura dell’inferno e non crede più nel peccato. Sente, però, il bisogno di dare un senso alla propria vita e di trovare delle motivazioni per poter ricominciare a sperare. La crisi che stiamo vivendo è, principalmente, una crisi di speranza. Serve un messaggio forte, capace di “rifondarci” come esseri umani.

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Laura Guadalupi

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