Spesso in casa mia, data la estrema povertà in cui vivevamo, per permettere alla mamma di riassettarmi i pantaloni o qualche altro indumento, dovevo aspettare la sera. Mentre dormivo permettevo l’operazione di rammendo. Perché? E’ facile intuirlo: non c’era la possibilità del cambio; non sempre avevo il “cava e metti”.
A dieci anni, prima di entrare in seminario…ricordo le “fatiche economiche” per prepararmi la valigia. Per completare il corredo, almeno di alcuni indumenti, sentivo la mamma ribadire: “occorre il cava e metti”, concetto che popolarmente si esprime anche: “un indumento addosso e l’altro nel fosso”.
Cava e metti. Certo che per mettersi un nuovo paio di scarpe bisogna prima levare quello che si porta. Se prima non levi, non puoi poi indossare.
Quando il mondo e tutta l’umanità si preparava a togliersi di dosso il peccato del mondo, si trovava incapace a farlo, né le poteva essere richiesto. E’ bastato l’arrivo di Gesù che non ha usato la tecnica del “prima cava e poi metti”. Lui non ha chiesto all’umanità di togliersi il vestito dell’ignominia prima di mettersi la tunica della misericordia.
Per indossare, rivestire la novità di vita, mi basta ricevere e accogliere Gesù venuto a “prendere su di sé, a vestire il peccato del mondo”. Lasciandomi amare così come sono, indosso ogni volta la tunica dell’innocenza. Lui indossa la mia veste di peccato e la trasforma in veste nuziale.
Ciao da p. Andrea
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