Noi giovani cattolici spesso ci domandiamo come intrattenerci con il Signore, come vivere momenti d’intimità con l’Altissimo. Oggi, è difficile conciliare la frenetica vita quotidiana con momenti di silenzio per parlare con Dio; ancor più difficile è, in paesaggi sempre più manipolati dall’uomo, scoprire il Signore nelle bellezza della natura. Sembra quasi assurdo, dunque, farsi una idea della vita di uno degli ordini più importanti del monachesimo occidentale: i certosini. Scoprire la quotidianità di un monaco certosino, basata sul lavoro e l’incessante preghiera, posta su regole rigide, è come entrare in un mondo ribaltato: le tante parole diventano "la" Parola, le pseudo verità diventano "la" Verità, la preghiera che noi facciamo a sbalzi diventa il fulcro della giornata di un monaco; il silenzio, spesso assente durante la nostra, diventa il grande compagno di viaggio, e la meditazione il perno del vivere certosino. Per cercare di dare una risposta alla maggior parte degli interrogativi legati al rapporto dei giovani di oggi con Dio, abbiamo intervistato dom Jaques Dupont, priore della Certosa di Serra San Bruno, uno dei luoghi di massima clausura della Calabria.

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Come poter stare da soli e così a lungo dinanzi a Gesù? Voi monaci come ci riuscite?

Dupont: Trovando quella pace interiore che ti permette di parlare con Dio: isolarsi da tutto ciò che di futile ci circonda per stare soli con noi stessi e con Dio, rendendoci conto che Lui ci ama tanto poiché nella nostra vita Lui solo è indispensabile.

Come si fa ad unificare la mente ed il cuore nella preghiera, nella meditazione e nella contemplazione per raggiungere una “dimensione trinitaria”?

Dupont: Cercando uno stretto contatto con Dio per spalancargli il cuore. La preghiera a Dio deve unificare la mente ed l'anima perché oltre alle parole anche il dedicarsi agli altri è preghiera sia materialmente che spiritualmente. Troviamo la “dimensione trinitaria” poiché mediante la preghiera a Gesù Cristo raggiungiamo Dio Padre e lo Spirito Santo. Poi precisiamo le differenze: pregare significa parlare con Dio e non assillare il Signore con i nostri problemi elencando le grazie che vorremmo, o raccontare al Signore cose inutili per occupare quella mezz’ora consentitaci per tale attività. Meditare significa far proprie le parole e gli insegnamenti di Dio e di Cristo nelle Sacre Scritture. Contemplare significa riconoscere e lodare Dio in qualsiasi cosa. Tutto ciò si può fare con quelli che San Paolo definisce “gli occhi del cuore”, attraversando il deserto dell’anima.

Come si può attuare la ricerca di Dio nel silenzio del "deserto"?

Dupont: Il deserto non è quello geografico, ma quello spirituale in cui ci spogliamo di tutto per metterci a nudo dinanzi a Dio. Il deserto è il luogo del silenzio, della meditazione, della restaurazione di un rapporto stretto con Dio. Il deserto è anche è anche il luogo della prova, del pericolo della tentazione. Spesso nel deserto troviamo anche scontri con Dio perché, come è successo anche a me, è difficile accettare la realtà che sembra andarci contro. Bisogna chiedere forza a Dio per affrontare il deserto dell’anima perché è qui che noi riscopriamo noi stessi. A tal proposito San Paolo scrive: ‘Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio’.

Lei come ha fatto a separarsi da tutto e tutti? Può raccontarci la sua storia?

Dupont: E’ bello aiutare le persone materialmente come facevo prima, ma poi mi sono accorto che con la preghiera potevo aiutare molto di più e sentivo che Dio mi chiamava ad una vita di preghiera, non per me stesso ma per gli altri. Per questo motivo chi entra in Certosa si spoglia da tutte le cose materiali e ci si dedica a Dio e, per mezzo di Lui, agli altri, perché qui ci uniamo spiritualmente a tutto il mondo aiutando tutti.