L’approvazione del progetto di legge Scalfarotto contro l’omofobia, è un fatto ormai probabile, pertanto i suoi oppositori in Parlamento dovranno attrezzarsi per depotenziarne il più possibile la portata. È questa la linea suggerita dal gruppo parlamentare Per l’Italia, di cui fa parte l’onorevole Gian Luigi Gigli. Alla vigilia della Manif Pour Tous di domani, a piazza Santi Apostoli a Roma, e nell’imminenza dell’inizio della discussione in Senato, l’onorevole Gigli, intervistato da ZENIT, ha illustrato la strategia di azione del suo partito su questo tema, soffermandosi poi sulle gravi conseguenze per la libertà di pensiero e, in seconda battuta, sullo stravolgimento della concezione antropologica di famiglia, che la nuova normativa potrebbe portare.
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Onorevole Gigli, la discussione del progetto di legge Scalfarotto sta per passare al Senato. Che strategia adotterà il suo gruppo parlamentare?
Gian Luigi Gigli: L’auspicio è quantomeno quello di depotenziare ulteriormente il progetto di legge. Adesso andranno verificate le maggioranze al Senato, tenendo conto che il PD, il M5S, quel che è rimasto di Scelta Civica e una parte cospicua di Forza Italia, presumibilmente voteranno a favore e sono disponibili a farlo quando si parlerà di unioni civili. L’opposizione dovranno farla il Nuovo Centro Destra e la componente popolare separatasi da Scelta Civica, di cui faccio parte. Se, come presumibile, non ci saranno i numeri per bloccare il progetto di legge, bisognerà ripetere il lavoro di depotenziamento della legge, che ha già colto significativi risultati alla Camera, dove pure avevamo una condizione di partenza molto più sfavorevole dal punto di vista numerico. Sono sicuro che il nostro capogruppo al Senato, Lucio Romano – sensibilissimo su questi temi, anche per essere stato presidente di Scienza e Vita – assicurerà la linea giusta.
Che tipo di emendamenti saranno presentati?
Gian Luigi Gigli: La procedura tecnica andrà studiata a tavolino, tuttavia è evidente che la strategia per depotenziare ulteriormente la legge dovrebbe mirare a impedire qualunque possibilità di ipotizzare un reato d’opinione (un rischio reale, come abbiamo visto da alcuni fenomeni di intimidazione verificatisi in giro per l’Italia). Questo rischio in teoria non dovrebbe esserci ed è stato espunto nella bozza approvata alla Camera, ma potrebbe essere strumentalmente agitato da qualche magistrato. Bisogna far sì, dunque, che la fattispecie del reato d’opinione venga cancellata dal testo. Nella bozza c’è poi un compromesso, che come tutti i compromessi non è soddisfacente e che riguarda la possibilità per i cosiddetti “enti di tendenza” (scuole, ospedali, seminari, ecc.), che per loro natura hanno una visione diversa della sessualità o del matrimonio, di venire discriminati, in quanto non rispondenti a tutti i requisiti di “imparzialità” che questa legge imporrebbe. Se qualcuno in qualcuno di questi “enti di tendenza” volesse proporre una visione diversa della vita, potrebbe venire ostracizzato o vedersi tagliati i fondi o le convenzioni. Su questo fronte qualcosa era stato fatto alla Camera, seppure in modo non soddisfacente, quindi dobbiamo fare in modo che venga effettivamente e pienamente tutelata la loro libertà.
Che rischi si corrono sul piano della libertà di espressione o su altri fronti, quali, ad esempio, la promozione della cultura del gender?
Gian Luigi Gigli: Il progetto di legge Scalfarotto si muoveva in quella direzione, tuttavia nel successivo dibattimento esso è stato depurato di ogni esplicito riferimento alla cultura del gender. In ogni caso è inaccettabile lo strumento scelto per evitare odio e discriminazioni nei confronti delle persone omosessuali. È assurdo far passare l’omosessuale come una categoria, quasi una razza a parte, inserendo questi temi nell’ambito della legge Mancino-Reale che concerne l’odio razziale e l’odio religioso ad esso sovente legato. Come è stato autorevolmente rilevato da molti giuristi, per censurare atteggiamenti di odio e discriminazione verso gli omosessuali sarebbe invece bastato applicare l’aggravante dei “futili motivi” o dei “motivi abietti”, qualora siano messi in atti comportamenti o parole ostili. Altrimenti perché estendere questa legge anche per punire altri tipi di discriminazione: se uno prende a schiaffi o offende un bambino perché Down, perché non farlo rientrare nella legge Mancino-Reale, invece di considerarlo semplicemente un atto particolarmente abietto ed odioso al quale applicare l’aggravante? In realtà si è voluto includere gli omosessuali in questa legge semplicemente perché c’era un’ideologia da sostenere. Rimuovere questa impostazione è la cosa più importante da fare per sminare il terreno, ma non so se ci saranno i numeri per farlo.
Le manifestazioni come quella di domani a piazza Santi Apostoli, possono essere utili per risvegliare l’opinione pubblica?
Gian Luigi Gigli: Come già ho spiegato in un articolo su Avvenire, c’è il pericolo di una lenta assuefazione su questi temi. Risvegliare un’opposizione popolare serve anche a contenere le pressioni di determinate lobby. Quindi la manifestazione, se, come è probabile, si manterrà nei limiti della civiltà e della correttezza, senza offese, né abusi, né tantomeno manifestazioni di violenza, credo che possa tornare utile per far maturare una consapevolezza nella pubblica opinione, sia riguardo ai pericoli di questa legge, sia per quello che c’è dietro l’orizzonte. Il problema non è solo la legge in sé, quanto il terreno che essa predispone per altre distorsioni che possono essere fatte. Sull’onda lunga di questa legge, emerge infatti il problema delle unioni civili e delle adozioni da parte delle coppie omosessuali: questo è il terreno su cui bisogna attrezzarsi a fare resistenza e per il quale l’attenzione popolare può essere l’antidoto migliore.
Ha accennato alle unioni civili: che linea andrà tenuta se si dovesse dibattere un progetto di legge in tal senso?
Gian Luigi Gigli: La maggioranza che si oppose nel 2007 non c’è più, bisogna prenderne atto. Tuttavia chi vuole assumersi l’onere di una legge del genere, deve farlo, con la consapevolezza che quella legge sfascia altre leggi e principi. Per quanto riguarda il mio partito, il tema non è stato ancora discusso come eventuale pregiudiziale ad accordi di maggioranza, ma al nostro interno ci sono parecchie persone disposte a votare una sfiducia al governo, qualora dovesse fare sua la proposta di Renzi per una legalizzazione delle unioni omosessuali. Noi riteniamo che le unioni civili siano già ampiamente riconosciute nell’ambito dei codici in vigore: infatti, al di fuori dell’adozione e della pensione di reversibilità, già oggi a qualunque unione di fatto sono garantiti i diritti che verrebbero rivendicati. Quello che bisogna evitare non è tanto che vengano riconosciute queste unioni, ma che il riconoscimento possa essere fatto all’interno del diritto di famiglia, con la conseguenza, sia pure non nell’immediato, dell’adozione e della fecondazione artificiale. Quello che dobbiamo fare è ricondurre il dibattito nell’ambito della libertà di associazione e non del diritto di famiglia. Sono visioni che si rifanno ad articoli diversi della Costituzione: la famiglia è tutelata dagli artt. 29-30-31 della Costituzione, mentre la libertà di associazione è tutelata dagli artt. 2 e 18. Se non stiamo attenti a questo, il rischio è quello di trasformare un’associazione libera – non importa se tra persone omosessuali – in qualcosa che può configurarsi come un “simil-matrimonio”.