Lettera del vescovo al posto dell'omelia

Risponde padre Edward McNamara, L.C., professore di Teologia e direttore spirituale

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Nella sua rubrica settimanale di liturgia, padre Edward McNamara risponde oggi ad una domanda di un lettore in Polonia.

Esistono documenti ufficiali che parlano della pratica di far leggere una lettera del vescovo o della Conferenza episcopale da un laico? Spesso vengono lette al posto dell’omelia. Lo deve fare necessariamente un ministro ordinato? E per quale ragione teologica? Se un laico può leggere una lettera di Paolo di Tarso, perché lui non dovrebbe essere in grado di leggere, ad esempio, una lettera di Christoph di Vienna? — H.S., Cracovia, Polonia

Ben poche norme trattano il tema di come e quando dare lettura di lettere pastorali. Quindi ci muoviamo in un orizzonte speculativo.

Una lettera pastorale è definita come “una lettera aperta indirizzata da un vescovo al clero o ai fedeli laici della sua diocesi, o ad entrambi, contenente sia un ammonimento generale, istruzione o consolazione, o indicazioni sul comportamento in particolari circostanze. Nella Chiesa cattolica, tali lettere vengono regolarmente inviate in particolari tempi ecclesiastici, in specialmente all’inizio di digiuni”.

Non penso che la lettura di una lettera pastorale sia assolutamente da escludere dal tempo riservato all’omelia, a condizione che rispetti la propria finalità di questo momento come specificato nell’istruzione Redemptionis Sacramentum:

“[64.] L’omelia, che si tiene nel corso della celebrazione della santa Messa ed è parte della stessa Liturgia, «di solito è tenuta dallo stesso Sacerdote celebrante o da lui affidata a un Sacerdote concelebrante, o talvolta, secondo l’opportunità, anche al Diacono, mai però a un laico. In casi particolari e per un giusto motivo l’omelia può essere tenuta anche da un Vescovo o da un Presbitero che partecipa alla celebrazione anche se non può concelebrare»”.

“[67.] Soprattutto, si deve prestare piena attenzione affinché l’omelia si incentri strettamente sul mistero della salvezza, esponendo nel corso dell’anno liturgico sulla base delle letture bibliche e dei testi liturgici i misteri della fede e le regole della vita cristiana e offrendo un commento ai testi dell’Ordinario o del Proprio della Messa o di qualche altro rito della Chiesa. Va da sé che tutte le interpretazioni della sacra Scrittura debbano essere ricondotte a Cristo come supremo cardine dell’economia della salvezza, ma ciò avvenga tenendo anche conto dello specifico contesto della celebrazione liturgica. Nel tenere l’omelia si abbia cura di irradiare la luce di Cristo sugli eventi della vita. Ciò però avvenga in modo da non svuotare il senso autentico e genuino della parola di Dio, trattando, per esempio, solo di politica o di argomenti profani o attingendo come da fonte a nozioni provenienti da movimenti pseudo-religiosi diffusi nella nostra epoca”.

Molti vescovi scrivono lettere pastorali nell’arco dell’anno liturgico esortando i fedeli a vivere tempi liturgici come la Quaresima o il Natale con particolare fervore o invitandoli a praticare una specifica virtù cristiana. Queste lettere sono spesso chiaramente intese ad essere lette al posto dell’omelia e spesso evocano le letture del giorno.

In questi casi è normale e naturale che la lettura viene data dal celebrante stesso. Il parroco potrebbe anche leggerla in tutte le messe in modo da sottolineare la comunione con il vescovo locale.

Non è opportuno che una persona non ordinata legga una tale lettera in questo momento, poiché la lettera è – a tutti gli effetti – l’omelia.

Se un sacerdote legge un’omelia preparata da qualcun altro, anche se ci mette del suo, è comunque l’omelia. In modo analogo la lettera del vescovo è l’omelia e a maggior ragione, rispetto al caso precedente, in quanto è un messaggio del pastore diocesano che ha il diritto e il dovere di esortare e di istruire il suo gregge.

Per quanto riguarda altre lettere pastorali, dedicate a situazioni politiche o sociali o alla raccolta di fondi, probabilmente la miglior soluzione è rinviarle al momento tra l’orazione dopo la comunione e la benedizione finale. Secondo l’Ordinamento Generale del Messale Romano, al n° 166, questo è infatti il momento migliore per dare annunci generali.

Tuttavia, se un vescovo ritiene una particolare situazione pastorale o sociale di notevole gravità può disporre che venga letta al momento dell’omelia.

Se la lettera è da leggere alla fine della Messa è possibile dare l’incarico ad un laico qualificato, anche se comunque è preferibile che sia il prete.

Di norma le lettere preparate appositamente per essere lette durante la Messa sono brevi e concise.

Invece lettere pastorali in cui i vescovi approfondiscono con maggiore dettaglio un tema particolare vengono a volte riassunte durante la Messa e poi diffuse per intero utilizzando altri mezzi di comunicazione.

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I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.orgSi chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono. 

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ZENIT Staff

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