“La pedagogia del desiderio” dal senso religioso alla Fede cristiana – è il tema del convegno che si terrà il 13 gennaio alle ore 16,30 presso la Badia di S. Agata (Via Vitt. Emanuele – Piazza Duomo), promosso dall’Ufficio di Pastorale scolastica della Diocesi di Catania.
Svolgeranno il tema Mons. Francesco Ventorino e don Paolo Caltabiano e sono invitati a partecipare tutti coloro che lavorano nel mondo della scuola e nel campo educativo. Interverrà anche l’Arcivescovo di Catania, Mons. Salvatore Gristina.
Il tema del desiderio è stato anche ripreso da Papa Francesco nei primi giorni dell’anno nell’omelia presso la Chiesa del Gesù a Roma.
Le sfide educative inedite e difficili sono oggi alte e sollecitano la presenza di educatori efficaci e responsabili specie nel trattare questioni così delicate. Le esperienze di vita vissuta, le testimonianze raccolte su fatti concreti che hanno avuto buon esito educativo costituiscono una possibile pista da seguire.
Per il Papa, i pilastri dell’educazione sono: “Trasmettere conoscenza, trasmettere modi di fare, trasmettere valori. Attraverso questi si trasmette la fede”. “L’educatore deve essere all’altezza delle persone che educa, deve interrogarsi su come annunciare Gesù Cristo a una generazione che cambia“, ha aggiunto Papa Bergoglio, ribadendo che: “Il compito educativo oggi è una missione chiave, chiave, chiave!”.
La triplice ripetizione del termine “chiave”, come spesso articola il suo dire Papa Francesco suddiviso in tre punti e ne fa una sintesi in tre parole, rinforza il concetto e ne sottolinea l’importanza.
«Chi lavora con i giovani non può fermarsi a dire cose troppo ordinate e strutturate come un trattato, perché queste cose scivolano addosso ai ragazzi. C’è bisogno di un nuovo linguaggio, di un nuovo modo di dire le cose. Oggi Dio ci chiede questo: di uscire dal nido che ci contiene per essere inviati».
Le parole del Papa aprono la pista ad una riflessione sull’educazione e sulla scuola oggi che necessita un radicale intervento di cambiamento ed uno stile nuovo di agire con gli studenti.
A livello nazionale per gli operatori scolastici il nuovo anno è iniziato con buoni auspici, ed in occasione del XX Congresso nazionale dell’AIMC (Associazione Maestri Cattolici) sul tema: “Salviamo la scuola. L’impegno di tutti per il futuro del Paese”, Mons. Pietro Parolin, Segretario di Stato della Città del Vaticano, ha raccomandato agli oltre 300 convegnisti: Continuate ad animare con il lievito del Vangelo e dei valori cristiani l’ambiente scolastico, per la crescita umana, culturale e spirituale delle nuove generazioni”.
Mons. Parolin, ha espresso “apprezzamento” per l’impegno dell’Associazione che, “in un momento per vari aspetti difficile, intende rinnovare con decisione il suo specifico servizio alla formazione degli insegnanti, a beneficio della scuola, delle famiglie e dell’intera società italiana”.
Sarebbe auspicabile una fusione delle associazioni professionali dei docenti cattolici ed una fattiva opera d’interazione in rete per sostenere i docenti nella non facile, ma “ardua missione educativa”.
Docenti e dirigenti dell’AIMC, recandosi in piazza San Pietro per salutare e ringraziare Papa Francesco durante l’Angelus hanno esposto uno striscione lungo cinque metri con scritto ”L’Aimc saluta Papa Francesco’.
Gli auspici e gli auguri perché la scuola sia animata dal lievito del Vangelo e dai valori cristiani costituiscono un impegno per tutti gli operatori scolastici che credono nei valori dell’educazione e della persona umana.
Oggi la scuola ha bisogno di professionisti educatori che sanno “guardare dentro” i loro alunni, e quindi siano capaci di rispondere ai tanti bisogni, a volte inespressi, che manifestano. I ragazzi di oggi hanno maggiormente bisogno di aiuto e di sostegno per i loro “bisogni speciali” e la scuola svolge spesso azione di “supplenza” alle carenze che non sempre la famiglia riesce ad assicurare e a garantire.
I prossimi giorni dell’anno scolastico sono segnati dalle scadenze delle valutazioni quadrimestrali e si comincia a delineare il profilo di sviluppo dell’anno scolastico.
L’educazione, che è “un affare di cuore”, implica una responsabilità, che si traduce e si manifesta nell’amore. Come fanno mamma e papà, che rispondono con l’amore ai bisogni dei figli, così l’educatore si apre ad una particolare esperienza di relazione e di amore nei confronti di quelli che incontra nel suo cammino.
L’educatore è responsabile di fronte alla persona da educare, perché ha il compito di condurla alla realizzazione di sé secondo l’immagine della vera umanità. In altri termini: o l’educatore plasma chi gli è affidato secondo quella forma viva di uomo che ritiene vera o non è un educatore responsabile. Egli non risponderebbe al bisogno più profondo di chi gli è affidato: il bisogno di essere vero uomo; il bisogno di vivere una vita buona; il bisogno di vivere felicemente. Il dramma attuale dell’educazione che prende il nome di “emergenza educativa” è che non esiste più una tale immagine dell’uomo: l’educatore può trovarsi in un deserto antropologico, e quindi accontentarsi di rimanere accanto, vicino o dentro i bisogni e si limita ad equipaggiare l’uomo degli strumenti per vivere, senza preoccuparsi di trasmettere un progetto di vita, ritenuto veramente buono, il bisogno di vivere una vita buona e viverla felicemente.
Guidare, educare, prendersi cura, significa accompagnare la persona umana nel sentiero della liberta, per la realizzazione del progetto di vita e quindi illuminarla e guidarla per operare delle scelte responsabili.Non si può ridurre l’educazione all’istruzione.
All’educatore vero interessa soprattutto non che l’educando apprenda qualcosa, ma diventi qualcuno e quindi egli diventa responsabile della nascita di un io, di una persona e tale responsabilità si manifesta nel diventare custode della verità dell’essere e della verità circa il bene della persona.
L’educazione e la relazione sono un atto intenzionale e quindi sollecitano innanzitutto la responsabilità dell’educatore, che si fonda sul principio: io educatore, in quanto pongo in essere un processo educativo, ne sono responsabile
Da secoli, ad iniziare da san Paolo, l’educazione è definita come una continua e rinnovata generazione e non solo del corpo, ma dello spirito che si nutre si liberà e di amore.
La modalità propria del rapporto educativo è la testimonianza dell’educatore che non è mero insegnamento, il quale come tale si rivolge all’intelletto. La testimonianza tocca intimamente la persona: muove l’io verso la sorgente profonda ed implica l’esempio.
Quando l’educatore contraddice con il suo comportamento ciò che propone, la sua proposta non ha alcuna forza e la causa dei molti danni sociali è da ricercarsi, appunto nella mancanza di esemplarità e di modelli educativi.
L’affermazione “il problema dei giovani sono gli adulti” evidenzia il nervo scoperto dell’emergenza educativa e quindi una risposta da dare subito, ciascuno per la propria parte e ruolo, è quella di sentirsi “responsabili” e quindi impegnati ad agire e a testimoniare il vero bene.